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Taradash Marco - 16 dicembre 1993
L'ECSTASY? NON COSI'...
di Marco Taradash

SOMMARIO: Deplora e denuncia l'inutilità delle retate e dei sequestri di "migliaia di pillolette" messi in scena solo "per fare statistica". Nessuno peraltro vuole la "liberalizzazione" dell'ecstasy; ma bisogna capire alla fine che il proibizionismo è contrario al "buon senso" e che il suo messaggio è "il meno utile" ("tutto ciò che è proibito ed è illegale fa male"): con questi ragionamenti non si ottiene nulla. La risposta al problema il CORA la sta dando "con la campagna di raccolta delle firme":"occorre rovesciare l'impostazione proibizionista" lavorando sui problemi e le situazioni "concrete" che "influenzano il comportamento individuale".

(PAESE SERA, 16 dicembre 1993)

Ci risiamo. Retate spettacolari, arresti a dozzine, sequestro di migliaia di pillolette vendute a peso d'oro a chi ama le notti spericolate in discoteca, grandi titoli sui giornali. E tutto per fare statistica, soltanto statistica. Infatti, come sanno benissimo gli addetti ai lavori, vale a dire i magistrati e i medici, i carabinieri e i poliziotti, fatta la retata nulla cambia. Le pasticche continuano ad essere fabbricate a quintali nei piccoli laboratori clandestini polacchi, olandesi o nostrani, i ragazzi continuano ad inghiottirle e gli spacciatori ad arricchirsi. Unico risultato concreto è l'aumento del carico di lavoro dei tribunali e delle forze dell'ordine, costrette dalla legge a continuare a svuotare il mare della droga con un cucchiaio bucato, sottraendo energie a compiti più importanti. Quali vantaggi porta tutto ciò alla società? Nessuno. Quali danni? Enormi, perché il consumo di queste pillole, dato che è clandestino, sfugge ad ogni controllo.

Che fare allora? Liberalizzare la vendita dell'ecstasy nei negozi di dolciumi, accanto alle gomme da masticare? No, gli antiproibizionisti non vogliono questo. Per l'ecstasy vale il ragionamento che il buon senso suggerisce anche a proposito degli spinelli, dell'eroina, dei superalcolici, degli psicofarmaci e del tabacco. L'argomento del buon senso è questo: gli stupefacenti comportano tutti dei rischi, ma ciascuna droga comporta rischi diversi, e per questo sono sbagliati tutti quegli interventi che finiscono per annullare le differenze fra sostanza e sostanza.

Il proibizionismo purtroppo agisce in senso diametralmente opposto a quello indicato dal buon senso. Il messaggio che il proibizionismo trasmette è il meno utile: tutto ciò che è proibito ed è illegale è male, uno spinello allo stesso modo di una pillola di ecstasy o di una siringa di eroina (e c'è anche un messaggio indiretto, opposto: tutte le droghe legali sono bene, bevete o fumate a gogò). Col bel risultato che alla fine non si capisce più se le droghe sono male perché fanno male o perché sono illegali, e molti - soprattutto i più giovani - sono portati dall'ignoranza e dalla confusione mentale a fare esperimenti, con conseguenze talvolta tragiche. Fatta di ogni erba un fascio, altro non si ottiene che di facilitare il passaggio dalle droghe più leggere a quelle più pesanti, e dal consumo occasionale e ricreativo all'uso abituale e alla tossicodipendenza.

Che fare allora, ripeto? La risposta la stiamo fornendo con la campagna di raccolta delle firme appena iniziata dal CORA per la legalizzazione di hashish e marijuana. Se non ci si accontenta del fumo negli occhi di una repressione tanto capillare quanto inefficace, se si vuole davvero limitare le conseguenze negative del consumo di tutte le droghe (di quelle oggi illegali, come di quelle oggi legali) occorre rovesciare l'impostazione proibizionista. E quindi lavorare meno sui divieti astratti e molto di più sulle situazioni concrete che influenzano il comportamento individuale e contribuiscono alla formazione o allo smarrimento del senso di responsabilità individuale (la famiglia, la scuola, la televisione, per esempio). Ormai si è ben capito che non esiste una bacchetta magica contro le droghe. E allora bisogna aiutare ciascuno a fare scelte consapevoli, spiegando quali sono i benefici (se ci sono) e quali i rischi (se ci sono) che ogni diversa sostanza comporta e fare in modo tale che l'uso delle sos

tanze non provochi danni - oltre che a sé - agli altri (ad esempio con controlli rigorosi sulla sobrietà dei guidatori di automobili, multando senza pietà che guida in stato di ebbrezza da alcol o da pasticca).

Legalizzare significa tutto questo: restituire forza alla libertà individuale sviluppando con l'informazione e grazie ai controlli sociali non repressivi il senso di responsabilità di ciascuno. E' un metodo poco sbrigativo e poco demagogico, è vero, ma è l'unico che funziona.

 
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