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Toniatti Roberto - 20 dicembre 1993
I 13 referendum salva-Italia
Dal sì un paese più liberaldemocratico

di Roberto Toniatti, professore associato di diritto costituzionale comparato nell'università di Trento.

Ecco cosa propongono i quesiti sui quali si stanno raccogliendo le firme.

SOMMARIO: Pone alcune questioni pressanti su ciò che sarà il "nuovo", dubitando che esso in realtà "si limiti a sostituirsi al vecchio" per lasciare immutate le vecchie pratiche assistenzialiste e clientelari. Non siamo di fronte ad un nuovo "trasformismo"? Una prospettiva di mutamento viene ora dalla proposta referendaria dei radicali. Essa ha "spessore culturale" davvero liberaldemocratico e di "portata strategica". E' davvero una occasione di "aggregazione...di due schieramenti politici" contrapposti. I referendum, in sostanza "impongono una opzione tra destatalizzazione e assistenzialismo".[E' impossibile qui addentrarci nell'analisi del testo, molto fine e profondo, n.d.r.]. Seguono quindi le analisi particolareggiate di ciascuno dei 13 referendum.

1) Sostituto d'imposta. Senza significare "ribellione fiscale", è un referendum "di portata quasi esplosiva"; 2) Abrogazione dell'obbligo di iscrizione al SSN. E' inteso a generare "una maggiore competitività nel rapporto costi-qualità" del servizio sanitario; 3) Abrogazione della Cassa integrazione. Occorre eliminare questa "foglia di fico" della "disoccupazione", assai pericolosa nel medio-lungo periodo perché impedisce di trovare una vera soluzione del problema occupativo; 4) Abrogazione delle autorizzazioni al commercio. Si tratta di abolire ogni restrizione vigente e quindi ogni occasione di operazioni "deteriori" e corporative; 5) Abrogazione della tesoreria unica. Occorre valorizzare "il sistema delle autonomie territoriali"; 6) Abrogazione delle trattenute per le iscrizioni ai sindacati. Le iscrizioni ai sindacati debbono essere fatte su base volontaria; 7) Abrogazione della quota proporzionale nel sistema elettorale; cioè delle norme che anche nel nuovo sistema elettorale riducono la forza di rinnov

amento uninominalista, conservando ampi residui proporzionalisti; 8) Privatizzazione Rai. Rimarrebbe rinviata ad una ulteriore legge la questione se mantenere o no un servizio radiotelevisivo pubblico; 9) Abrogazione delle norme sulla pubblicità per la Rai. E' inteso a modellare un tipo di servizio radiotelevisivo che sia "esclusivamente pubblico", esente cioè da ogni carattere commerciale; 10) Abrogazione del soggiorno cautelare. Eliminare un istituto pensato come provvisorio e divenuto invece permanente e fonte di numerosi inconvenienti; 11) Abrogazione delle norme che disciplinano gli orari di apertura dei negozi. Lasciare piena libertà a ciascun negoziante di stabilire i proprio orari.

(ITALIA OGGI, 20 dicembre 1993)

Propongono l'abrogazione del sostituto d'imposta, dell'obbligo di iscrizione al Ssn, della cassa integrazione straordinaria, delle autorizzazioni al commercio, della tesoreria unica, delle trattenute sindacali automatiche, della quota proporzionale nelle elezioni alla camera e al senato, della pubblicità commerciale alla Rai e del soggiorno cautelare; promuovono l'elezione diretta dei sindaci di tutti i comuni, la privatizzazione della Rai e la liberalizzazione degli orari nei negozi. Sono questi i temi dei 13 referendum che possono cambiare faccia alla seconda repubblica, mettendo in campo un programma liberaldemocratico.

La seconda repubblica avrebbe finalmente un approdo liberaldemocratico.

PER GOVERNARE LA TRANSIZIONE

Dal voto un programma chiaro al nuovo esecutivo

Il ricorso alle urne rappresenta la garanzia che il "rinnovamento" non si risolva in una colossale presa in giro del cittadino-contribuente-utente-di-servizi-pubblici.

Il "sistema Italia" sta faticosamente arrancando attraverso una difficile transizione politica e costituzionale, ma c'è il fondato timore che il passaggio alla seconda repubblica non si liberi di tutti gli scheletri nell'armadio. L'attività inquirente sta procedendo nell'individuazione di ipotesi di responsabilità penali che, in quanto tali, non possono essere che personali; dai giudici che giudicheranno la fondatezza delle accuse potremo avere l'accertamento e la sanzione di responsabilità penali, ancora una volta personali. Ma che ne sarà delle tante, tantissime responsabilità diffuse e collettive che hanno colluso con il regime degenerativo partitocratico grazie ai meccanismi normativi e amministrativi che quest'ultimo si è creato è che gli possono sopravvivere? Quali garanzie si presentano, oggi, che il "nuovo" non si limiti a sostituirsi al vecchio per gestire, in nome dell'emergenza economica e istituzionale, identiche politiche assistenzialiste e clientelari, applicando norme e prassi eguali a quelle

di prima ed espressione della medesima (in)cultura politica? Quali possibilità vi sono, in altre parole, che la transizione non sia tutta all'interno del sistema e delle sue vecchie regole e non si risolva pertanto in una colossale presa in giro del cittadino-contribuente-utente di servizi pubblici, sempre più suddito impotente in quanto privo della libertà di scelta nelle decisioni che riguardano la sua vita personale, familiare e professionale di fronte all'invadenza di uno Stato esoso, inefficiente e tanto più arrogante in quanto vestito dei panni trasformistici di una nuova classe dirigente?

Una prospettiva interessante in direzione di un superamento non solo del personale politico ma anche e sopratutto dell'impianto di fondo del sistema viene ora aperta da una nuova proposta referendaria, per la quale è in corso la raccolta delle firme necessarie per la prosecuzione dell'iniziativa. Prescindiamo dall'identità dei promotori, del resto già noti o facilmente intuibili, non solo perché la proposta ha uno spessore culturale tale da appartenere idealmente a uno schieramento molto più vasto della società italiana (se c'è da credere alle tante professioni di liberaldemocrazia che si sentono in giro) ma anche perché il successo della raccolta delle firme ha una portata strategica ai fini della qualità della transizione e riguarda dunque in prima persona tutti gli italiani.

Il nuovo pacchetto referendario può infatti rappresentare la più significativa e penetrante occasione di aggregazione e contrapposizione di due schieramenti politici sulla base di precisi riferimenti di cultura politica e di ben definiti contenuti programmatici per il governo della repubblica. Il successo della raccolta delle firme consentirebbe infatti che il parlamento che verrà eletto all'inizio del prossimo anno non possa esimersi, sotto lo stimolo delle richiesta referendaria, dall'affrontare la ridefinizione legislativa delle scelte di indirizzo con riguardo ad alcuni nodi essenziali delle politiche pubbliche: per esempio in materia di servizi, come quello sanitario, a proposito dei quali si dovrà scegliere se avviare o meno un regime competitivo del pubblico con quello privato, dove la libera scelta dei cittadini sia determinata dal rapporto costo qualità del servizio effettivamente fruito; e dove la trasparenza del carico dell'imposizione fiscale, attraverso la proposta di eliminazione del sostituto

d'imposta, inciderà sulla diretta e immediata percezione da parte dei cittadini del costo e della qualità dei servizi pubblici resi dallo Stato assistenziale, inducendo una domanda sociale di prestazioni molto più esigente e selettiva. Un'altra richiesta referendaria, che potrebbe apparire impopolare in questi tempi di crisi occupazionale ma che fa invece affidamento sulla stessa maturità e lungimiranza già dimostrata dagli elettori italiani con la bocciatura del referendum sulla scala mobile promosso dal Pci di allora, riguarda l'eliminazione della cassa integrazione straordinaria, in vista della sua sostituzione con altri meccanismi di copertura provvisoria della disoccupazione ma estranei a logiche assistenziali e dunque volto a non mascherare il dramma, attuale e potenziale, di una disoccupazione sostanziale e soprattutto a destinare le risorse risparmiate a investimenti produttivi di posti di lavoro.

Lo stesso ragionamento di fondo sarebbe da farsi anche a proposito degli altri quesiti referendari, che impongono tutti una opzione fra destatalizzazione e assistenzialismo, fra tutela della dignità del cittadino-contribuente-consumatore-utente e mantenimento dell'attuale parastatalismo (e collateralismo con il regime politico), fra transizione verso regole nuove e mero nuovismo all'interno della vecchia logica assistenzialista che ha generato corruzione e inefficienza. La sfida, occorre inoltre notare, si rivolge non solo al "pubblico" ma anche al "privato", alla società civile e all'imprenditoria, che dopo decenni di collusione non sempre trasparente con il potere politico deve saper dimostrare sul campo le capacità di efficienza ed equità di cui ancora troppo astrattamente e benignamente gli si fa credito. Sulla base di questi contenuti (idonei a inaugurare anche in Italia la stagione della cultura politica liberale sin qui mancata) è auspicabile si vengano a profilare le future contrapposizioni partitich

e dentro il prossimo parlamento e nella società italiana. E con tali premesse, l'eliminazione del residuo di proporzionale, che ancora inquina in parte il sistema elettorale maggioritario uninominale e di cui pure si chiede l'abrogazione per via referendaria, dovrebbe completare il percorso della transizione e farne una vera rivoluzione costituzionale.

Ecco su cosa si raccolgono le firme, punto per punto

1) Per l'abrogazione del sostituto d'imposta.

Si tratta di uno dei quesiti referendari più incisivi, di portata quasi esplosiva sull'attuale configurazione dei rapporti fra contribuente e fisco e fra cittadino e Stato. Per questa ragione la sua descrizione, per quanto breve ed elementare, richiede che si distingua il profilo del merito da quello della legittimità.

Il sostituto d'imposta è quel particolare meccanismo di pagamento delle imposte dirette sul reddito, in base al quale è il datore di lavoro (nell'ipotesi del lavoro subordinato) a dover trattenere mensilmente una quota di quanto dovuto al lavoratore e a versarla allo Stato a titolo di acconto. Ciascun lavoratore provvede poi, una o due volte all'anno, al versamento diretto allo Stato del saldo dell'imposta dovuta.

La richiesta referendaria riguarda proprio l'eliminazione di questo meccanismo di pagamento sostitutivo. L'effetto giuridico immediato viene a essere l'attribuzione a ciascun cittadino-contribuente dell'obbligo personale del versamento diretto e materiale delle imposte dovute allo Stato.

La logica della proposta di abrogazione è quella di introdurre nei rapporti fra contribuente e fisco una maggiore e più penetrante trasparenza circa il carico fiscale individuale creato dall'apparato pachidermico dello Stato assistenziale in rapporto alla quantità e alla qualità dei servizi di cui si fruisce, eliminando la sostituzione d'imposta che, accanto ad altri prelievi fiscali poco chiaramente percettibili (come le imposte indirette, come i contributi sociali obbligatori, come gli oneri del debito pubblico), confonde la consapevolezza del costo reale dello Stato.

La proposta include altri correttivi indiretti, per esempio con riguardo alla lentezza delle restituzioni ai contribuenti che hanno pagato più del dovuto, e implica però alcuni inconvenienti, legati alla relativa comodità per il singolo contribuente di lasciar fare tutto (o la maggior parte) al datore di lavoro.

Occorre avvertire che la proposta è del tutto estranea a ogni ipotesi di ribellione fiscale, né si propone di realizzare una copertura per forme di evasione fiscale generalizzata. E proprio questa considerazione induce a ritenere che non si pongano in realtà problemi insormontabili di ammissibilità costituzionale della richiesta referendaria: l'art. 75 della Costituzione esclude sì la proponibilità di referendum abrogativi di "leggi tributarie", ma tale categoria, ragionando molto semplicemente, può essere correttamente interpretata in senso restrittivo in modo da non includervi votazioni popolari che non possano alterare il gettito fiscale complessivo ma si limitino a incidere sulle modalità di riscossione.

2) Per l'abrogazione dell'obbligo di iscrizione al SSN.

Il quesito referendario è strutturato in modo che il voto popolare possa sì abrogare l'obbligo dell'iscrizione al Ssn ma non l'obbligo di un'assicurazione contro le malattie. Il venir meno dell'obbligo generalizzato d'iscrizione al Ssn non fa venir meno automaticamente l'erogazione del servizio pubblico stesso: la logica della proposta è infatti quella di creare le condizioni per un'effettiva competitività fra sanità pubblica e privata sul terreno dei costi e della qualità, nonché dell'equità, sul quale il sistema pubblico si è rivelato fallimentare, consentendo finalmente al cittadino (a titolo individuale, ovvero di gruppo organizzato) di scegliere una delle due. La destinazione di maggiori risorse individuali al sistema assicurativo sanitario privato è intesa generare a sua volta anche in questo ambito una maggiore competitività nel rapporto costi-qualità e una conseguente riduzione dei costi.

3) Per l'abrogazione della cassa integrazione guadagni straordinaria.

L'istituto della Cig rappresenta un tipico esempio di trasformazione di uno strumento eccezionale per la gestione di una situazione di crisi aziendale transitoria in un meccanismo ordinario di governo del fenomeno strutturale dell'esubero di lavoratori. Da questo punto di vista, esso svolge una funzione di "foglia di fico" per coprire una sostanziale disoccupazione. La possibilità stessa del ricorso alla cassa integrazione in modo prolungato e permanente rappresenta pertanto nel breve periodo una superficiale alternativa all'incremento della disoccupazione di massa (che avrebbe evidenziato ripercussioni d'ordine politico generale, e giustifica l'eufemistica qualifica di ammortizzatore sociale con cui questa figura viene correntemente definita. Ma nel periodo medio e lungo l'uso di questa vera e propria mascheratura dell'entità della crisi occupazionale, che sarebbe da affrontare invece responsabilmente, come già si era tentato di fare senza avere però la determinazione sufficiente e come già avviene in altri

contesti dell'Europa comunitaria con effetti drastici sull'occupazione a tutti i livelli, suscita aspettative infondate di superamento della crisi (non meno pericolose sotto il profilo dell'ordine sociale) e sottrae comunque risorse agli investimenti che sono l'unica via per creare posti di lavoro. La prospettiva dell'abrogazione avrebbe l'effetto-stimolo di indurre il parlamento a introdurre nuovi meccanismi di solidarietà sociale, effettivamente transitori e meno improduttivi, ma soprattutto di affrontare in modo strategico e strutturale i problemi del lavoro.

4) Per l'abrogazione delle autorizzazioni al commercio

La proposta vuole abrogare quei contenuti restrittivi della vigente disciplina in tema di autorizzazioni al commercio, basata su limiti numerici stabiliti in appositi piani predisposti dai comuni d'intesa con le organizzazioni degli operatori del commercio. La liberalizzazione conseguente avrebbe anche un effetto di introdurre una maggiore trasparenza rispetto a prassi deteriori che spesso vengono definite dagli addetti ai lavori in termini di mercato delle licenze. Questa richiesta si ispira a una logica di fondo che si propone di diminuire sensibilmente le tante gabbie burocratiche che inceppano lo sviluppo dell'imprenditorialità nel commercio e che alimentano gli strumenti di autodifesa di interessi di tipo corporativo.

5) Per l'abrogazione della tesoreria unica

Si propone di abrogare la disciplina, risalente al 1984 e poi modificata, che fa obbligo a tutti gli enti e organismi pubblici (comuni, province, regioni, università e altri) di depositare le rispettive disponibilità di risorse finanziarie liquide presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato in contabilità speciali che, a seconda della natura e della provenienza di quelle stesse risorse, possono essere fruttifere o infruttifere. La disciplina di cui si chiede l'abrogazione è ispirata dall'intento di creare un sistema di tesoreria unica dello Stato che consenta a quest'ultimo non solo di incrementare la propria liquidità disponibile, evitando il ricorso all'emissione di titoli del debito pubblico o al mercato finanziario, ma anche di introdurre forme di pubblicità e trasparenza (e quindi di controllo) sull'effettività della spesa degli enti pubblici. L'abrogazione si propone invece di valorizzare il sistema delle autonomie territoriali.

6) Per l'abrogazione delle trattenute automatiche per le quote di iscrizione ai sindacati

Lo statuto dei lavoratori del 1970 ha attribuito alle associazioni sindacali il diritto di percepire i contributi sindacali dei lavoratori iscritti direttamente dai datori di lavoro attraverso una quota corrispondente che viene automaticamente trattenuta dal salario del lavoratore, anche se pensionato. Di conseguenza, il lavoratore o il pensionato che voglia disattivare il sistema delle trattenute automatiche è costretto a fare qualcosa in positivo, ossia revocare l'iscrizione e disporre la cessazione delle trattenute, anzichè potersi limitare a non fare qualcosa, ossia non rinnovare l'iscrizione stessa.

L'esercizio della sua libertà di associazione negativa è pertanto sottoposto a un condizionamento di iniziativa e di pubblicità che opera come deterrente.

La proposta referendaria chiede l'abrogazione dell'automatismo di questo meccanismo di pagamento: l'effetto è quello di ricondurre le modalità di versamento della quota di iscrizione sindacale alla sua natura di atto volontario basato su di un attestato di consenso e pertanto di rappresentatività.

Il quesito referendario non influisce invece sul diritto dei lavoratori di raccogliere contributi e di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all'interno dei luoghi di lavoro. Il referendum non può qualificarsi come antisindacale, bensì, al contrario, come favorevole a una più solida e consensuale rappresentatività dei sindacati.

7) Per l'abrogazione della quota proporzionale prevista dalle nuove leggi elettorali per la Camera dei Deputati e per il Senato e per l'estensione del sistema elettorale maggioritario per l'elezione diretta del Sindaco in tutti i Comuni.

L'obiettivo di questa proposta referendaria molto articolata riguarda l'eliminazione in blocco di tutti quei correttivi di varia natura attraverso i quali il nuovo metodo elettorale per le due assemblee parlamentari, pur prevalentemente maggioritario uninominale, risulta in misura non marginale, soprattutto per la Camera dei deputati, ricondotto a una logica di tipo proporzionale.

Tecnicamente, le disposizioni di cui si propone l'abrogazione sono dunque non solo quelle che mantengono la quota proporzionale per le due camere, ma anche quelle che, per esempio, introducono il requisito del collegamento a una lista di partito anche dei candidati dei collegi uninominali per la Camera, che impedisce la presentazione di candidati formalmente indipendenti; ovvero che prescrivono lo scorporo dei voti conseguiti dalla lista in sede di ripartizione proporzionale, ciò che penalizza molto il principio tipico del sistema maggioritario secondo il quale "chi vince tutto ecc."

La logica del sistema elettorale che risulterebbe direttamente applicabile dopo l'eventuale abrogazione referendaria è quella del maggioritario uninominale a un solo turno, di tipo inglese e americano, che riduce al massimo la frammentazione della rappresentanza parlamentare e impone di conseguenza la più dirompente diversificazione del futuro modello di organizzazione politica della società rispetto all'attuale sistema partitico.

Si tratta di un metodo elettorale fortemente finalizzato altresì a un modo di essere radicalmente diverso della forma di governo, meno condizionato dai patti di coalizione interpartitici e più orientato a una legittimazione diretta e personale del capo dell'esecutivo. La medesima logica di semplificazione si ritrova nella distinta proposta di abrogazione di alcune parti del testo della legge sull'elezione del sindaco, risultando applicabile anche nei comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti il sistema elettorale maggioritario attualmente previsto per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore.

8) Per l'abrogazione delle norme che impediscono la privatizzazione Rai

Il referendum abrogativo ha come obiettivo l'eliminazione delle norme che prevedono la concessione a una società per azioni a totale partecipazione pubblica del servizio pubblico radiotelevisivo e che ostacolano pertanto la privatizzazione della Rai. Rimane non definita e rinviata pertanto alla futura attività legislativa e al confronto politico la questione dell'opportunità di mantenere in Italia anche un servizio radiotelevisivo pubblico (accanto a quello privato, che rimane inalterato) e di come strutturarlo. L'abrogazione popolare verrebbe comunque a rivestire il significato politico di una propensione dei cittadini favorevole a un regime almeno prevalentemente privatistico.

9) Per l'abrogazione delle norme che consentono gli spazi di pubblicità commerciale nella Rai

L'obiettivo della proposta di abrogazione di una serie di disposizioni che disciplinano le modalità di acquisizione, i tetti massimi, i criteri direttivi e i controlli degli introiti pubblicitari della Rai è quello di creare il presupposto normativo che consenta di modellare la concessionaria pubblica del sistema radiotelevisivo misto come un servizio, appunto, esclusivamente pubblico ed esente da ogni carattere commerciale.

L'obiettivo politico della richiesta referendaria è da proiettare altresì in direzione di un riassetto di tutto il sistema televisivo, che consenta da un lato di assicurare l'erogazione di un servizio pubblico, e dall'altro di arrivare al superamento del duopolio attualmente esistente, rivitalizzando le tv locali e aprendo il mercato ad altri soggetti, salvo predisporre una disciplina antitrust per la regolamentazione del mercato stesso.

10) Per l'abrogazione del soggiorno cautelare

Il quesito referendario concerne l'abrogazione della disposizione che prevede l'obbligo di soggiorno cautelare per una durata non superiore a un anno in una località indicata dal provvedimento applicativo a carico di coloro nei cui confronti il procuratore nazionale antimafia abbia motivo di ritenere che si accingano a compiere un delitto di tipo mafioso. Si tratta di una misura di prevenzione rispetto ad attività criminose di tipo mafioso che era stata originariamente (nel '92) concepita come di applicazione eccezionale per un triennio ma che nel '93 è divenuta permanente e ordinaria. L'abrogazione referendaria avrebbe come effetto l'eliminazione radicale dell'istituto e una valenza, pertanto, di tipo garantista. In particolare, si eliminerebbe altresì l'indeterminatezza della località dove deve svolgersi il soggiorno: di conseguenza, il quesito di innesta sulla problematica relativa alla diffusione della criminalità mafiosa in territori "vergini".

11) Per l'abrogazione delle norme che impediscono la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali

La proposta è diretta a colpire le norme che disciplinano l'orario di apertura dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio. Gli orari di apertura e di chiusura sono oggi decisi dagli operatori commerciali all'interno di limiti giornalieri minimi e massimi determinati dal sindaco che può differenziarli anche per settori merceologici. L'abrogazione consentirebbe ai commercianti di prescindere da qualsiasi limite, consentendosi di conseguenza anche l'apertura serale, domenicale e festiva in genere. Il nuovo e più liberale regime è decisamente favorevole alla qualità della vita del consumatore e a uno stile di comportamenti più omogeneo ad altre esperienze europee e statunitensi. Esso provoca indubbiamente ripercussioni sulla convivenza fra grande distribuzione commerciale e piccoli esercizi a conduzione familiare.

 
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