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Taradash Marco - 26 gennaio 1994
QUANDO LA RAI SI DIMOSTRA UNA SORTA DI SERVIZIO DEVIATO
di Marco Taradash

SOMMARIO: Stigmatizza l'episodio accaduto nel corso della conferenza stampa indetta da Mario Segni e Marco Pannella per illustrare il loro accordo programmatico, quando, in protesta per la reazione di Pannella alla scorrettezza commessa da un giornalista Rai, tutti i giornalisti dell'emittente pubblica si alzarono e se ne andarono. "Quel tipo di reazione può averla soltanto chi pensa...di militare...all'interno di un partito editoriale". "L'episodio è definitivamente rivelatore...". "La Rai è un partito...che seleziona amici e nemici". L'articolo si rallegra quindi per il fatto che la Fininvest abbia annunciato un rilevante sconto sui prezzi di listino per gli spot elettorali.

(L'INDIPENDENTE, 26 gennaio 1994)

La cattiva notizia. »La RAI se ne va! : gridando questa frase militaresca, destinata a entrare nel Guinness dei primati, voce "strafottenza", ieri mattina un redattore del GR2 ha annunciato che giornalisti e telecamere del servizio pubblico abbandonavano la conferenza stampa indetta da Mariotto Segni e Marco Pannella dopo un incontro di tre ore fra le due delegazioni. Certo, il giornalista era irritato, e Pannella lo aveva richiamato in modo brusco - secondo me del tutto a ragione - al rispetto dell'ABC della correttezza professionale, per cui non si approfitta di una conferenza stampa per fare domande che attengono a tutt'altro.

Ma non voglio qui discutere di ragioni e torti specifici. Mi pare più importante riflettere sul tipo di reazione che istintivamente il giornalista della RAI ha avuto, e al seguito che ha trovato in tutti i suoi colleghi d'azienda (ma non negli altri giornalisti presenti, della carta stampata o di testate televisive). Secondo voi è pensabile un grido del tipo: la Rizzoli se ne va! la Mondadori se ne va! o anche: la Fininvest se ne va? No, non è pensabile. Punto sul vivo, un giornalista normale avrebbe detto: "Me ne vado", oppure "Colleghi, andiamocene!". Avrebbe fatto appello al proprio individualismo o allo spirito di corpo, mai alla bandiera aziendale. Quel tipo di reazione può averla soltanto chi pensa non già di lavorare, a stipendio, all'interno di un'azienda giornalistica ma invece di militare, con passione di volontario e prontezza di mercenario, all'interno di un partito editoriale. L 'episodio è definitivamente rivelatore di una situazione di fatto che si è venuta a creare nel corso degli anni e

che soltanto adesso assume contorni definitivi.

La RAI è un partito, che, in quanto tale, fa dell'informazione uno strumento da accordare ad altri scopi, politici o di appartenenza corporativa, e non un fine in se stesso, in funzione degli interessi generali dei cittadini. Un partito che seleziona amici e nemici, l'utile e il disutile, e quindi interpella Segni sull'incontro con Bossi del giorno prima piuttosto che sull'incontro con Pannella di due minuti prima. O meglio, più che un partito - che bene o male è chiamato a rispondere agli elettori oppure, alle lunghe, ai magistrati - la RAI è un corpo separato e deviato di quello stato partitocratico e illegale che cerca disperatamente di sopravvivere al suo tracollo indossando oggi la maschera "progressista" e di "sinistra".

La buona notizia. La Fininvest ha annunciato ieri uno sconto dell'83,33% sui prezzi di listino per gli spot elettorali. 65 spot di trenta secondi costeranno 100 milioni più IVA al posto dei 600 milioni più IVA della pubblicità commerciale. Perché la notizia è buona? Perché, come saprete, fra i mille trabocchetti di cui è disseminata la legge Mattarella (mai nome fu più appropriato), vale a dire la schizoide legge elettorale un po' maggioritaria e un po' proporzionale con cui andremo a votare, c'è anche un rigido controllo sui soldi che si spendono in campagna elettorale (il tetto è sotto i cento milioni) e sulla presenza nelle televisioni commerciali.

In apparenza la regola è giusta e garantista. Ma soltanto in apparenza. In realtà in questo modo si premia sfacciatamente chi è privilegiato dai suoi rapporti preferenziali coi Volcic e i Garimberti, i Santoro e i Minoli, oppure chi ha alle spalle le parrocchie o le cellule (e magari tutte e due), le confederazioni sindacali e quelle padronali (e magari tutte e due). In un sistema uninominale vero, anche la capacità di raccogliere fondi e di spenderli bene diventa un segno della capacità politica e di governo di un candidato, oltre che della sua indipendenza da fazioni e poteri invisibili. Ma certamente non è questo lo scopo della legge "mattarella". Qualche spot in più non la guarirà di certo, ma un piccolo spazio di libertà ieri si è aperto.

 
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