William Schabas - Canada
Docente, Dipartimento di Scienze Giuridiche all'Università di Québec
SOMMARIO: Il Patto internazionale sui diritti civili e politici è stato ratificato dagli Stati Uniti. Tuttavia, Washington ha formulato delle riserve agli articoli 6 e 7 sul diritto alla vita e la protezione contro la tortura rispettivamente. Nei confronti della pena di morte, Washington cede soltanto davanti all'eccezione della non esecuzione delle donne incinte.
("NESSUNO TOCCHI CAINO", 1 febbraio 1994)
Dal settembre 1992, gli Stati Uniti d'America sono legati al principale trattato universale di protezione dei diritti umani: il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Tuttavia, in occasione della ratifica, Washington ha formulato delle riserve agli articoli 6 (diritto alla vita) e 7 (protezione contro la tortura).
In base alla tecnica delle riserve, il governo americano dichiara di essere legato alle obbligazioni del Patto, salvo per ciò che riguarda la pena di morte. La portata di queste riserve è stata spesso sottostimata, generalmente a causa delle argomentazioni addotte dai rappresentanti americani, dietro le quali si celava l'obiettivo di mantenere la pena di morte per le infrazioni commesse dai minori di 18 anni.
Ora, le riserve americane sono molto più ampie. Nell'insieme riguardano l'impiego della pena di morte, comprese le garanzie giudiziarie, la sua limitazione per i crimini gravi così come il modo d'esecuzione e la sindrome del braccio della morte. La sola eccezione è l'interdizione dell'esecuzione delle donne incinte, norma che Washington si dichiara pronta a riconoscere.
La facoltà di porre delle riserve è limitata, dal diritto internazionale, alle riserve che non sono contrarie all'oggetto e allo scopo del trattato in oggetto. Gli articoli 6 e 7 del Patto si collocano in una categoria particolarmente importante, essendo dei diritti ai quali ogni deroga, anche in tempo di guerra, è interdetta. Nella storia del Patto solo due Stati hanno posto delle riserve all'art.6, ma molto minori e avevano un'applicazione solo temporanea. Gli Stati Uniti sono il primo Stato che osa fare una riserva all'art.7 del Patto.
Certamente una riserva relativa a queste due disposizioni fondamentali è contraria all'oggetto e allo scopo del Patto. E' il senso delle obiezioni alle riserve americane formulate dalla Svezia e dalla Finlandia nel 1993.
L'obiezione è la tecnica impiegata in diritto internazionale da uno Stato partecipe di un trattato che non riconosce la legalità di una riserva avanzata da un altro Stato. Sfortunatamente, nessun altro Stato ha ancora dato prova di coraggio dichiarando pubblicamente che le riserve americane sono inaccettabili.
Qual è la conseguenza dell'illegalità delle riserve americane? Secondo la giurisprudenza dei Tribunali internazionali - fra cui la Corte Europea dei diritti dell'uomo e la Corte internazionale di giustizia - la riserva è inefficace e di conseguenza il Patto è applicabile nel suo insieme. In altre parole, gli Stati Uniti sono legati agli articoli 6 e 7 del Patto. Quindi essi hanno già violato questi articoli quando hanno proceduto all'esecuzione di Curtis Paul Harris il 1 giugno 1993, per un crimine commesso in minore età.
Sfortunatamente, al momento della ratifica del Patto, gli Stati uniti non hanno accettato il meccanismo del ricorso individuale davanti al Comitato dei diritti dell'uomo. Questo comitato è una specie di tribunale posto sotto l'egida delle Nazioni Unite incaricato dell'applicazione del Patto. Gli Stati uniti hanno tuttavia riconosciuto la competenza del Comitato a ricevere le denuncie interstatali. Gli altri Stati partecipi del Patto devono essere incoraggiati a deporre di tali denunce. Inoltre, in occasione di una prossima seduta del Comitato dei diritti dell'uomo, il governo americano dovrà presentare - in virtù del Patto - il suo primo rapporto periodico e nell'occasione verrà interrogato sulle riserve. Questa sarà l'opportunità per sottolineare la violazione flagrante del diritto internazionale da parte degli Stati uniti.
Vorrei menzionare due sviluppi recenti della giurisprudenza internazionale sul tema della pena di morte. Nel novembre 1993, il Comitato dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite ha esposto le sue considerazioni nell'affare Kindler contro Canada. La questione controversa era il diritto del Canada ad estradare Kindler verso gli Stati uniti, paese in cui era suscettibile di pena di morte. Il Comitato ha considerato che nella fattispecie non ricorrevano violazioni al Patto internazionale, ma ha anche riconosciuto la pertinenza del Patto in materia di estradizione verso un paese in cui sia ancora in vigore la pena di morte. Il Comitato dovrà occuparsi di nuovo di una tale questione, grazie ad altre notifiche di parte canadese in cui viene sollevata la questione dell'aspetto razzista e dei metodi di irrogazione della pena di morte.
Molto più interessante è il giudizio del Consiglio Privato (Private Council) inglese, per il quale la detenzione per cinque anni di una persone condannata a morte costituisce una pena e un trattamento disumano. Nel caso Pratt e Morgan contro Giamaica, il più alto tribunale del Commonwealth ha condannato la sindrome del braccio della morte salvando la vita di più di cento persone detenute nelle prigioni giamaicane e di un pari numero di detenuti negli altri paesi del Commonwealth.