SOMMARIO: Il gesuita De Rosa spiega il passo nel "Nuovo Catechismo" che ammette la pena di morte in casi gravissimi. E auspica che nel futuro il rifiuto della pena di morte divenga anche la posizione ufficiale della Chiesa
(FAMIGLIA CRISTIANA, 9 febbraio 1994)
Il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) considera lecita la pena di morte, sia pure "in casi di estrema gravità". Questo ha provocato scandalo e delusione. Che cosa dire a tutti quei credenti e laici che si aspettavano una condanna definitiva della pena capitale? Lo abbiamo chiesto a padre Giuseppe De Rosa, gesuita, scrittore de La Civiltà Cattolica.
"In realtà la delusione e lo scandalo non sono del tutto ingiustificati", risponde padre De Rosa. "Però possono essere fortemente attenuati se si comprende meglio quanto il CCC ha voluto dire. Si deve notare anzitutto lo sforzo dei redattori del testo per restringere al massimo la portata dell'affermazione della liceità della pena di morte. Essa è affermata in un inciso ed è limitata a pochissimi casi".
- E' comunque ammessa, questo è il punto.
"Cerchiamo di capire. L'affermazione diretta riguarda il riconoscimento riguarda il "riconoscimento fondato" del diritto e del dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla gravità del diritto. Questa è l'affermazione essenziale del CCC. Poi viene aggiunto l'inciso: "Senza escludere, in casi di estrema gravità, la pena di morte". Già quindi dalla semplice analisi letteraria del testo si rivela l'intenzione dei redattori di ridurre al massimo la portata pratica dell'affermazione. Tanto più che nel paragrafo seguente è detto che "se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere le vite umane dall'aggressore e per proteggere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi".
"Ora è chiaro che nella quasi totalità dei casi, per difendere i beni suddetti non è necessario ricorrere alla pena di morte, che generalmente è inflitta dopo che il delinquente non è più in grado di nuocere. Dunque la pena di morte, sebbene non esclusa teoricamente "in casi di estrema gravità", praticamente non è ammessa".
- Però gli Stati che la mantengono possono farsi forti del fatto che la Chiesa in qualche caso la ammette?
"Dire di no. Piuttosto, proprio da quanto insegna la Chiesa, gli Stati sono invitati a valutare responsabilmente se lo scopo che vogliono raggiungere con la pena di morte non sia raggiungibile con altri mezzi non cruenti. Comunque, l'intenzione profonda del CCC è che su questo tema si riesca a compiere un'evoluzione, in modo che entro breve termine si possa giungere all'eliminazione della pena capitale".
- Questo basta a tranquillizzare tutti noi che crediamo nella sacralità della vita?
"Ai cattolici che avrebbero preferito che il CCC avesse preso una posizione più profetica, vorrei dire che, da una parte, cerchino di comprendere le ragioni per cui in esso non è stata esclusa la pena di morte; e dall'altra mantengano la loro posizione profetica, nella speranza che nel futuro essa divenga anche la posizione ufficiale della Chiesa. Poiché non si tratta di una verità di fede, un'evoluzione è possibile e auspicabile".
- In un esemplare articolo del 1981, la Civiltà Cattolica si dichiarava nettamente contro la pena di morte. Dopo l'uscita del nuovo Catechismo avete cambiato idea?
"La posizione presa da La Civiltà Cattolica nel 1981 non è messa in questione. Essa si trova sulla linea evolutiva verso la quale spinge il CCC. Del resto, il problema della liceità della pena di morte è un punto sul quale la discussione tra i cattolici è aperta".
- Lei, padre De Rosa, è personalmente contrario alla pena di morte?
"Sono contrario sempre, proprio per i motivi espressi dall'articolo de La Civiltà Cattolica del 1981. Essi sono: a) la società ha il dovere di proteggere i suoi membri contro i criminali, ma utilizzando solo mezzi che, oltre ad essere efficaci, siano anche umani; b) la pena di morte non ha la forza di dissuasione che generalmente le si attribuisce; c) infliggendola a chi ha ucciso, non si fa giustizia e non si ristabilisce l'ordine violato; non si renda la vita a chi l'ha perduta e la si toglie anche all'assassino; d) la persuasione che la pena di morte mette in questione una delle più grandi conquiste del mondo moderno e della Chiesa; la dignità della persona umana non si perde neppure con i più grandi delitti; e) una più profonda comprensione del comandamento evangelico della misericordia e del perdono. Sono dunque motivi umani e cristiani che mi rendono inaccettabile la pena di morte. Penso però che altri cristiani possano avere motivi per giudicare diversamente. E' una quaestio disputata tra i cattolici"
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Sono 105 i Paesi sulla lista nera
Secondo i dati forniti da Amnesty International, i Paesi che non prevedono la pena di morte in nessun caso sono 50. I Paesi che la mantengono in casi eccezionali, per esempio i reati commessi in tempo di guerra, sono 16 (tra essi c'è l'Italia). I Paesi nei quali è in vigore la pena di morte, ma non vengono eseguite condanne da almeno dieci anni, sono 18. Sono ben 105 i Paesi nei quali esiste la pena di morte.
Per limitarci alle situazioni più tristemente clamorose nel 1993: in Algeria sono state emesse 370 sentenze capitali ed eseguite 26; in Egitto ci sono state 55 condanne e 43 esecuzioni; in Cina sono state accertate 1249 esecuzioni; negli Stati Uniti il 1993 ha visto il record delle condanne: ne sono state eseguite ben 38, da quando la pena di morte è stata reintrodotta in 35 dei 50 Stati americani; e 2700 sono i condannati attualmente in attesa.
In Italia la Camera ha abolito la pena di morte dal Codice Penale militare di guerra il 28 luglio 1993, ma il testo non ha fatto in tempo ad essere approvato dal Senato per lo scioglimento anticipato delle Camere.
Tutto quindi è rimandato alla prossima legislatura, a meno che il presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi non provveda ad un decreto da sottoporre prima delle elezioni al Parlamento ancora in carica, il che sembra improbabile.