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Pannella Marco - 3 marzo 1994
Pannella: »Sartori adora i partiti italiani e poi sostiene che io sono il grande furbo
di MARCO PANNELLA

SOMMARIO: Garbata polemica con l'editorialista del Corriere della Sera Giovanni Sartori a proposito di un suo articolo ("Trappola per elettori", 2 marzo 1994) in cui definiva Pannella un furbo [»valga per tutti l'esempio di Pannella, che ha capito benissimo e che ha manovrato così: schierando i suoi candidati sotto tre-quattro bandiere diverse e contando di farli tutti eleggere sulla quota proporzionale. Davvero una bella coerenza per chi promette l'Italia fotocopia dell'Inghilterra, tutta uninominale e soltanto bipartitica. Naturalmente Pannella dice ora che viola i suoi principi "per protesta". A questo modo Pannella ha sempre l'alibi perfetto per fare il contrario di quel che teorizza, e di predicare l'oppostio di quel che fa: è il re, anzi l'imperatore, dei furbi ].

(LA LETTERA - CORRIERE DELLA SERA, giovedì 3 marzo 1994)

Caro direttore,

leggo con divertimento, interesse e profitto i continui interventi, i fondi - che fanno delle sue opinioni quelle del giornale - di Giovanni Sartori. In qualsiasi altro Paese civile, poichè egli mi fa l'onore di assumermi come interlocutore e bersaglio fisso, attribuendomi tutto quel che gli passa per la testa - sappiamo eccelsa - in quel momento, avrei un diritto-dovere di replica da esercitare, cui sarei sollecitato. Ho provato timidamente una sola volta a prendere l'iniziativa di rispondere e di accennare un dibattito, o un inizio di risposta, e il tutto è stato riassunto in poche righe. Tutto questo dura da più di un anno, con una interruzione (naturalmente nel periodo »non caldo , non referendario e non elettorale) autunnale. Giovanni Sartori sa che l'unica volta in cui avremmo potuto confrontare le nostre posizioni, da Riotta, a »Milano, Italia , egli stesso ebbe lealmente a rammaricarsi che non mi si consentiva di parlare.

Così vanno le cose in questa nostra Italia: anche nelle migliori, nelle ottime famiglie. E se non si è d'accordo, se non si è affetti dalla sindrome di Stoccolma, si è immediatamente infamati come vittimisti. Scriviamolo a memoria futura; dei tardivi ed inutili pentimenti che verranno e chi mi accompagnano, da parte di tanti, non so che farne: servono in genere per meglio rafforzare nel presente gli affetti micidiali di quello del quale ci si tornerà a pentire domani. L'»ieri , nel quale mi si attribuisce molto spesso gran merito, non mai un »oggi .

A Giovanni Sartori mi si consenta con rispetto e simpatia di dire solamente che sempre più dissento dalle sue assolute e scatenate certezze. Egli adora, in realtà (non so se anche odi), i partiti italiani, di per loro. Non ne sa fare a meno. Il suo ruolo di fustigatore e di »indipendente si eserciterebbe con molta maggiore difficoltà se mi riuscisse di far chiudere queste infauste e pericolose botteghe. Il che tenterò sempre di fare, chissà con gli elettori che me lo consentiranno. So che, d'ora in poi, non mi citerà più. Per finire, egli mi accusa di essere »un gran furbo . Il che è una grande bischerata. Non gli ricambio il complimento trattandolo da grande bischero. Mi sembrerebbe inelegante ed eccessivo.

 
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