Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 19 apr. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Sabatino Rosanna - 3 marzo 1994
(4) IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI NELL'ITALIA REPUBBLICANA
di Rosanna Sabatino

UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI NAPOLI "FEDERICO II"

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

TESI DI LAUREA IN STORIA DELLE ISTITUZIONI PARLAMENTARI

IL FINANZIAMENTO PUBBLICO DEI PARTITI NELL'ITALIA REPUBBLICANA

RELATORE: Prof.PIERO CRAVERI

CANDIDATA: ROSANNA SABATINO

ANNO ACCADEMICO 1992/93

CAPITOLO TERZO

IL PROBLEMA DEL FINANZIAMENTO DEI PARTITI POLITICI IN ITALIA

SOMMARIO. Si analizza il dibattito e le conclusioni di alcuni importanti incontri svoltisi dopo il Convegno della Dc a San Pellegrino: la "Tavola Rotonda" del Movimento Salvemini (ottobre 1963), con gli interventi di E.Rossi, A.C. Jemolo, l'on. Ravaioli, il repubblicano Battaglia, Lelio Basso; l'assemblea organizzativa della DC (Sorrento, ottobre 1965) che seguiva ad una presa di posizione favorevole del sen. Gava. Vengono quindi presi in considerazione il progetto dell'on. (DC) A.Curti, le indicazioni dell'on. (DC) A.Forlani, le tesi di L.Elia ("alcuni partiti diventeranno sempre di più partiti-ombra"), quelle del segretario naz. del PCI, on. Longo, di A.Cossutta, del direttore dell'"Avanti" Pieraccini, ecc. Per i liberali, si registrano i pareri dell'on. A. Bozzi, di Valitutti; per il MSI si cita l'on. Almirante, ecc. Viene poi ricordato il progetto elaborato dal PRI (1965) e infine quelli del Club Turati (1968) e del Movimento di Opinione Pubblica (1970).

----------------------------------

Dagli studi del Mortati nel 1945 alle discussioni per la stesura dell'art. 49 della Costituzione, e fino al disegno di Legge Sturzo del 1958, il dibattito politico e culturale sul finanziamento dei partiti politici è stato sempre aperto. Tuttavia, in tono sporadico e minore. Ne accennavano, come abbiamo visto, Nenni al Congresso del Partito socialista a Milano nel 1961 e poi Taviani al convegno di San Pellegrino della DC.

Nel decennio 1960-70, il tema fu ripreso nei dibattiti culturali: nel convegno del Movimento Salvemini (1963); nel dibattito dell'ISLE (1968). Furono anche presentati degli schemi normativi dall'onorevole Curti (1966); dall'onorevole Greggi (1970); dal PRI (1965); dal Club Turati (1968); dal MOP (1971). (1).

1. LA "TAVOLA ROTONDA" ORGANIZZATA DAL MOVIMENTO GAETANO SALVEMINI

Alla fine del convegno della DC, a San Pellegrino, il Presidente del consiglio, on. Leone, dichiarò che "se fosse riuscito nel breve arco di attività del suo Governo a far predisporre studi adeguati e approfonditi, non escludeva la possibilità di presentare un disegno di legge che sancisse il finanziamento ai partiti politici". Sulla proposta di questo rimedio si aprì il dibattito nella "Tavola rotonda" organizzata del »Movimento Gaetano Salvemini nell'ottobre del 1963 al Ridotto dell'Eliseo in Roma, al quale presero parte: il prof. Arturo Carlo Jemolo e relatori: il socialista Lelio Basso, il democristiano Domenico Ravaioli, il repubblicano Adolfo Battaglia e il prof. Ernesto Rossi. (2)

Prima che avesse inizio il dibattito fu distribuita agli intervenuti una nota del prof. Ernesto Rossi. In questa nota introduttiva il prof. Rossi ricordava come un insieme di fattori avesse fatto aumentare di molto, durante l'ultimo cinquantennio, le spese dei partiti politici. Ad esempio: il suffragio universale e la rappresentanza proporzionale hanno costretto i partiti ad estendere la loro propaganda fra tutti i ceti sociali; e ancora il progresso della tecnica della propaganda con la quale si riesce a convincere gli elettori a votare per certe liste e per certi candidati »usando gli stessi costosi sistemi coi quali si persuade la gente a comprare i dentifrici . Per far funzionare la "macchina" di un partito di massa, sosteneva Rossi, occorre "gettare sotto la sua caldaia quattrini a palate": alcuni miliardi sono utilizzati ogni anno per l'organizzazione e le attività ordinarie, mentre altri vengono spesi per le campagne elettorali, per coprire i disavanzi dei giornali politici, per i congressi, ecc.

(3)

IL prof. Rossi inoltre aggiungeva: »Lo scandalo dell'INGIC - soffocato con la complicità di tutti i partiti perché tutti erano compromessi nelle malversazioni del pubblico denaro compiute attraverso gli appalti dei dazi di consumo - ha dato la riprova che, per quanto riguarda i finanziamenti, i partiti non si distinguono in onesti e disonesti ma solo in partiti che hanno maggiori o minori possibilità di monetizzare il loro potere politico. Poiché i partiti governativi si trovano in posizione di enorme vantaggio per procurarsi i fondi che "servono come combustibile alla macchina", i partiti di opposizione stanno sempre con la mano tesa per essere invitati a partecipare al Governo ed i partiti più piccoli accettano di entrare nelle combinazioni ministeriali anche per fare solo da reggicorda ai partiti maggiori... . (4)

Infine Rossi diceva: »I finanziamenti occulti ai partiti politici costituiscono la più grave malattia delle democrazie moderne. Come rimedi, sinora sono state proposte leggi per ridurre il fabbisogno finanziario dei partiti, con disposizioni dirette a contenere entro certi limiti alcune forme di propaganda più costose (manifesti murali, trasmissioni radio, ecc.) o ad alleggerire i partiti dell'onere di particolari spese durante le campagne elettorali, scaricandole sul bilancio dello Stato . (5)

Tra i primi ad intervenire nel dibattito fu Arturo Carlo Jemolo che »ebbe occasione di puntualizzare la propria posizione sul finanziamento, in considerazione dei rischi e egli abusi cui il provvedimento si sarebbe prestato, senza avere come contropartita la garanzia di efficaci controlli sull'impiego delle somme percepite, ed in considerazione altresì dell'inutile sperpero che si sarebbe verificato se non fosse stato soppresso parallelamente ogni finanziamento privato . (6)

Anche il prof. Rossi nel suo intervento fece capire di essere sfavorevole al finanziamento pubblico essendo convinto che questa soluzione »da un lato, non costituisse un efficace rimedio contro la corruzione della vita pubblica e contro gli altri fenomeni degenerativi imputati al sistema di finanziamento occulto dei partiti, e dall'altro comportasse alcune conseguenze indirette negative ancor più gravi dei mali che volevano curare. Le argomentazioni degli stessi oratori che alla tavola rotonda del Movimento Salvemini avevano sostenuto la tesi del finanziamento pubblico non gli erano parse convincenti per diversi ordini di ragioni. In primo luogo, poiché i partiti erano organizzazioni private, non era ammissibile il loro finanziamento con denaro pubblico senza verificare che le somme versate fossero effettivamente spese per le finalità per le quali erano stanziate nel bilancio pubblico dello Stato. Inoltre, il finanziamento non avrebbe potuto costituire un rimedio ai mali imputati ai finanziamenti occulti

, perché sarebbe stato un finanziamento aggiuntivo e non sostitutivo di questi ultimi . (7)

Secondo Rossi, per diventare sostitutivo di ogni finanziamento illecito, occorreva stabilire per legge dei livelli massimi delle spese dei partiti, in particolare delle spese elettorali.

In linea con le tesi esposte al convegno di San Pellegrino, il democristiano Ravaioli si dichiarò favorevole al finanziamento dei partiti, in vista della sua funzione moralizzatrice della vita politica: »Finanziamento dello Stato sì, sulla base dell'entità dei gruppi parlamentari interlocutori diretti, onde evitare, tra l'altro, eccezioni di carattere costituzionale. Rispondo di sì, anche sul controllo, ma relativamente alle sole spese. Il controllo sulle entrate non mi pare possibile e neppure serio. Troppo facile da eludere... A ragion veduta l'Inghilterra e gli Stati Uniti si sono limitate al controllo delle sole spese... . (8)

Decisamente favorevole alla tesi del finanziamento statale era anche il repubblicano Battaglia, il quale aveva considerato il problema in vista della funzione pubblica esercitata dai partiti e dalle loro conseguenti necessità organizzative. Dopo aver affermato che una delle ragioni della necessità del finanziamento dei partiti era che ciò era voluto dalla classe politica, egli si era soffermato sulle modalità di realizzazione del finanziamento pubblico. Secondo Battaglia il problema non consisteva infatti nello stabilire la necessità o meno di adottare la soluzione del finanziamento, ma di scegliere i mezzi, le garanzie, e gli istituti capaci di tradurlo in pratica. »Si tratterà di stabilire quanti miliardi, come devono essere ripartiti, ma il fine fondamentale di liberare i partiti dall'obbligo del finanziamento privato e dall'obbligo di ricorrere alla corruzione o alla degenerazione degli enti pubblici, viene in ogni caso raggiunto. Altro problema, assai diverso, è quello di impedire un finanziamento p

rivato aggiuntivo al finanziamento pubblico. Ma è importante, rispetto al fine fondamentale della legge che abbiamo adesso precisato, è importante impedire un finanziamento aggiuntivo? Non mi pare... Si può avere il finanziamento pubblico per raggiungere il fine di liberare il partito dall'obbligo del finanziamento privato e si può avere la pubblicità dei bilanci per chiarire ulteriormente la natura di questo partito, nel caso esso ricorra a un finanziamento privato . (9)

Sul problema del controllo dei bilanci, Battaglia ebbe modo di riprendere l'argomento in un articolo pubblicato dalla rivista »Nord e Sud : »Il controllo è probabilmente una tappa nel cammino dei partiti, ma è una tappa che dovrà essere raggiunta col tempo e con la maturazione di condizioni che lo rendono democraticamente possibile. D'altra parte in un certo senso saranno i partiti stessi con attenzione tutta particolare, a controllarsi reciprocamente i bilanci resi pubblici... . (10)

Il deputato socialista Lelio Basso, nel suo intervento alla Tavola rotonda, giustificava invece il finanziamento pubblico con la funzione attuale dei partiti: »Se noi, perciò, consideriamo che il partito è lo strumento di cui si serve il sovrano, cioè il popolo per esercitare la sua sovranità, è evidente che ne discende come conseguenza che il partito adempie a una funzione pubblica nella società democratica, e pertanto il finanziamento pubblico dei partiti non è qualche cosa di strano. Non si tratta di finanziare attività private, attività di singoli cittadini; non si tratta più di dire "ma come si può chiedere ai cittadini che non sono iscritti a partiti di pagare anch'essi i tributi per far funzionare i partiti",... Anche i cittadini che non vogliono, per esempio, che non partecipano alle elezioni potrebbero dire, "ma perché io devo pagare le tasse affinché lo Stato spenda miliardi per organizzare le consultazioni elettorali"; ma la consultazione elettorale è un momento essenziale di vita democratica,

come è un elemento essenziale di vita democratica la vita dei partiti; e un paese che vuol essere democratico deve assicurare ai partiti i mezzi per vivere, come deve fornire i mezzi per le consultazioni elettorali . (11)

La sovvenzione, che era quindi un dovere da parte dello Stato, non aveva secondo Basso come contropartita il riconoscimento del diritto ad un intervento, per mezzo dei suoi organi, nella vita interna dei partiti, per controllarne l'attività. Il partito costituiva l'estrinsecazione diretta del sovrano, cioè il popolo, e si trovava perciò in una condizione diversa rispetto agli altri organi a cui erano attribuite funzioni specifiche. Allora, l'unico controllo ammissibile per il partito era costituito dal controllo del sovrano, cioè dei cittadini.

Lelio Basso quindi affermava: »Se un partito non risponderà a quelle che sono le aspirazioni, le richieste, la difesa di interessi, la democraticità voluta dai suoi elettori, gli elettori non gli daranno più il voto... . (12)

2. DOPO SAN PELLEGRINO

Dai commenti, le notizie e le indiscrezioni sulle proposte democristiane di San Pellegrino, e dai successivi dibattiti nelle varie sedi politiche e culturali, risultava che le obiezioni erano principalmente due.

Innanzitutto, il finanziamento statale dei partiti avrebbe posto in una posizione di ingiustificato privilegio quelli già esistenti, cristallizzando, forse definitivamente, il loro assetto a partire dal momento iniziale del finanziamento. Inoltre si pensava che il finanziamento pubblico avrebbe dovuto essere la conclusione di un lungo processo di pubblicizzazione della struttura dei partiti e di definizione di regole precise a tutela della loro democraticità interna, processo che in altre democrazie occidentali era stato già avviato da tempo. Infine i partiti di opposizione temevano che il contributo statale avrebbe causato la perdita dell'autonomia poiché avrebbe comportato un controllo sul loro operato. (13)

Negli ambienti democristiani si riteneva invece che il finanziamento pubblico avrebbe progressivamente favorito il controllo diretto degli iscritti e dei leaders delle minoranze sulle fonti di finanziamento e che l'attività dei partiti nuovi sarebbe stata agevolata dalla disponibilità di un contributo statale. Un motivo dominante nella proposta di finanziamento pubblico espressa dai principali "leaders" della DC era costituito dalla esigenza di moralizzare la vita pubblica e di disciplinare la vita interna dei partiti.

Ma qual'è stata la posizione assunta dalle segreterie di partito e dagli uomini politici dopo il dibattito al terzo convegno di San Pellegrino? Dopo le proposte fatte nel settembre del 1963, e la scadenza del mandato del governo Leone, la democrazia cristiana non ha più preso posizioni di rilievo attraverso organi ufficiali. Nell'agosto del 1965, una nuova importante indicazione è venuta da parte di un esponente democristiano, il senatore Gava, in un commento sulle risultanze del Comitato centrale del PSI, tenuto pochi giorni prima.

Le precarie situazioni di bilancio dei partiti italiani - sosteneva il senatore Gava - ed i pericoli della limitazione o della perdita dell'autonomia dei partiti e »del loro invischiamento in una prassi amministrativa che, pur non cadendo nell'illecito, tende a sconfinare in atti che non brillano di specchiata correttezza , erano di per sé sufficienti a porre il problema del finanziamento pubblico dei partiti. (14)

La questione del finanziamento pubblico venne sollevata di nuovo dall'on. Leone nell'assemblea organizzativa della DC, tenuta a Sorrento nell'ottobre del 1965. In tale occasione egli definiva la questione necessaria, indispensabile e urgente. »La piccola aliquota di corruzione che c'è in Italia - egli affermò - va ricondotta anche alla mancanza di una disciplina del problema. La disciplina del finanziamento va collegata al problema della pubblicità dei bilanci e questo al controllo della democraticità degli statuti . (15)

Merita ancora ricordare la proposta di conciliare la questione del finanziamento delle organizzazioni politiche con quella della rilevanza giuridica ad esse attribuita dall'ordinamento italiano, elaborata dal deputato della DC Aurelio Curti.

»Si tratta di un progetto pubblicato nel 1966 sulla rivista "Mondo Finanziario". Esso non riconduce la soluzione del problema delle entrate dei partiti al finanziamento pubblico, (che comporterebbe, secondo l'autore, una impostazione fiscale generale ed un rendiconto con relativi controlli da parte degli organi dello Stato), ma prevede una contribuzione obbligatoria a carico soltanto dei cittadini che traggono vantaggio dall'appartenenza, diretta o indiretta, alle organizzazioni di partito. La proposta esclude però un controllo dei bilanci dei partiti in considerazione dell'impossibilità di esercitarlo efficacemente senza porre limiti alla loro libertà . (16)

Nel novembre del 1967 vi è stata una nuova presa di posizione da parte dell'allora vicesegretario della DC, on. Forlani, nel corso di un incontro televisivo con il liberale Bozzi. Dopo aver accennato agli scandali ed alle irregolarità amministrative, cui difficilmente i partiti riescono a sottrarsi e che comportano la perdita parziale o totale della loro indipendenza, Forlani diceva: »Dobbiamo affrontare questo problema, perché fin quando non l'avremo risolto non potremo dare, come classe politica, un contributo decisivo al processo di moralizzazione . (17)

Un autorevole parere sull'argomento è stato dato in occasione di alcune risposte di Leopoldo Elia ad un dibattito di un quotidiano sul tema: »La crisi dei partiti . Alle domande: »Qual'è il rapporto tra i partiti politici e potere economico? , »Ritiene utile un finanziamento pubblico dei partiti? il professor Elia ha accennato alle cause del ritardo nello sviluppo delle strutture ed ai motivi della crisi di partecipazione all'interno delle organizzazioni dei partiti.

»Ma l'evoluzione dell'economia italiana - egli ha aggiunto - con la creazione di legami sempre più stretti tra organi ed istituti pubblici, partecipazioni statali e grandi imprese private rende ogni giorno più ristretto lo spazio in cui i partiti possono esercitare scelte di politica economica. Questa evoluzione ormai inarrestabile riduce di per sé la possibilità di azione dei partiti e sembra confinarli in un margine situato tipicamente nella "sovrastruttura". Se continueremo di questo passo, alcuni partiti diventeranno sempre di più partiti-ombra . (18)

Considerando le altre forze politiche, notiamo che il PCI è quello che più degli altri partiti di opposizione ha motivo di temere le conseguenze del finanziamento pubblico, se esso comporta controlli di carattere tecnico-amministrativo.

Il partito comunista è passato, negli anni, da un atteggiamento diffidente nei confronti della soluzione del finanziamento statale, ad una posizione più aperta alla discussione, tanto da non escludere (intorno agli anni 70) l'utilità che lo Stato intervenga nel finanziamento dei gruppi parlamentari e delle formazioni politiche. I rappresentanti del PCI erano favorevoli ad una soluzione parziale che lasciasse aperta la porta dei finanziamenti privati ai partiti, ed accettavano tutte le forme di aiuto statale, anche quelle rappresentate dall'aumento dell'indennità dei deputati poiché parte della loro remunerazione andava al partito. (19)

Troviamo una conferma di ciò nelle risposte al questionario sul finanziamento statale dei partiti date nel 1966 dal segretario nazionale del PCI, on. Longo: »Il nostro partito ha già preso posizione da tempo contro il finanziamento pubblico dei partiti così come è stato posto dalla democrazia cristiana sin dal Convegno di San Pellegrino e mantiene ferma questa posizione. A nostro avviso il finanziamento ordinario dei partiti da parte dello Stato porterebbe come conseguenza da un lato l'accentramento dei poteri amministrativi e quindi anche organizzativi e politici all'interno dei partiti e dall'altro l'instaurazione dei rapporti di dipendenza dall'apparato dello Stato che menomerebbe profondamente il carattere di 'libere associazioni di cittadini' riconosciuto ai partiti dalla Costituzione e quindi la loro autonomia organizzativa e politica . (20)

Un altro esponente comunista, Armando Cossutta, membro della Direzione del PCI, nel corso del dibattito al convegno di Milano del 19 gennaio 1970 sul finanziamento dei partiti, ha detto di essere favorevole a tale soluzione poiché i partiti hanno una funzione prescritta dalla Costituzione e contribuiscono alla formazione della volontà degli elettori e inoltre per liberare il più possibile i partiti dalla necessità di ricorrere ai finanziamenti occulti. (21)

Per quanto riguarda lo schieramento socialista, nettamente favorevoli al finanziamento pubblico risultavano qualificati esponenti del PSI e del PSDI. All'indomani del convegno ideologico della DC, l'on. Pieraccini, che era direttore del quotidiano »Avanti! , così osservava: »Noi socialisti siamo d'accordo con la proposta fatta da Taviani a San Pellegrino del finanziamento pubblico dei partiti, da commisurarsi sulla loro influenza elettorale . (22)

In un commento al documento sulla funzione del partito socialista, Giuseppe Tamburrano ribadiva »l'interesse dello Stato e della società a porre a disposizione dei partiti i mezzi necessari al perseguimento dei loro obiettivi, considerando l'esigenza di realizzare particolari tipi di finanziamento statale (non aggiuntivi) e particolari tipi di controlli (non lesivi della sfera di autodeterminazione dei partiti) . (23)

»... Non mi nascondo - aggiungeva il Tamburrano - che le difficoltà di ordine giuridico e politico sono numerose, ed è da temere che di fronte ad esse ed alla macchinosità di una legge che deve prevedere vari tipi di finanziamento e differenti forme di controlli, tutto si areni . (24)

Per quanto concerne il problema del finanziamento pubblico, il partito liberale fino agli anni 70 non prende una posizione ufficiale. Gli interventi rivelano molte perplessità e molte riserve su una eventuale realizzazione del progetto. Della questione si è occupato in particolare l'on. Aldo Bozzi. All'indomani del convegno di San Pellegrino, in un consiglio nazionale del partito tenuto nell'autunno del 1963, egli osservava: »Oggi è tornato alla ribalta il problema del finanziamento dei partiti, si domanda che i partiti siano finanziati dallo Stato ossia dalla collettività in quanto essi assolvono nel regime democratico, una funzione pubblica... Io avanzo delle riserve a titolo personale. Finanziare i partiti trae seco un controllo dello Stato sui partiti stessi. Voi comprendete le possibilità di arbitrio a cui si può dar luogo. Finanziare i partiti significa cristallizzare le posizioni, significa soprattutto uccidere l'individualità, recidere il legame spirituale, di consonanza politica, fra l'individuo

e il suo partito. I partiti oggi non sono amati in Italia; se si stabilisse il finanziamento pubblico, per cui i cittadini dovrebbero pagare anche i partiti che avversano, questi sarebbero odiati . (25)

Non diversa la posizione dell'on. Salvatore Valitutti, il quale sosteneva che il finanziamento statale dei partiti avrebbe comportato il controllo delle attività che essi svolgono: »La irrinunciabilità del controllo statale della spesa del denaro pubblico è un principio fondamentale della finanza negli stati democratici. Senonché controllare significa necessariamente ingerirsi nell'attività controllata. Oltretutto il finanziamento statale dei partiti darebbe un ulteriore contributo alla cristallizzazione delle attuali forze politiche, dato che si possono finanziare i partiti nati ma non quelli ancora non nati... Un secondo errore che solitamente si commette è ritenere che basti finanziare i partiti sul bilancio statale per mettere fine al loro attuale finanziamento, in gran parte clandestino, che perciò stesso è causa di fenomeni moralmente e politicamente degenerativi. Il terzo errore è accettare fatalisticamente l'alto costo del funzionamento della macchina degli attuali partiti italiani come un dato i

mmodificabile . (26)

In polemica con l'on. Basso, Valitutti sosteneva che non si poteva accettare la tesi di chi difende il finanziamento statale con l'argomentazione che i partiti sono gli strumenti per mezzo dei quali il popolo esercita direttamente la sovranità. »Ne conseguirebbe che gli uomini non appartenenti ai partiti sono uomini di minor diritto e che bisognerebbe stabilire l'obbligo di far parte dei partiti violando quella libertà di non associazione che altro non è se non il rovescio della libertà di associazione. Bisogna perciò escludere il finanziamento statale giustificato su questa base e provvedere, piuttosto ad altre forme di aiuti indiretti come ad esempio in Francia . (27)

Per quanto concerne il movimento sociale italiano, esso non assume sino agli anni settanta una posizione ufficiale in ordine al problema. A titolo personale, l'on. Almirante (segretario nazionale del partito) è tuttavia favorevole alla soluzione del finanziamento pubblico che dovrebbe però accompagnarsi al riconoscimento giuridico dei partiti ed al controllo dei loro bilanci. L'organo investito di tale controllo potrebbe essere, secondo il giudizio del parlamentare del MSI, la Corte dei Conti. (28)

Favorevole ad un finanziamento dei partiti, che sia però svincolato da ogni controllo statale, è invece il partito socialista di unità proletaria. La tesi che l'on. Lelio Basso aveva espresso nel 1963, nel dibattito promosso dal Movimento Salvemini, è stata riaffermata in modo organico in un'ampia relazione scritta dal parlamentare nella sua qualità di presidente di una commissione costituita in seno all'ISLE (Istituto per la documentazione e gli studi legislativi), allo scopo di approfondire i problemi del riconoscimento, della regolamentazione e del finanziamento dei partiti politici. (29)

Nella sua comunicazione al convegno del Club Turati, Lelio Basso ha ulteriormente approfondito la natura dei problemi che giustificherebbero il finanziamento pubblico, anche alla luce delle obiezioni che vengono mosse al riguardo. Su quest'ultimo argomento agli ha aggiunto: »Si dice che questo sistema renderebbe difficile la nascita dei partiti nuovi; in realtà non si vede perché essa dovrebbe essere più difficile di quanto lo sia stata oggi; dato che neppur oggi un partito nuovo gode di finanziamento statale e deve arrangiarsi con i propri mezzi. D'altra parte se un partito si scinde, e la nuova formazione costituisce un gruppo parlamentare distinto, il finanziamento originario potrebbe essere diviso in base alla consistenza delle forze parlamentari . (30)

»Un ultimo importante problema - dice Basso - è quello del controllo. Abbiamo già affermato la nostra avversione a qualsiasi forma di controllo e dobbiamo riconfermarla anche a proposito del finanziamento. Anche in Germania, dove pure si cerca di arrivare ad una vera e propria integrazione dei partiti, l'idea del controllo non trova molti fautori . (31)

Il partito repubblicano è l'unico movimento politico che, oltre ad essere ufficialmente favorevole ad un finanziamento statale dei partiti ha elaborato proposta per una loro regolamentazione. Due anni dopo le proposte di San Pellegrino, il PRI infatti nel marzo del 1965 promosse a Roma, un convegno di politica costituzionale nel quale venne esaminato e discusso uno schema normativo per una disciplina giuridica del partito politico.(32)

Esso prevede che il partito acquisti una sua figura ed una sua autonoma capacità giuridica e considera in particolare i seguenti punti: personalità giuridica di diritto privato (presupposto imprescindibile non solo del finanziamento pubblico, ma anche di ogni possibile riconoscimento ulteriore del loro ruolo nella vita politica), da conseguirsi mediante la consegna dello statuto alla Corte Costituzionale, pubblicità degli statuti (33) ed obbligo di dare conoscenza delle ulteriori modifiche; distinzione fra organi deliberativi, esecutivi e di controllo; durata limitata per le gestioni commissariali; rappresentanza delle minoranze in tutti gli organi deliberativi e di controllo. (34)

Il problema di un intervento pubblico a favore dei partiti venne dibattuto, all'interno del partito repubblicano, soprattutto da Paolo Ungari, segretario della Commissione problemi dello Stato del PRI. In vari scritti ed interventi egli ha avuto più volte occasione di esporre i motivi che giustificano e postulano la soluzione del contributo statale. Sulle colonne del quotidiano »La Voce Repubblicana , organo ufficiale del partito, egli ha fatto rilevare: »L'intero problema si riduce nel trasformare procedure anomale e singolari di finanziamento dei partiti in procedure legali. Si dice: allora perché volerle legalizzare quando l'arrangiamento che oggi funziona, in qualche modo funziona?

Ma perché, semplicemente, quello che oggi funziona... è un pessimo arrangiamento. Ciò per tre ragioni almeno. La prima è che il tipo di arrangiamento con cui oggi si finanziano i partiti è troppo costoso per lo Stato... Non solo è più costoso, ma è anche meno sicuro, perché il finanziamento in questi casi giunge non al partito come ente, ma a certi uomini, correnti, intermediari, fiduciari, segretari e così via. Ma la terza ragione... risiede precisamente nella sicurezza che sia il partito ad avere la disponibilità di tali somme, non singoli uomini . (35)

3. LO SCHEMA LEGISLATIVO DEL CLUB TURATI SUL FINANZIAMENTO DEI PARTITI

P. Ungari predispose nel 1968 anche uno schema per il Club Turati che oltre ad ipotizzare l'introduzione nel nostro sistema del finanziamento pubblico dei partiti, presentava le seguenti caratteristiche principali.

L'acquisto della personalità giuridica di diritto privato da parte del partito avviene con l'iscrizione presso il registro dei partiti politici istituito presso la Corte Costituzionale.

Il progetto del Club Turati prescrive l'obbligo che gli immobili e i beni immobili registrati appartenenti al partito siano ad esso intestati.

Non è consentita alcuna ingerenza dell'esecutivo sui partiti che abbiano acquisito la personalità giuridica. Inoltre, non è sufficiente che un raggruppamento qualsiasi di cittadini decida di chiamarsi »partito politico , perché vi consegua l'attribuzione automatica della personalità giuridica. Lo schema in esame prescrive per la registrazione requisiti minimi di rappresentatività. Quali sono questi requisiti?

Innanzitutto la presentazione da parte del partito di proprie liste in un determinato numero di circoscrizioni o collegi nelle ultime elezioni generali e l'aver ottenuto almeno un seggio in Parlamento. Inoltre, lo statuto deve indicare l'organo che abbia la rappresentanza giuridica e processuale del partito e gli organi che su scala nazionale siano competenti per il controllo finanziario. Per finire lo statuto deve indicare le organizzazioni territoriali decentrate del partito, che dovranno determinare i criteri di ripartizione. Un'altra questione riguarda la determinazione dei partiti ai quali spetti il finanziamento pubblico. Il criterio adottato dallo schema del Club Turati è quello di circoscrivere il finanziamento ai partiti, registrati ai sensi dello schema medesimo, ai quali corrisponda in uno dei due rami almeno del Parlamento un gruppo costituito ai sensi del rispettivo regolamento. Gli stanziamenti vengono stabiliti al momento formativo delle Camere, il che consente di non comprendere nella rip

artizione i partiti derivanti da scissione. L'articolo 6 introduce il principio della pubblicità dei bilanci. La differente impostazione rispetto alla proposta Sturzo è evidente in questo punto: non si richiede, nel progetto del Turati, che il partito renda conto di ogni entrata e di ogni uscita. L'obbligo della pubblicità si riferisce solo agli introiti e alle spese relative ai contributi statali. (36)

4. LO SCHEMA DEL MOVIMENTO DI OPINIONE PUBBLICA PER IL FINANZIAMENTO E SOSTEGNO DEI PARTITI

Un più rapido cenno, infine, può dedicarsi allo schema definito nel giugno '70 dal Movimento di Opinione Pubblica. Caratteristiche essenziali della proposta sono:

la combinazione di contributi statali in denaro, di prestazioni in beni e servizi e di agevolazioni diverse, il potenziamento e sostegno della attività di studio, e in genere »prelegislativa esercitata dai gruppi parlamentari delle due Camere; il divieto ai partiti di accettare determinati finanziamenti; il riconoscimento della personalità giuridica e la pubblicità di statuti e bilanci; un sistema di sanzioni amministrative (sospensioni di prestazioni e contributi) e anche penali per le inadempienze.

Tra le forme di sostegno previste, presenta un certo interesse la diretta corresponsione di stipendi e indennità ai funzionari dei partiti. Altre norme di notevole rilievo prevedono la destinazione di una quota dei contributi pubblici alle organizzazioni periferiche del partito, che vuole essere una risposta ai timori, manifestati da più parti, di un ulteriore potenziamento autoritario delle centrali nazionali, che potrebbe derivare dal finanziamento; e la ripartizione o il cumulo dei contributi in relazione a eventuali scissioni o fusioni. (37)

 
Argomenti correlati:
finanziamento pubblico
craveri piero
rossi ernesto
movimento salvemini
san pellegrino
leone giovanni
forlani arnaldo
pci
bozzi aldo
almirante giorgio
pri
stampa questo documento invia questa pagina per mail