"Siamo solo al secondo tempo della prima Repubblica: l'atto finale si preannuncia cupo""Elettori, guardate le persone per ciò che sono e sono state e imparate a distinguere..."
Parlano i leaders. Nostra intervista a Marco Pannella che attacca legge elettorale e partiti "Hanno ancora in testa la logica delle ammucchiate". E alza il tiro soprattutto contro un bersaglio...
di Francesco Jori
SOMMARIO: Nell'intervista preelettorale, Marco Pannella puntualizza ancora una volta le caratteristiche essenziali della presenza della Lista Pannella e dei Riformatori nella competizione: non è vero che essi si siano presentati "con Bossi e Berlusconi"; le difficoltà nella raccolta delle firme sotto le liste vengono dalla farraginosità della Legge Mattarella, che non produce l'alternativa ma l'ammucchiata partitocratica; non è vero, se non in un caso, che la Lega abbia contestato i candidati riformisti o della Lista Pannella; la sua scelta di candidarsi a Roma contro Fini ha un'alta valenza politica...
(IL GAZZETTINO, 12 marzo 1994)
D. Marco Pannella: un anno fa, cosa avrebbe risposto se le avessero detto che lei alle elezioni politiche si sarebbe presentato insieme con Bossi e Berlusconi?
R. "Che tutto è possibile, tutto si può immaginare. Non sto rivendicando uno spazio profetico, anche perché io non mi sono presentato alle elezioni con Bossi e Berlusconi. La lista Pannella è presente in gran parte delle circoscrizioni, e moltissimi collegi vedono i candidati della lista Pannella correre sotto il simbolo "Riformatori". Sotto i simboli di Forza Italia e Lega Nord sono stati candidati alcuni esponenti del Movimento dei club Marco Pannella: Emma Bonino a Padova, Peppino Calderisi a Camposampiero, Sergio Stanzani a Verona. Le pare che questo significhi che ci siamo presentati insieme con Bossi e Berlusconi?".
D. Ma Berlusconi è di troppo o no in politica?
R. "All'amico Berlusconi per mesi sono andato ripetendo che sarebbe stato un errore scendere in campo, un errore che gli avrebbero fatto pagare caro; e quanto succede in questi giorni lo conferma. Tuttavia è innegabile che la presenza di Forza Italia ha creato difficoltà e paure nel cosiddetto fronte progressista, che ha scelto di demonizzare Berlusconi e di valorizzare Fini".
D. Perché il suo movimento, che nella raccolta di firme ha alle spalle un'esperienza come nessun altro, si è trovato in difficoltà nel raccogliere le firme per le liste in queste elezioni?
R. "Tutti i gruppi politici si sono trovati in difficoltà nel raccogliere le firme di sottoscrizione. Per la semplice ragione che la legge Mattarella - Salvi è una legge criminale e criminogena che noi abbiamo combattuto in Parlamento, e che cercheremo di abrogare con i referendum per cui abbiamo raccolto milioni di firme".
D. Nel Veneto siete stati esclusi: se l'è messa via?
R. "L'ultima parola dovrà dirla il Tar il 16 marzo. Il movimento dei club ha raccolto nelle due circoscrizioni venete oltre 4500 firme regolarmente vidimate e certificate. Si è fatto pagare alla nostra lista il costo di una normativa borbonica e farraginosa; la commissione non si è presa nemmeno la briga di vedere quanti precedenti erano stati risolti dal Consiglio di Stato. Il dubbio che in quanto è avvenuto ci sia una radice politica, sembra difficile dissolverlo".
D. Tutti o quasi dicono che nella prossima legislatura bisognerà rifare la legge elettorale. A quale sistema è favorevole?
R. "Tutti lo dicono, noi lo facciamo. Abbiamo raccolto e consegnato in Cassazione, per i soli referendum elettorali, due milioni e mezzo di firme. Quei referendum eliminano la residualità partitocratica - proporzionale, e realizzano finalmente il sistema uninominale secco, in cui vince chi prende più voti. Certo, non basta cambiare solo il sistema di elezione del Parlamento occorre completare la riforma con l'elezione diretta del potere esecutivo, all'americana. Oggi molti parlano di questo, ma ho l'impressione che si ispirino ai sistemi presidenziali sudamericani, e non a quelli degli Stati Uniti".
D. La legge elettorale doveva favorire maggioranze alternative, invece in molti parlano già di governo istituzionale, di solidarietà nazionale eccetera. Si torna, anzi si resta, alle grandi ammucchiate?
R. "La legge Mattarella-Salvi è un sublime esempio partitocratico che non si è posto neanche alla lontana l'ipotesi di creare le condizioni per l'alternarsi di maggioranze, cioè le condizioni per la costituzione di un bipartitismo (non bipolarismo) che solo consente l'alternarsi e la distinzione tra maggioranza e opposizione. La filosofia di fondo di questa legge è consociativa, e tende a far sopravvivere l'erede grasso della partitocrazia, il Pds con i suoi averi. Non si torna alla solidarietà nazionale o alla grande ammucchiata perché mai ci si è distaccati. Ora siamo in una situazione in cui Occhetto e tanti piccoli portatori d'acqua hanno messo le mani sullo Stato e sul Paese, dalla Rai alla finanza, esaltando le corporazioni e il parassitismo assistenziale, e chiamando tutto questo "nuovo". Questo è il secondo tempo della prima Repubblica, e non siamo ancora arrivati all'atto finale che, come in tutte le tragedie, si annuncia fortemente cupo".
D.
In Veneto la base leghista (soprattutto a Verona e a Camposampiero) ha duramente contestato i candidati della Lista Pannella, sottolineando tra l'altro il loro non radicamento col territorio, contrario allo spirito del collegio uninominale. Cosa risponde a queste obiezioni?
R.
"Se la legge che regola queste elezioni fosse stata veramente uninominale, allora avremmo potuto prendere in considerazione lo spirito del collegio uninominale. In realtà la filosofia di queste elezioni è ancora più proporzionalista di prima: e il collegio, lungi dall'essere quel luogo politico dove territorio, società e candidati sono un tassello del Paese, è ancora retaggio di clientelismo, di lottizzazione e quant'altro".
D.
Ma le contestazioni?
R.
"Quelle che lei chiama contestazioni sono riferibili a un solo incidente avvenuto a Camposampiero, dov'è candidato Calderisi. Da allora, Calderisi ha fatto decine di incontri con leghisti e cittadini del collegio, e tutto è sempre avvenuto all'interno di un riconoscimento reciproco civile e cordiale".
D.
Dentro ogni polo ciascuno litiga con tutti gli altri. Non è una presa in giro dell'elettore rispondere a questa constatazione spiegando che sono solo accordi elettorali, e non politici?
R.
"Certo, ha ragione: in ogni polo si litiga. Ma non è questa la logica delle ammucchiate? E' probabile che in certi momenti parlare di accordi elettorali e non politici possa essere un espediente capace di nascondere la mancanza di iniziativa programmatica e di governo. Noi siamo contro i poli, siamo per il bipartitismo, dove un programma si confronta con un altro e vince il più convincente. Ma in questa ipotesi difficilmente troverebbero spazio gli Occhetto, i D'Alema, gli Scalfari pronti a polarizzarsi anche con Fini pur di non levare le mani dallo Stato e del Paese".
D.
Tanti elettori sono ancora incerti: che cosa suggerirebbe loro per arrivare a maturare una scelta?
R.
"Non è un suggerimento, è un invito a guardare con attenzione quello che succede, a distinguere tra menzogna e proposta, e soprattutto a guardare le persone per quello che sono e che sono state. Ma dubito che questo esercizio di democrazia sarà consentito ai cittadini, con l'attuale sistema di informazione pubblico diventato megafono degli epigoni della partitocrazia, e con i grandi quotidiani nazionali messi in fila dalla lezione Scalfariana".
D.
Lei ha scelto di correre in un collegio con una concorrenza molto severa, dove dovrà vedersela soprattutto con Fini. Perché l'ha fatto, e quante probabilità reali di successo conta di avere?
R.
"Se Fini è diventato un protagonista, il merito è solo del Pds che a Roma e a Napoli ha rispolverato i vecchi scheletri contrapposti di destra e sinistra. A Roma Fini rappresenta tutto quanto noi abbiamo combattuto e combattiamo da sempre: dal proibizionismo sulle droghe, alla pena di morte, al finanziamento pubblico ai partiti; e potrei continuare l'elenco ancora a lungo. Correre in quel collegio è un impegno politico e un avvertimento contro la logica imbarbarita dei polarismi elettoralistici. In quest'ottica molti collegi romani possono fornire a tanti uomini del regime partitocratico un passepartout e una nuova verginità. Andare contro il ritorno a un bruttissimo passato le mie mani disarmate non è un atto di resa, ma una scelta che avrà certamente conseguenze visibili. Io sono abituato a lottare per obiettivi apparentemente impossibili".
D.
Dopo le elezioni, attraverso quali percorsi ed iniziative manderà avanti la costruzione del Partito Democratico? E quando ritiene che potrà nascere in concreto?
R.
"I percorsi del partito democratico sono tracciati da quei tredici referendum che siamo riusciti a portare nell'agenda politica del prossimo anno. Se nel nuovo Parlamento i cittadini avranno l'accortezza di mandare un compatto gruppo di candidati del mio movimento, il partito democratico avrà l'iniziativa legislativa, e quindi la possibilità di tracciare le regole entro cui far nascere lo Stato di diritto e la democrazia. Il partito democratico è una necessità ineluttabile. Noi ci poniamo come promotori, ma esso è nella realtà, nel senso che ogni altra strategia di mutamento magari ci fosse, non potrebbe non misurarsi con esso, o essere collaterale ad esso".