di Marco TaradashSOMMARIO: Il deputato antiproibizionista al Parlamento Europeo Marco Taradash commenta la richiesta di dimissioni dal Gruppo dei Verdi avanzata dal presidente Paul Lannoye. L'impegno di Taradash in "Forza Italia" sarebbe incompatibile "con i valori e il progetto politico dei Verdi". Schierando il loro Sole all'ombra della Quercia i Verdi si sono garantiti un certo numero di deputati e senatori, eletti per lo più nelle regioni rosse, ma hanno perso ogni identità e ogni capacità di iniziativa ambientalista
(L'INDIPENDENTE, 27 aprile 1994)
Sono stato dunque espulso dal gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo? Non proprio. Diciamo che sono stato vivamente pregato di autoespellermi, visto che - mi scrive uno dei due presidenti del gruppo Verde, il belga Paul Lannoye - "il tuo impegno a fianco di Forza Italia, ieri durante la campagna elettorale, oggi in appoggio di un governo sostenuto dall'estrema destra, è incompatibile con i valori e il progetto politico dei Verdi e del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo".
Di qui la richiesta di "lasciare ufficialmente il Gruppo al più presto". Entro e non oltre il 27 aprile, per essere precisi, cioè oggi, di modo che nell'ultima sessione di questa legislatura l'assemblea di Strasburgo ne possa prendere atto. L'avviso di sfratto è cortese, si conclude addirittura con un "grazie della tua comprensione". Nessuna epurazione staliniana, insomma, soltanto una depurazione ecologica.
Questi i fatti. Personalmente l'idea di sgomberare una poltrona verde nell'emiciclo, non mi crea nessuna turba psicologica. Però, prima di fare fagotto, avrei voluto capire, e soprattutto far capire, agli amici Verdi italiani ed europei, le ragioni di fondo di questo divorzio. Ma la discussione politica che avevamo convenuto di fare non c'è mai stata, perché altre cose premevano. Di rinvio in rinvio siamo arrivati alla mia elezione a vicepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera e al conseguente ultimatum.
Ma forse parlare di politica sarebbe stato inutile: i Verdi italiani hanno scelto di fare le ghiande sotto la Quercia, e così anche i Verdi europei, come i Socialisti europei fomentati dal PDS che vi si è incastrato dentro, continueranno a credere alle favole che la stampa internazionale - e magari anche qualcuno fra gli italiani - racconta. Vale a dire che Berlusconi rappresenta "un pericolo per la democrazia" (così pensano - e mi hanno scritto - prima delle elezioni, i Verdi europei), che l'Italia naviga alla deriva verso l'estrema destra, e soprattutto che il PDS e i Progressisti rappresentano tutto il bene, il vero e il bello della vita politica italiana.
Una cosa vorrei però far sapere a tutti i miei amici Verdi: che non credo affatto alla sopraggiunta incompatibilità fra i loro valori e i miei, di radicale e di antiproibizionista, "sebbene" eletto oggi alla Camera col sostegno di Forza Italia. O meglio, se incompatibilità c'è oggi, allora vuol dire che c'è stata anche in passato.
Le ragioni che mi hanno spinto, insieme ai miei compagni delle Liste Pannella e dei Riformatori, a schierarmi contro il cosiddetto cartello dei "progressisti" sono e restano infatti le stesse che hanno guidato le mie scelte politiche in passato. Queste ragioni hanno portato non soltanto i libertari ma anche, spesso, gli ambientalisti, a opporre lotte concrete e puntuali per le libertà civili e per i diritti ambientali non soltanto alla DC e ai suoi alleati ma anche alle pretese egemoniche, di apparato e culturali, di una sinistra in larga misura illiberale e viziata da pratiche sistematiche di compromesso e spartizione.
Forse i Verdi non se ne sono accorti, ma il blocco sociale conservatore, fatto di banche e Mediobanca, di RAI e di Procure della Repubblica, di boiardi pubblici dell'industria bancarottiera di Stato e di boiardi privati del capitalismo senza capitali, di corporazioni parassitarie e di sindacati protetti, si è aggrappato negli scorsi mesi con tutte le sue forze al PDS, non foss'altro perché questo era - ed è - l' unico partito sopravvissuto al regime consociativo, con pienezza di patrimonio e di apparato e, per giunta, con presunta illibatezza morale.
Schierando il loro Sole all'ombra della Quercia i Verdi si sono garantiti - è vero - un certo numero di deputati e senatori, eletti per lo più nelle regioni rosse, ma hanno perso ogni identità e, se ancora ne avevano, ogni capacità di iniziativa ambientalista. Spero di sbagliarmi, ma temo di no. E allora, consumato questo divorzio europeo, che cosa aspettiamo, amici Verdi, a intrecciare di nuovo in Italia qualche relazioncella, almeno per impedire che al simbolo del Sole Che Ride qualcuno finisca per sostituire - definitivamente - quello della Ghianda?