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Pazzi Roberto - 12 marzo 1995
DI LASCIA SCRITTRICE "UNICA"
di Roberto Pazzi

"Passaggio in ombra " è proprio bellissimo, ma non avrà séguiti

SOMMARIO. Secondo l'A., a Mariateresa Di Lascia è stata almeno risparmiata la sorte che tocca a tanti giovani autori, costretti dalla macchina editoriale, pubblicitaria, televisiva, a ripetere costantemente se stessi, in uno sforzo dissennato e teso solo a prolungare il primo successo, pena la dimenticanza e l'abbandono. Nessuno dei buoni letterati, da Bassani a Calvino, frequentava gli studi televisivi, come purtroppo si è oggi costretti a fare. Il romanzo della scrittrice pugliese ha nelle sue pagine migliori le qualità che furono dell'opera della Morante. Ancora una volta, dal mezzogiorno ci viene un autentico "gioiello".

(IL RESTO DEL CARLINO, LA NAZIONE, 12 marzo 1995)

"Muor giovane chi è caro agli dei" dicevano gli antichi e talora anche noi siamo tentati di crederlo superando la naturale pietà che una morte prematura ci ispira. Quando si dia il caso di un'autrice mancata a quarant'anni, che lascia un solo romanzo pubblicato, di qualità stranamente alta, con una scrittura che spesso rammenta l'incanto fra il fiabesco e il visionario della migliore Morante, quella di "Menzogna e sortilegio", e lascia al lettore il piacere di domandarsi che cosa avrebbe potuto dare ancora alla narrativa, preservata dalla dannazione di produrre romanzi per "confermare il suo talento", per far di nuovo gridare al miracolo, come si fa a non credere che gli antichi avessero ragione? In questi giorni leggevo la pubblicità di un romanzo di una giovane scrittrice italiana, giunta alla sua ennesima prova in pochi anni; e mi faceva non poca tristezza quell'immancabile commento a piè del titolo, di un noto critico letterario, sulla conferma del valore della giovane scrittrice milanese. Conosciamo ben

e il tormento che si cela dietro quelle conferme, l'orrenda macchina editoriale che pretende sempre nuovi e rapidi prodotti da chi si è distinto con la sua opera prima. Pena l'oblio e la scomparsa di scena entro pochi mesi, in una società letteraria che si nutre di parametri televisivi di divismo, di personaggi che si sovrappongono allo scrittore. Ma quante volte Calvino si faceva vedere da Costanzo o da Pippo Baudo?

Li abbiamo mai visti Bassani o Calvino, al festival di Sanremo? Mariateresa Di Lascia nella tragedia umana della sua prematura scomparsa - era nata a Rocchetta Sant'Antonio, in provincia di Foggia, il 3 gennaio 1954 ed è mancata a Roma lo scorso settembre - ha avuto questa sicura grazia letteraria; verrà risparmiata da quell'onnivora macchina editoriale che cerca sempre il nuovo per poter rinnovare se stessa, incapace di seguire nel vecchio ciò che si rinnova fedele a un'ispirazione, a un mondo, a un'esperienza.

Chi leggerà "Passaggio in ombra" - appena pubblicato da Feltrinelli - forse sarà influenzato dalla fine prematura dell'autrice ma verificherà in tutte le pagine quel leggero tocco magico che immediatamente dà il destino del personaggio: è dei veri romanzieri donare in poche righe sul personaggio il presentimento di tutto quello che vivrà e dirà. E' la storia di una bambina, Chiara, nata nella Puglia degli anni Cinquanta, da Anita, una levatrice comunale che non è stata sposata dal padre della sua creatura. La parola "bastardo", parola chiave che Chiara col misterioso istinto dei bambini subito apprende, riverbera nel destino della bambina divenuta una bella ragazza, ormai mancata la madre proprio quando era in procinto di essere sposata dal padre di Chiara, Francesco. Perché Chiara si innamorerà, senza sapere che quel ragazzo è suo cugino, di Saverio, il giovane di cui sia la madre che la zia Giuseppina spesso parlavano in modo trepido e allusivo. Anita e Francesco, da una parte vivono la perfetta coincidenz

a dell'amore con la colpa, come se l'assoluto cui tendono le donne di questo romanzo porti con sé l'esito naturale e unico della solitudine del sogno. Notevole è il punto di vista dell'autrice mentre narra la sua autobiografia dell'infanzia: si avverte che non si proietta nel futuro ma nel passato, arresa a gustare la vita nell'eco della memoria, perduta l'innocenza (ecco il mito morantiano) favolosa dello sguardo di Chiara bambina. E' difficile, lo ammettiamo, non associare questa resa alla memoria al presentimento di un orizzonte già concluso nel futuro; e anche il titolo, "Passaggio in ombra", congiura a suggerire un'inconscia preveggenza e volontà di fuga. Il romanzo è un altro gioiello che ha saputo donarci il Meridione del paese, dove i rapporti fra gli esseri umani fino a ieri parevano ancora fedeli a leggi arcaiche e archetipiche lontane dalle società di massa, un po' sospese e atemporali come quella delle fiabe. Lo sguardo di una donna, la sua particolare prospettiva di giudizio così poco tesa al fa

re e protesa all'essere, arricchisce una prova narrativa che non subirà confronti, come una specie di "macchina celibe".

 
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