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Di Robilant Filippo - 7 aprile 1995
AIDS E PANDEMIA
di Filippo di Robilant

SOMMARIO. Relazione al Congresso del partito Radicale di Roma, 1995. Deplora che il partito non abbia saputo, o potuto, avviare una seria campagna. Definisce l'AIDS come problema sanitario condizionato dai comportamenti sociali, dalla discriminazione, ecc. Occorre comunque guardarsi dagli atteggiamenti catastrofisti del "non c'è nulla da fare", che sono ormai fatti propri dai governi. Indica infine quali debbano essere i parametri validi per una seria campagna "politica" sull'AIDS e le pandemie in genere.

In questa mia breve relazione sull'AIDS intendo toccare alcuni punti, cominciando con l'esprimere un rammarico: il rammarico che la posizione del PR sull'AIDS e le pandemie in genere sia appunto rimasta tale, solo una presa di posizione, senza svilupparsi in una campagna di mobilitazione politica, con uno calendario proprio che, malgrado tutto, poteva essere "inventato", tallonando da vicino alcune importanti scadenze istituzionali. I motivi di questa situazione sono tanti, ma in buona sostanza il motivo di fondo è quello che spesso andiamo ripetendo, ossia che per fare politica non basta avere idee innovative ma bisogna avere risorse, sia umane che finanziarie, in mancanza delle quali si rende necessario operare delle scelte diverse, fissare delle priorità magari "altre."

Allora, oggi, va subito detto che il divario tra la pandemia dell'AIDS ed il livello e l'intensità della nostra risposta si sta rapidamente allargando, accentuando progressivamente la vulnerabilità personale e collettiva al virus dell'HIV. L'AIDS è un problema sanitario inestricabile dal comportamento individuale e collettivo, fortemente influenzato dalle tendenze sociali in senso lato, dalla discriminazione in senso stretto. Da questo punto di vista, l'AIDS non ha nulla di originale ma rientra nella normalità delle maggiori emergenze sanitarie. Per questo abbiamo sin dall'inizio insistito in particolare sulla non discriminazione, a tutti i livelli, dei sieropositivi e per l'affermazione dei loro diritti; è essenziale, inoltre, ricordare l'importanza della "triade della prevenzione": informazione/educazione, servizi sanitari e sociali funzionanti, un ambiente che sostenga anziché emarginare. Con questa impostazione, piuttosto che con la visione dell'AIDS come fenomeno autonomo e unico in sé, possiamo meglio

capire e combattere la pandemia.

Alcuni sostengono che l'AIDS ci ha reso più vigili rispetto ai virus emergenti. Non è così; mi sarebbe piaciuto che fosse vero. All'opposto, altri dicono che c'è poco da fare se non aspettare di essere travolti dalla valanga: ecco, io penso che, di fronte alla prospettiva di immani pandemie, quest'ultimo atteggiamento (fatalista e rinunciatario) sia quello che ha predominato nelle politiche portate avanti finora dai governi e dalle maggiori istituzioni sanitarie nel mondo.

Vero è che in questi ultimi cinquant'anni la Terra, su scala ambientale, è diventata davvero minuscola; l'atmosfera, gli oceani... non sono più infiniti. E sono poche le persone che si adattano alla realtà di una Natura lontana dall'essere benigna o, comunque, una Natura che fatalmente non predilige affatto l'essere umano rispetto ad altre specie.

Quindi, innegabilmente, al PR va il merito di aver parlato per primo in termini "politici" di virus emergenti e non solo di AIDS. Perché abbiamo voluto guardare al di là della contingenza AIDS? Per esempio, perché per l'Ebola - il terribile virus mortale che si trasmette per via respiratoria - alcuni casi sono stati localizzati nel passato in Africa, ma il virus finora non è riuscito a fare il salto di qualità e diventare fenomeno globale. L'AIDS sì, invece. Questo ci poneva di fronte ad una serie di interrogativi: esistono strategie per anticipare, scoprire, e poi prevenire future epidemie dovute a nuovi virus o alla riapparizione di vecchi? Siamo in grado di inventare contromisure per evitare nuovi flagelli? Un quadro giuridico-istituzionale da attuare su scala globale è previsto per i virus, i quali per definizione e in potenza non conoscono né limiti di tempo né di spazio? Queste sono alcune delle domande che, a partire dall'Assemblea di Sofia, ci siamo posti.

A Sofia abbiamo fatto una proposta, non circoscritta nei limiti di confini nazionali, ma una proposta transnazionale: dal momento in cui l'AIDS è stato definito come un problema sanitario globale, solo una mobilitazione globale era concepibile per fronteggiarlo. Quindi abbiamo fornito non solo una visione politica globale ma, concretamente, una proposta per costruire un quadro giuridicoistituzionale coerente, attraverso la creazione di uno strumento multilaterale democratico, ossia una Convenzione delle Nazioni Unite, i cui contenuti abbiamo delineato e che troverete nell'esaustiva relazione della Segretaria.

In conclusione, e riepilogando, nel caso di pandemie, ieri come oggi, dobbiamo prendere atto che: a) non esistono definizioni o classificazioni ufficiali per le contingenze epidemiche;

b) le risposte alle emergenze vengono effettuate su basi ad hoc;

c) non esiste una procedura ufficiale per determinare quale, o quali organizzazioni a livello internazionale devono assumere la responsabilità amministrativa, tecnica e finanziaria, per non parlare di responsabilità politica;

d) l'assenza di una rete di comunicazione ben definita impedisce una risposta efficace da parte delle varie istituzioni internazionali.

Come abbiamo denunciato a chiare lettere a Sofia, l'OMS, pur riconoscendole forse un ruolo di capofila , non è in grado da sola di fronteggiare l'emergenze. Con un bilancio annuale di $ 250 milioni non gestirebbe neppure un ospedale di una città di media grandezza, figuriamoci i bisogni di più di 160 Paesi membri e di miliardi di persone! Certo, questa proposta, come tante altre proposte radicali del passato, è andata a scontrarsi con degli interessi precostituiti, con le burocrazie organizzate...

Ma io invito i dirigenti del PR, che emergeranno da questo Congresso, di riprendere le fila di questa battaglia e di rilanciarla politicamente; bisogna agire, e unirsi a tutti coloro che intendono combattere contro la cosidetta "conservazione della catastrofe" che è ormai diventata la lotta all'AIDS.

 
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