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Notizie Radicali - 2 agosto 1997
NR: Antiproibizionismo/Lettera aperta di Marco Pannella

LETTERA APERTA AI MIEI GIUDICI (CHE SO ESSERE STIMATI E STIMABILI, FORTUNA NON SEMPRE ASSICURATA A TUTTI)

SOMMARIO: Nella lettera che Marco Pannella invia ai giudici che lo devono giudicare per cessione di stupefacenti egli afferma che la portata, giuridica e penale, del fenomeno droga nel contesto proibizionista rafforza la giustezza dell'analisi antiproibiozionista. La lotta si deve fare attraverso l'esecuzione dei crimini indicati dalle leggi proibizioniste. Pannella spiega la sua rinuncia alla difesa. (Notizie Radicali, Nr 6 del 2 Agosto 1997 - Pag 11)

Signori del Tribunale, (...) basta oggi sostare - come torna ad accadermi sovente - nei corridoi di questo Palazzo o visitare lecarceri, per constatare come il numero dei processi contro imputati di cessione di "droga" sia ormai altissimo e insopportabile: insopportabile non solo per i cittadini processati, ma per la stessa amministrazione della giustizia e della polizia.

(...) Sono ormai trent'anni che lotto pubblicamente contro il formarsi, l'estendersi e la mostruosa crescita del flagello "della droga", la cui tremenda forza conferma, nei fatti, le analisi e le previsioni che proprio una lettura antiproibizionista del fenomeno consente ed impone.

Non ho più tempo per attendere altri anni di regime criminogeno, distruttivo della stessa immagine della Legge e delle leggi, oltreché della vita di parti sempre più consistenti delle nuove generazioni.

Contro lo sterminio per fame nel mondo abbiamo combattuto, da nonviolenti, con la fame e la sete delle nostre lotte, ottenendo risultati che sono ignorati ma che hanno consentito la salvezza di milioni di vite. Ora, contro la droga, cioè contro questo flagello, è necessario lottare con la droga; contro leggi o giurisprudenze criminogene, con gli stessi "crimini" che queste producono e impongono; contro carcerazioni ingiuste, con il carcere. Abbiamo e nutriamo la speranza socratica - prima ancora che gandhiana - che la città, dinanzi alla denuncia dello scandalo di leggi o di sentenze ingiuste, le riformi e le migliori.

(...) La certezza del diritto non si ha laddove imperano bizantinismi giurisprudenziali o legislativi, laddove è impossibile rispettare (o, deliberatamente e responsabilmente, violare) le regole.

A questo punto, Signori del Tribunale, la stessa difesa rischia oggettivamente di divenire ricerca bizantina d'una qualsiasi sentenza d'innocenza, possibile semplicemente a chi ne abbia i mezzi. Questa difesa finisce non di rado per contare sul formarsi di "intime convinzioni" umane e civili nella coscienza delle persone-giudici, piuttosto che di loro "intime convinzioni" sul dettato delle leggi, e per secondare, dunque, in qualche misura, il manifestarsi di giudici che pretendano di fare o dire giustizia, anziché di applicare le leggi: cosa necessaria e conveniente comunque, anche se queste - come è noto - possono essere o apparire "ingiuste" alla coscienza di uno o anche dei più; anche se occorre, quindi, riformarle, e non già "interpretarle" fino a rendere sentenza di "innocenza" a chi la legge vorrebbe colpevole, o viceversa.

Ma urge imporre dibattito, consapevolezza, e certezza della legge, della sua ragionevolezza. Perciò, in questo processo, rispondendo anche ai sentimenti che ciascuno può vivere, a seconda dei momenti, con minore o maggior forza, mi difenderò non esercitando in alcun modo il diritto alla difesa; chiedendo, con fiducia, che in tal modo mi si assicuri quel processo rapido e certo che la Costituzione prescrive, e che leggi, ordinamenti e strutture troppo spesso impediscono di celebrare.

Sono passati quasi due anni dal fatto per cui mi dovete giudicare. Ora, quel che mi importa, la sola difesa che mi interessi è la vostra sentenza, nella speranza che la legge non obblighi a giudicare secondo la più assoluta e manifesta delle irragionevolezze, come la Corte Costituzionale - lo scorso anno - mi è parso volesse suggerire e decretare.

Signori Giudici, rispetterò comunque la vostra sentenza.

Dalla lettera inviata da Marco Pannella ai giudici della VII Sezione del Tribunale di Roma, che dovranno giudicarlo per i fatti di Porta Portese.

 
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