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Conferenza Antimilitarismo
Adamo Pasquale - 5 novembre 1996
Un generale molto esposto

Giulio Marcon *

Il 2 novembre, a due giorni dal 4 novembre, festa delle forze armate, viene

depositato un esposto alla magistratura sul caso del generale Angioni, gia'

capo della missione militare italiana in Libano. A presentarlo sono i

portavoce di alcune organizzazioni (Associazione per la pace, Pax Christi e

Associazione Obiettori Nonviolenti) che, a nome della campagna "Venti di

pace", chiedono alla magistraturadi fare luce su una violazione, non ancora

ufficialmente smentita, della legge 185 sul traffico delle armi. La legge

proibisce a quei funzionari del ministero della difesa preposti

all'attuazione della normativa di assumere incarichi in industrie

produttrici di armi, per i tre anni successivi alla loro fuoriuscita

dall'organico dell'amministrazione pubblica.

Il generale Angioni era fino al 6 settembre scorso segretario generale del

ministero della difesa e direttore nazionale degli armamenti, presso il cui

ufficio e' istituito il registro delle aziende che possono esportare armi ai

sensi della legge 185. Qualche giorno dopo la Mac-Marconi Alenia

Comunications Spa (una delle principali imprese italiane produttrici di

apparecchiature di trasmissione ad uso militare) comunicava con enfasi e

soddisfazione la nomina del generale Angioni a presidente del Consiglio di

amministrazione, notizia ripresa dal Secolo XIX, Corriere della Sera e dal

Sole 24 Ore .

La violazione della legge e' evidente. Il generale Angioni dovra' per forza

di cose rinunciare. Magari, dira' di essersi sbagliato o che la

Marconi-Alenia si era dimenticata di consultarlo prima di annunciare la

nomina. L'azienda forse sosterra' che quella per il momento era solo una

proposta o piu' probabilmente che non aveva ancora depositato il verbale di

nomina alla Camera di Commercio. Per ora Angioni tace, la Marconi-Alenia

pure e il governo - nonostante le interrogazioni dei senatori Stefano

Semenzato e Giovanni Russo Spena - fa finta di niente. Andreatta, in

un'intervista apparsa su Famiglia Cristiana giovedl scorso, afferma che per

quanto ne sa lui, Angioni avrebbe rifiutato la nomina optando invece per

una societa' del gruppo che - pare - faccia solo produzioni civili. Insomma,

tutti sono al lavoro per trovare furbescamente la scappatoia ed evitare la

figuraccia. Tra l'altro Andreatta dovrebbe dirci se intende prendere

provvedimenti verso la Marconi-Alenia: la legge stabilisce che in questi

casi le aziende siano escluse dalle licenze di esportazioni di armamenti

per due anni.

Sul traffico delle armi, gli scandali ormai non fanno piu' notizia: basti

pensare al caso piu' recente di Pierfrancesco Guarguaglini, amministratore

delegato dell'Oto Melara, tirato in causa da Pacini Battaglia. Nonostante

tutto cio', il mondo politico e' molto sensibile ai produttori di materiale

bellico. Sul finire della scorsa legislatura, un gruppo trasversale di

parlamentari (Forza Italia, Pds, Lega, An), molti dei quali rieletti nelle

ultime "politiche", aveva presentato una proposta di legge tale da

stravolgere la 185. Prevedeva la possibilita' di esportare armi a governi

sanguinari, a condizione che non le usassero per violare i diritti umani.

Sarebbe come dire: gli aerei a Saddam Hussein si possono vendere, basta che

ci assicuri di non usarli per bombardare i curdi.

Oggi, con la nuova legge finanziaria, il Parlamento si appresta ad

approvare un bilancio della difesa che prevede di spendere ben 800 miliardi

in piu' rispetto all'anno scorso per l'acquisto e la produzione di armi. Tra

questi, 50 miliardi per iniziare la fase di ricerca per una nuova portaerei

e altri 450 miliardi per la progettazione del caccia Efa. A produzione

ultimata, questi aerei coprodotti con Gran Bretagna, Spagna e Germania

costeranno oltre 16 mila miliardi, quasi una nuova tassa per l'Europa.

Tutto questo mentre diminuiscono i fondi stanziati per l'obiezione di

coscienza (nonostante aumenti il numero delle domande: quasi 45 mila) e non

e' previsto nulla per la partecipazione alle missioni di peacekeeping

dell'Onu o per bonificare i territori infestati dalle nostre mine.

Un Nuovo Modello di Offesa

Andreatta in una recente audizione in commissione ha ipotizzato per il

Nuovo Modello di Difesa (mai approvato dal Parlamento, introdotto

surrettiziamente con provvedimenti specifici) una spesa di oltre 100 mila

miliardi (!) in dieci anni, in gran parte destinati all'acquisto e alla

costruzione di armamenti. Il ministro spinge per una crescente

professionalizzazione delle forze armate e si fa alfiere di cio' che - al di

la' di lodevoli eccezioni, come le missioni di pace in Bosnia e in Mozambico

- non pur essere difeso cosi' com'e': un brontosauro militare di 350 mila

persone che ha prodotto 2.730 miliardi di sprechi (denunciati della Corte

dei Conti), oltre 2 mila tra ufficiali e sottufficiali inquisiti e

un'endemica commistione affaristica con il mondo industriale e delle armi.

Nonostante i litigi nella maggioranza sul futuro della difesa, ancora

nessuno dice quello che andrebbe veramente fatto: ridurre non solo il

periodo di leva, ma la dimensione e il numero delle forze armate, legare in

parte il loro utilizzo alle missioni di pace dell'Onu, riconvertire

l'industria bellica, rinunciando a fare affari sulle armi. Si tratta -ce lo

dira' anche il vertice mondiale della Fao dei prossimi giorni a Roma - di

svuotare gli arsenali per riempire i granai. L'Italia continua a fare

l'inverso: aumenta le spese per le armi e diminuisce quelle per la

cooperazione allo sviluppo. Non e' certo questo il modo migliore per

ospitare l'assise delle Nazioni Unite. Auguri alle forze armate, ad Angioni

e Andreatta; ma il 4 novembre ci sara' davvero ben poco da festeggiare.

*Portavoce Associazione per la pace

 
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