OSSERVATORIO INTERNAZIONALE
di Mao Valpiana
E' legittimo disobbedire alla guerra
Lunedi' 27 gennaio, l'autore di questo articolo, direttore del mensile Azione nonviolenta, e' stato assolto - insieme ad altri 16 pacifisti, tra cui molti del Movimento Nonviolento - "perche' il fatto non sussiste" dal tribunale penale di Verona .
Erano imputati di "blocco ferroviario" (pene previste da 1 a 6 anni), perche' il 12 febbraio del 1991 avevano fermato, con un'azione diretta nonviolenta alla stazione di Pescantina (Verona), un convoglio militare che trasportava carri armati americani del tipo M-88 provenienti dalla Germania e diretti in Arabia Saudita per la guerra del Golfo.
Furono molte le manifestazioni, lungo la linea del Brennero, da
Innsbruck a Bologna, contro il passaggio di quel treno che coinvolgeva attivamente l'Italia nella guerra del Golfo, violando l'articolo 11 della Costituzione ed il Diritto internazionale. La nostra presenza nonviolenta sui binari, con la fermata - seppur simbolica, per mezz'ora
- di quel treno militare, ha voluto dimostrare che la corsa alla guerra
non e' inarrestabile e che la legalita' deve e puo' essere ristabilita.
E' stato un processo lungo, avvenuto a sei anni dai fatti, dopo varie
udienze dal giudice per le indagini preliminari, con le deposizioni del teste di accusa (il poliziotto che ha guidato le operazioni di sgombero dei binari), dei testi a difesa (i giornalisti Muraro e Salzano), l'aula colma di pubblico (comprese alcune classi venute per una lezione di "educazione alla pace") e magistralmente condotto dal collegio di difesa formato dagli avvocati Sandro Canestrini, Nicola Chirco, Maurizio Corticelli, Giuseppe Ramadori, Guido Schettini.
Un processo che abbiamo voluto rovesciare per mettere sotto accusa
quelle istituzioni che preparano, finanziano, sostengono le guerre. Il nostro collegio di difesa c'e' riuscito!
Come imputati abbiamo letto in aula una lettera ai giudici nella quale dicevamo: "Sei anni fa, il processo che andiamo ad affrontare sarebbe stato un processo realmente politico; oggi la politica italiana ed internazionale guardano da un'altra parte, non hanno interesse a verificare i risultati di un'azione pur sempre politica, come e' stata la guerra nel Golfo. Quali sono stati i costi? Quali i benefici? Gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti? Il diritto internazionale ne e' uscito rafforzato? L'Onu ha retto l'emergenza? Il Kuwait, oggi, e' un paese libero? La nostra Costituzione e' stata violata? La nostra azione di resistenza attiva alla guerra, isolata e di pochi, era realmente sconsiderata?
Diciamolo francamente, non gliene importa piu' niente a nessuno! Ed
anche i giudici potrebbero tapparsi le orecchie per "attenersi
strettamente ai fatti contestati". Quelli che sicuramente restano, sono i problemi irrisolti che un folle agire militare, su entrambi i fronti, non ha saputo minimamente affrontare e, naturalmente, i morti, migliaia, decine di migliaia? Chi lo sa? La Cnn non si e' presa la briga di contarli e sicuramente neanche i giudici che dovranno emettere una sentenza sul nostro operato ne saranno a conoscenza. Puo' sembrare impossibile, ma mentre oggi noi possiamo sapere quante perdite vi furono durante la battaglia delle Termopili o quanti bersaglieri caddero con il generale La Marmora in Crimea, nessuno sa dirci quante vite umane e' costata quella che, con falso pudore, fu definita una "operazione di polizia internazionale". Forse ce lo dira', tra qualche secolo, una brillante spedizione archeologica!"
Nel corso dell'udienza abbiamo ascoltato anche due testimoni morali a
difesa, per la prima volta ammessi dopo tanti anni di processi politici:
Angelo Cavagna (sacerdote dehoniano di Bologna) che ha parlato della
teologia della pace e del Vangelo della nonviolenza, e Antonio Papisca (direttore della Scuola di specializzazione sui diritti dell'uomo e dei popoli, dell'Universita' di Padova) che ha illustrato i fondamenti di pace della Carta dell'Onu e della Costituzione italiana.
Angelo Cavagna
Padre Cavagna ha detto ai giudici che: "Nel caso della guerra del
Golfo, cui si riferisce il fatto contestato, l'immoralita' e perfino la illegalita' sono ancora piu' evidenti. Saddam Hussein da tempo
sterminava i curdi: io stesso partecipai a una manifestazione in Piazza Maggiore a Bologna, per denunciare tale crimine, cinque anni prima della guerra del Golfo: ma al tempo egli godeva della complicita' dei governi occidentali, che andavano a gara ad armarlo. Non era dunque la moralita' ma il petrolio e il predominio politico sull'area che interessavano loro.
Inoltre, e' stata violata la Costituzione italiana (art. 11), che vieta di risolvere con la guerra le controversie internazionali. Si disse che era un'azione di polizia internazionale: ma, perche' sia tale, non basta cambiare il nome all'esercito, occorre trasformarlo radicalmente, per "struttura e formazione", in "corpo di polizia internazionale", come dice esattamente il nuovo Catechismo degli adulti della Cei (La verita' vi fara' liberi, cap. 26). La immoralita' indubitabile della guerra del Golfo e' dimostrata da altri due fattori: l'informazione limitata sul teatro di guerra e la presenza di almeno mille bombe atomiche sulle navi americane pronte all'uso (si veda il Corriere della Sera di quei giorni). Il che, dice il concilio Vaticano II (Gaudium et spes n. 80),
e' "delitto contro Dio e contro la stessa umanita' e con fermezza e
senza esitazione deve essere condannato". Di fronte a tale immoralita', persone moralmente sveglie e lucide non solo possono, ma debbono opporsi con metodi ragionevoli e degni di una civilta', come quelli nonviolenti".
Antonio Papisca
Il prof. Antonio Papisca ha tenuto una vera e propria lezione di
diritto internazionale. "Nel famoso rapporto "Un'Agenda per la pace",
elaborato nel 1992 su richiesta del Consiglio di sicurezza,
Boutros-Ghali asserisce, con estrema chiarezza, che e' venuto meno
l'alibi del bipolarismo dietro cui si erano fino ad allora trincerati
gli stati per non mettere l'Onu nella condizione di operare
tempestivamente ed efficacemente. Il parlamento italiano autorizzo' la partecipazione armata dell'Italia alla coalizione comandata dagli Usa nell'assunto che si trattasse di "azione di polizia delle Nazione
Unite". Invece fu guerra, non gestita dalle Nazioni Unite e senza, per parte italiana, la "dichiarazione di guerra" prescritta dall'art. 78 della Costituzione.
Tutti ricordiamo il clima belligeno, angosciante, violento instauratosi nel paese con l'ausilio dei mass-media, in particolare della televisione: ci fu una vera e propria propaganda di guerra, nonostante l'esplicito divieto del citato art. 20 del Covenant internazionale sui diritti civili e politici. Nei dibattiti televisivi non fu consentita, come da molti richiesto, l'interpretazione puntuale della Carta delle Nazioni Unite e dei pertinenti articoli della Costituzione italiana, in particolare degli art. 11 e 78. Si attento' flagrantemente alla salute mentale e alla coscienza dei bambini e dei giovani e, piu' in generale, alla morale pubblica. Giova ricordare che Giovanni Paolo II insorse
contro questa illegalita', gridando, con esteso seguito popolare, che la guerra e' "avventura senza ritorno".
Il 24 ottobre del 1996, in occasione della celebrazione della giornata dell'Onu svoltasi nella Sala del Cenacolo (Camera dei Deputati) su iniziativa del movimento pacifista, il presidente della Commissione esteri della Camera ha dichiarato che il futuro dell'Onu e' oggi al centro della politica estera italiana e che l'Italia e' pronta a dare adempimento a quanto previsto dall'art. 43 della Carta. In questo stesso senso si e' dichiarato il ministro degli esteri Dini, pronunciando il suo discorso alla 51½ sessione dell'Assemblea generale dell'Onu.
Dunque, quanto oggi ufficialmente perseguito dallo stato italiano, fu
chiesto dai pacifisti all'epoca della guerra del Golfo. Sicche' le
dimostrazioni nonviolente di allora devono, per verita' storica, essere intese non solo come affermazione di legalita' internazionale, non solo come feconda lezione di etica universale, ma anche come illuminata anticipazione politica dei legittimi comportamenti governativi ora richiamati".
Dunque, chi si e' mosso personalmente a difesa della Costituzione e
della Carta delle Nazioni Unite, solidale con la popolazione civile che subiva i bombardamenti, si e' trovato sul banco degli imputati. Curioso, questo fatto: mentre chi ha sganciato le bombe ha ricevuto medaglie al valor militare, i nonviolenti sono invece andati sotto processo... Che conclusione ne potranno trarre i ragazzi di oggi, che hanno visto in TV la guerra del Golfo, poi nella ex-Iugoslavia, poi in Cecenia? Un insegnante che volesse veramente offrire ai giovani un'educazione democratica e civile, dovrebbe poter spiegare che sul banco degli imputati ci dovevano andare i mercanti d'armi italiani, che si sono arricchiti vendendo strumenti di morte in Irak, in Bosnia, in Cecenia.
Pensiamo che questa sentenza di assoluzione meriti molta attenzione da parte della stampa, dei rappresentanti istituzionali, dell'opinione pubblica. Saddam Hussein violo' il diritto invadendo il Kuwait ma oggi e' ancora seduto al suo posto di tiranno; la guerra del Golfo, con i suoi bombardamenti sui civili, violo' le leggi internazionali e straccio' la Carta dell'Onu; l'embargo ancora in atto calpesta il diritto del popolo iracheno. Tutto questo e' passato alla storia come "legittimo". Ma ora, con la sentenza di assoluzione, e' stato giudicato "legittimo" anche il nostro blocco nonviolento a quel treno carico di armi. Delle due, l'una...
Noi chiediamo ai giudici di Verona di dire una parola chiara, di
scrivere una motivazione di assoluzione che riaffermi la validita'
suprema dei principi costituzionali e delle Nazioni Unite, e che assolva con formula piena il nostro gesto di disobbedienza civile alla guerra, che e' il piu' grande crimine contro l'umanita'. Questa si', sarebbe una sentenza da studiare sui banchi di scuola.
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a distanza di 6 anni e con le predette articolazioni , sarebbe interessante aprire un confronto con chi voto' in parlamento, e tra questi l'on Cicciomessere, l'intervento e la giustificazione dell'italia in quella guerra. Ma oggi sono ancora validi gli interessi di allora?
p.adamo