UNA BANDIERA PER IL TIBET:LETTERA AI SINDACI
Bruxelles, 15 ottobre 1996
Egregio Signor Sindaco,
il 10 marzo di quest'anno, 607 sindaci di 25 paesi sono stati protagonisti della campagna "Una bandiera per il Tibet", facendo sventolare la bandiera nazionale tibetana sul pennone dei loro municipi ed offrendo cosi' un segno concreto e visibile di solidarieta'con un popolo tra i piu'oppressi del mondo, vittima da oltre quarant'anni della feroce occupazione del regime di Pechino.
Grazie a quella iniziativa, ma anche grazie alla prima manifestazione europea che il 10 marzo scorso ha visto oltre 7.000 persone sfilare per le vie di Bruxelles, ed alle risoluzioni parlamentari che per la prima volta hanno denunciato l'invasione e successiva occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese - risoluzioni approvate in questi ultimi dodici mesi dai parlamenti europeo, tedesco, belga e lussemburghese -, l'Europa ha dimostrato, dopo decenni di silenzio, di preoccuparsi sempre piu'della sorte dei tibetani e della salvaguardia delle tradizioni e della cultura millenaria del Paese delle Nevi.
Quest'anno abbiamo deciso, d'intesa con il governo tibetano in esilio ed in collaborazione con molti gruppi di sostegno al Tibet, di riproporre questa iniziativa non soltanto ad alcune migliaia di Suoi colleghi di alcuni Paesi come nel 1996, ma a decine di migliaia di altri Sindaci, in decine di Paesi in Europa, America, Africa, Asia e Oceania. Questo ambizioso e difficile progetto si pone l'obiettivo di vedere sventolare, il prossimo 10 marzo, la bandiera tibetana su almeno 3.000 pennoni comunali nei 5 continenti.
Parallelamente e sempre insieme ai gruppi di sostegno al Tibet, abbiamo convocato per domenica 9 marzo 1997 a Ginevra (sede della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite), la seconda manifestazione europea per la Liberta'del Tibet.
Al fine di dare ancora maggiore visibilita'a questa campagna internazionale, che dovra'concretizzarsi nel 1998 con una iniziativa nonviolenta di massa, un vero e proprio Satyagraha mondiale di spirito gandhiano, stiamo anche lanciando una campagna affinch_ in migliaia di municipalita'del mondo una piazza o una via siano dedicate alla causa tibetana.
Sappiamo tuttavia che in molti casi gli ordinamenti comunali non consentono di utilizzare il nome di una persona in vita - come per esempio Tenzin Gyatso, l'attuale Dalai Lama, oppure Gedhun Choekyi Nyima, il giovane Panchen Lama rapito e tenuto prigioniero dalle autorita'di Pechino. Le proporremmo quindi la dizione "Dalai Lama" o "Panchen Lama" in quanto istituzioni tibetane in questo senso svincolate da un singolo individuo, oppure ancora: "via (o piazza) Tibet libero".
Confidando che Lei e attraverso di Lei il Suo Comune possa aderire il 9 ed il 10 marzo 1997 alla campagna "Una bandiera per il Tibet" e che Lei voglia anche proporre al Suo Consiglio comunale l'iniziativa "Una piazza per il Tibet", La preghiamo di accettare, Signor Sindaco, i nostri piu'rispettosi saluti.
Vincenzo DONVITO Olivier DUPUIS
Coordinatore del Partito Radicale Segretario
per la campagna Liberta' per il Tibet del Partito Radicale
in Toscana Deputato
al Parlamento europeo
PS.1. Ogni dieci giorni il Partito Radicale pubblicha un bolletino di informazione sulla campagna "Liberta'per il Tibet - Democrazia per la Cina" che viene mandato gratuitamente via fax o via posta elettronica (Internet). Qualora voglia esserne tra i destinatari, e'sufficiente mandare un messaggio in tal senso, specificando il numero di fax o di posta elettronica a: Partito Radicale - c/o Parlamento europeo - REM 5.08 - Rue Belliard 97 - 1047 Bruxelles - Tel. +32-2-230.41.21 - Fax. +32-2-230.36.70; E-mail: Pr.bruxelles@agora.stm.it
PS.2. In allegato:
a. l'elenco completo dei sindaci che hanno aderito alla campagna 1996 "Una bandiera per il Tibet";
b. il modulo di adesione alla campagna 1997 "Una bandiera per il Tibet";
c. la cartolina per la liberazione del Panchen Lama (sulla quale cartolina e' riprodotta la bandiera tibetana);
d. lo status storico del Tibet, di Michael van Walt van Praag;
e. una nota giuridica sul diritto di esporre la bandiera tibetana da parte degli enti locali italiani.
.UNA BANDIERA PER IL TIBET: I SINDACI CHE HANNO ADERITO
508 municipalita' aderenti da 24 paesi. Dalla Lituania E. VIDUNAS sindaco di VILNIUS; dalla Francia Claude GRENIER sindaco di ANGOULINS-SUR-MER (Charente-Maritime), Jean-Luc DAUPHIN sindaco di VILLENEUVE-SUR-YONNE (Borgogna), Philippe DUE sindaco di MARLY, Jean CALVET sindaco di PONTAULT-COMBAULT, Jean-Yves GRELAUD sindaco di OLONNE-SUR-MER, Yves MARTIN sindaco di ECHENOZ-LA-MELINE (Haute Saone), Roger JEAN sindaco di REALMONT (Tarn), Lucien BRENOT sindaco di CHEVIGNY SAINT-SAUVER, Jean-Paul DENANOT sindaco di FEYTIAT, Paul PICHAUD sindaco di St-PHILBERT-DE-BOUAINE, Monique PAPIN sindaco di DAMMARTIN EN GOELE, Bernard CHENOT sindaco di LE HAYE DU PUITS, Claude SUFFIT sindaco di PEIPIN, Guigner LE HENANFF sindaco di PLUVIGNIER; dall'Ungheria Istvan SZALAY sindaco di SZEGED, Jozsef BORS sindaco di VESZPREM, Laszlo KATONA sindaco di KECSKEMET, Gyorgy MITNYAN sindaco di BUDAPEST XII distretto, Mihaly VEZER sindaco di SZAZHALOMBOTTA, Ferenc NAGY sindaco di DABAS, Laszlo HORVATH sindaco di MEZONYARAD; dalla Svizze
ra Walter DOMEISEN sindaco di RAPPERSWIL, Veli FAUSCH sindaco di WAEDENSWIL, Corrado GIOVANOLI sindaco di SAINT-MORITZ, Hans GLARNER sindaco di ZOLLIKON, Josef KELLER sindaco di JONA, Ernst KUNZ sindaco di WALDSTATT, NIEVERGELT sindaco di SAMEDAN, Hanspeter GLESSLER sindaco di DIESBACH, Ernst HAUSER sindaco di TURBENTHAL, Gobier MELL sindaco di STETTFURT/TG, Walter NEF sindaco di MUENCHWITEN, sindaco di FRIBOURG, sindaco di BEVERS, sindaco di PONTRESINA; dalla Spagna Cristina VIADER ANFRONS sindaco di CARDERAU, Francisco ZAMUDIO MEDERO sindaco di ISLA CRISTINA (Huelva), Eduardo VALLEJO sindaco di GUERNICA, Jordi COLOMER Y BATET sindaco di CAMPDEVANOL (Catalogna), Jose Manuel DIAZ SALAZAR MARTIN-A. sindaco di DAIMIEL; dal Belgio Joris VAN HOOREBEKE sindaco di LOVENDEGEM (Fiandre), Philippe LEBLANC sindaco di LA HULPE, Ch. DUPONT sindaco di PONT-A-CELLES, Louis TIMMERMANS sindaco di FLORENNES; dal Liechtenstein Karlheinz OSPALT sindaco di VADUZ, Ottmer VGT sindaco di BAIZERS, Hanajakob FALK sindaco di SCHAAN;
dalla Repubblica Ceca Milan TEJKL sindaco di MESTO LITOMERICE; dal Lussemburgo Lucien TUX sindaco di BETTEMBOURG, Jean-Pierre KLEIN sindaco di STEINSEL; dalla Germania Dietmar THIESER sindaco di HAGEN, Michael BOUTEILLER sindaco di LUBECCA, Peter SCHNELL sindaco di INGOLSTADT, Beate WEBER sindaco di HEIDELBERG; dall'Italia Veronica CAMPINOTTI sindaco di MONTAIONE (FI), Silvano GRANCHI sindaco di PONSACCO (PI), Monica LISCHI sindaco di COLLESALVETTI (LI), Salvatore LOMBARDO sindaco di MARSALA (TP), Siro LUCCHINI sindaco di ARENA PO (PV), Paolo MARCHIONI sindaco di BAVENO (VB), Ugo PAROLO sindaco di COLICO (LC), Lucio ROSAIA sindaco di LA SPEZIA, Gerardo SCAPPATURA sindaco di PORLEZZA (C0), Massimo SETTIMELLI sindaco di RIGNANO SULL'ARNO (FI), Roberta DEMARTIN sindaco di MORARO (GO), Giancarlo RUGGINENTI sindaco di S.COLOMBANO AL LAMBRO (MI), Stefano TRABALZA sindaco di LIGNANO SABBIADORO (UD), Valerio ZANFORLIN sindaco di MAROSTICA (VI), Lorenzo DELLAI sindaco di TRENTO, Roberto CAMPOMORI sindaco di PALAZZUOL
O SUL SENIO (FI), Alessandro MARCHI sindaco di SCARPERIA (FI), Marco SPINELLI sindaco pro-tempore di COLLE VAL D'ELSA (FI), Giancarlo TAMBORRINO sindaco di TRANI, Lorenzo BOSETTI sindaco di VALDAGNO (VI), Luigi MARIANI sindaco di DESIO (MI), Lucio BARANI sindaco di AULLA, Paolo BIASCI sindaco di VICOPISANO, Gabriele BAGNASCO sindaco di VERCELLI, Dario PAVAN sindaco di BRUGHERIO, Gianmario ZANGA sindaco di ALBANO S.ALESSANDRO, Giovanni OSSOLA sindaco di SETTIMO TORINESE, Ermanna BENOCCI sindaco di SORANO, Giuseppe CHICCHI sindaco di RIMINI, Antonio BUSSONE sindaco di LAURO, Mariano DELOGU sindaco di CAGLIARI, Franco MARCHIORI sindaco di MIRANO, Vincenzo RECCHIA sindaco di TERRACINA, Ettore CAMPI sindaco di BONDENO Ferdinando BOSCO sindaco di CASAPULLA, Demos MALAVASI sindaco di CAPRI, Osvaldo NAPOLI sindaco di GIAVENO ed inoltre Paolo SICONOLFI presidente della Provincia di FERRARA, Franco GUSSONI presidente della Provincia MASSA CARRARA, Enzo CASALI presidente della Provincia di PAVIA.
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SINDACI : MODULO DI ADESIONE
Liberta'per il Tibet
io, sottoscritto .......... .....................
(nome) (cognome)
Sindaco di ....................... provincia di .............. ................
(Paese)
aderisco alla campagna internazionale per la liberta'del Tibet
impegnandomi anche a fare sventolare la bandiera tibetana sul palazzo municipale il 10 marzo 1997
e verso a questo fine la somma di Lire ....
sul conto numero ..................
intestato a Partito Radicale
transnazionale e transpartito
..............
(firma)
chiedo che la bandiera mi sia inviata
al seguente indirizzo: .............
...................................
Partito Radicale transnazionale e transpartito, (rispettivo indirizzo)
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BREVE STORIA DELLO STATUS DEL TIBET.
di Michael C. van Walt van Praag
Il Governo tibetano in esilio, guidato da Sua Santita'il Dalai Lama, guida spirituale e Capo di stato in esilio del Tibet, ha costantemente sostenuto che il Tibet e'stato sotto occupazione illegale cinese dal momento in cui la Cina ha invaso lo stato indipendente nel 1949-50.
La Repubblica popolare cinese (RPC) sostiene che i suoi rapporti con il Tibet sono una questione puramente interna, perche'il Tibet e'ed e'stato per secoli parte integrante della Cina. La questione dello status giuridico del Tibet e'essenzialmente una questione legale, seppure di immediata rilevanza politica. La RPC non accampa pretese di sovranita'sul Tibet come risultato della sua occupazione e assoggettamento militare del Tibet a seguito della sua invasione armata nel 1949-50. Infatti la RPC non potrebbe avanzare questa pretesa, dal momento che respinge recisamente come pretese illegali alla sovranita'quelle avanzate da altri paesi sulla base della conquista, della occupazione o della imposizione di trattati iniqui. Piuttosto, la RPC fonda le sue pretese nei confronti del Tibet esclusivamente sulla teoria secondo cui il Tibet divenne parte integrante della Cina sette secoli fa.
GLI ALBORI.
Anche se la storia dello stato tibetano inizio'nel 127 a.C. con l'instaurarsi della dinastia Yarlung, il paese cosi'come noi lo conosciamo, fu unificato per la prima volta nel settimo secolo d.C. sotto il re Songtsen Gampo.
Nei tre secoli che seguirono, il Tibet fu una delle potenze maggiori dell'Asia, cosi'come e'confermato dall'iscrizione su una colonna che si trova ai piedi del palazzo del Potala, a Lhasa, nonche'da storie cinesi di epoca Tang su quel periodo.
Un Trattato formale di pace concluso fra la Cina e il Tibet nel 821-823 definiva i confini tra i due paesi e assicurava che "i Tibetani vivranno felici nel Tibet e i Cinesi vivranno felici in Cina".
INFLUENZA MOGUL
Mentre l'impero mongolo di Gengis Khan si espandeva verso l'Europa ad occidente e verso la Cina ad oriente durante il XIII secolo, i responsabili tibetani della potente scuola Sakya del Buddismo tibetano conclusero un accordo con i governanti mongoli allo scopo di evitare la conquista del Tibet. Il Lama Tibetano promise fedelta'politica e benedizioni e insegnamenti religiosi in cambio di protezione e tutela. Il rapporto religioso divenne cosi'importante che quando, decine di anni dopo, Kublai Khan conquisto'la Cina e fondo'la dinastia Yuan (1279-1368), egli invito'il Lama Sakya a diventare Precettore Imperiale e Sommo Pontefice del suo impero.
Il rapporto che si sviluppo'e che continuo'ad esistere fino al XX secolo tra i Mongoli e i Tibetani era un riflesso della stretta affinita'etnica, culturale, e soprattutto religiosa tra questi due popoli dell'Asia centrale.
L'impero mongolo aveva un carattere mondiale, e quale che fosse il rapporto tra i suoi governanti e i Tibetani, i Mongoli non integrarono mai l'amministrazione di Tibet e Cina, ne'hanno mai unito il Tibet alla Cina.
Il Tibet ruppe i suoi legami politici con l'Imperatore Yan nel 1350, prima che la Cina riguadagnasse la sua indipendenza dai Mongoli. Soltanto nel XVIII secolo il Tibet cadde di nuovo sotto un certo grado di influenza straniera.
RELAZIONI CON MANCHU, GORKHA E CON I VICINI BRITANNICI
Il Tibet non sviluppo'rapporti con la dinastia cinese Ming (1386-1644). D'altra parte il Dalai Lama, che stabili'la sua sovranita'sul Tibet con l'aiuto di un protettore mongolo nel 1642, sviluppo'stretti rapporti religiosi con gli imperatori Manchu, che conquistarono la Cina e fondarono la dinastia Qing (1644-1911).
Il Dalai Lama convenne di fungere da guida spirituale dell'imperatore Manchu, e ne accetto'in cambio la protezione e la tutela. Questo rapporto "sacerdote-protettore" (noto in Tibetano come "Choe-Yoen") che il Dalai Lama ha mantenuto anche con alcuni principi mongoli e nobili tibetani, era l'unico legame formale che esistesse tra Tibetani e Manchu durante la dinastia Qing. In se'non ha mai avuto effetto sulla indipendenza del Tibet.
Sul piano politico alcuni potenti imperatori Manchu riuscirono ad esercitare una qualche influenza sul Tibet. Cosi'fra il 1720 e il 1792, gli imperatori Kangxi, Yong Zhen e Qialong inviarono truppe imperiali in Tibet per quattro volte per proteggere il Dalai Lama e il popolo tibetano da invasioni straniere da parte di Mongoli e di Gorkha, o da disordini interni. Queste spedizioni offrirono all'imperatore il modo di stabilire una influenza sul Tibet. Egli invio'rappresentanti nella capitale tibetana Lhasa e alcuni di questi riuscirono ad esercitare la loro influenza in suo nome sul governo tibetano, soprattutto per quanto riguarda la conduzione delle relazioni estere. Nel momento di massimo splendore per la potenza Manchu, che duro'alcuni decenni, la situazione non era dissimile da quella che puo'esistere tra una superpotenza e un paese satellite o un protettorato, e quindi una situazione che, anche se politicamente significativa, non estingue l'esistenza indipendente dello stato piu'debole. Il Tibet non fu m
ai incorporato nell'impero Manchu, ne'tanto meno la Cina, e continuo'a condurre i suoi rapporti con gli stati vicini in massima parte in modo autonomo.
L'influenza Manchu non duro'a lungo, ed era del tutto inefficace all'epoca in cui i Britannici invasero per breve tempo Lhasa e conclusero un trattato bilaterale con il Tibet nel 1904, la Convenzione di Lhasa. Nonostante la perdita di influenza, il governo imperiale di Pechino continuo'a reclamare sul Tibet una qualche autorita' soprattutto per quanto riguardava i rapporti internazionali, una autorita'che il governo imperiale britannico defini'"suzerainty" nelle sue trattative con Pechino e San Pietroburgo. L'esercito imperiale cerco'di riaffermare una effettiva influenza nel 1910 invadendo il paese ed occupando Lhasa. Dopo la rivoluzione del 1911 in Cina e il rovesciamento dell'impero Manchu, l'esercito si arrese alle truppe tibetane e rientro'in patria sulla base di un accordo di pace sino-tibetano. Il Dalai Lama riaffermo'la completa indipendenza del Tibet in campo interno emettendo un proclama, e in campo esterno inviando comunicazioni ai governi stranieri e con un trattato con la Mongolia.
IL TIBET NEL XX SECOLO
Lo status del Tibet in seguito all'espulsione delle truppe Manchu non e'soggetto di seria disputa. Quali che fossero i legami esistenti tra i Dalai Lama e gli imperatori Manchu della dinastia Qing, questi si erano estinti con la caduta di quell'impero e di quella dinastia. Dal 1911 al 1950 il Tibet riusci' ad evitare ogni indebita ingerenza straniera e si comporto' sotto ogni riguardo come uno stato del tutto indipendente.
Il Tibet mantenne rapporti diplomatici con il Nepal, il Buthan, la Gran Bretagna e piu'tardi con l'India indipendente. I rapporti con la Cina rimasero tesi. I Cinesi ingaggiarono una guerra di confine con il Tibet e contemporaneamente sollecitarono in modo formale il Tibet a "unirsi" alla Repubblica cinese sostenendo davanti a tutto il resto del mondo che il Tibet era gia'una delle "cinque razze" della Cina.
Nello sforzo di ridurre le tensioni sino-tibetane i Britannici convocarono una conferenza a tre nel 1913 a Simla, nella quale i tre stati si incontrarono su base paritaria. Come il delegato britannico ricordo'alla sua controparte cinese, il Tibet partecipava alla conferenza come "una nazione indipendente che non riconosceva alcuna obbedienza alla Cina". La conferenza fu un insuccesso, in quanto non riusci'a risolvere la divergenza tra Tibet e Cina. Ciononostante fu significativa in quanto venne riaffermata l'amicizia anglo-tibetana con la conclusione di accordi bilaterali in materia di commercio e confini. In una Dichiarazione Congiunta, Gran Bretagna e Tibet si impegnarono a non organizzare la "suzerainty" cinese, n_ altri diritti speciali nel Tibet, a meno che la Cina non firmasse la bozza della Convenzione di Simla, che avrebbe garantito i maggiori confini del Tibet, la sua integrita'territoriale e la sua completa autonomia. La Cina non firmo'mai la convenzione, lasciando comunque le condizioni della Dich
iarazione Congiunta pienamente in vigore.
Il Tibet ha condotto le sue relazioni internazionali principalmente trattando con le missioni diplomatiche britannica, cinese, nepalese e buthanese a Lhasa, ma anche attraverso delegazioni governative in viaggi all'estero. Quando l'India divenne indipendente la missione britannica a Lhasa fu sostituita da una indiana. Durante la Seconda guerra mondiale il Tibet rimase neutrale nonostante le forti pressioni da parte di Usa, Gran Bretagna e Cina, perch_ fosse consentito il passaggio attraverso il Tibet di materie prime.
Il Tibet non ha mai mantenuto estese relazioni internazionali, ma i paesi con i quali le ha avute trattarono il Tibet come avrebbero trattato qualsiasi stato sovrano. Il suo status internazionale infatti non era diverso da quello, per esempio, del Nepal; cosi' quando il Nepal fece domanda di adesione alle Nazioni Unite nel 1949 menziono'i suoi trattati e le sue relazioni diplomatiche con il Tibet a dimostrazione della sua piena personalita'internazionale.
L'INVASIONE DEL TIBET
Il punto di svolta nella storia del Tibet _ nel 1949, quando l'esercito di liberazione popolare della RPC per la prima volta entro'in Tibet. Dopo avere sconfitto il piccolo esercito tibetano ed avere occupato meta'del paese, il governo cinese nel maggio 1951, impose al governo tibetano il cosiddetto "Accordo in 17 punti per la liberazione pacifica del Tibet". Essendo stato firmato sotto costrizione, l'accordo, in base al diritto internazionale, non era valido. La presenza di 40.000 soldati nel Tibet, la minaccia della occupazione immediata di Lhasa e la prospettiva della cancellazione totale dello stato tibetano, non lasciavano molte scelte ai tibetani.
In conseguenza della crescita di una aperta resistenza alla occupazione cinese, soprattutto nel Tibet orientale, ci fu un fortissimo aumento della repressione cinese, che comprendeva la distruzione di edifici religiosi e l'arresto di monaci e di altri leader di comunita' Nel 1959 i moti popolari culminarono in dimostrazioni di massa a Lhasa. All'epoca la Cina schiaccio'la rivolta: nella sola regione di Lhasa furono uccisi 87.000 Tibetani e il Dalai Lama fuggi'in India, dove tuttora risiede con il Governo tibetano in esilio.
Nel 1963 il Dalai Lama ha promulgato una Costituzione per un Tibet Democratico, che e'stata applicata con successo, per quanto possibile, dal Governo in esilio.
Nel Tibet, frattanto, la persecuzione religiosa, le gravi violazioni dei diritti umani, la distruzione sistematica degli edifici religiosi e storici da parte delle autorita'occupanti non sono riuscite a distruggere la volonta'del popolo tibetano di resistere alla distruzione della sua identita'nazionale. A seguito della occupazione cinese 1.200.000 Tibetani hanno perso la vita (oltre un sesto della popolazione). Ma la nuova generazione dei Tibetani sembra altrettanto determinata a riconquistare l'indipendenza del paese quanto la generazione precedente.
CONCLUSIONI
Nel corso dei suoi 2000 anni di storia il Tibet ha subito una qualche influenza straniera solo per brevi periodi, nel 13. e 18. secolo: pochi paesi oggi indipendenti possono vantare un primato cosi'importante. Come ha osservato l'ambasciatore dell'Irlanda presso le Nazioni Unite durante dibattiti alla Assemblea generale sulla questione tibetana: "Per migliaia di anni, o sicuramente per 2000 anni, [il Tibet] e'stato libero e aveva il controllo totale dei suoi affari tanto quanto qualsiasi nazione di questa Assemblea, e mille volle piu'libero di curare i suoi affari di molte delle nazioni che sono qui dentro".
Molti altri paesi, nel corso dei dibattiti all'ONU hanno fatto dichiarazioni che riflettono un analogo riconoscimento dello status indipendente del Tibet. Cosi'per esempio il delegato delle Filippine ha dichiarato "e'chiaro che, alla vigilia della invasione del 1950, il Tibet non era sotto il dominio di alcun paese straniero." Il delegato della Thailandia ha ricordato alla Assemblea che la maggior parte degli stati "respinge la pretesa che il Tibet faccia parte della Cina".
Gli Usa si sono uniti alla maggior parte degli altri membri dell'ONU nel condannare la "aggressione" e "invasione" cinesi del Tibet. Nel 1959, 1961, cosi'come nel 1965, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato alcune Risoluzioni (1353 (XIV), 1723 (XVI), e 2079 (XX)) di condanna delle violazioni da parte cinese dei diritti umani nel Tibet richiamando la Cina a rispettare e applicare i diritti umani e le liberta'fondamentali del popolo tibetano, ivi compreso il loro diritto all'autodeterminazione.
Dal punto di vista giuridico a tutt'oggi il Tibet non ha perso il suo essere Stato. Si tratta di un paese indipendente sotto una occupazione illegale. N_ l'invasione militare cinese, n_ la persistente occupazione da parte dell'esercito popolare di liberazione hanno trasferito alla Cina la sovranita'del Tibet. Come sottolineato in precedenza, il governo cinese non ha mai sostenuto di avere acquisito la sovranita'sul Tibet in base ad una conquista. La Cina infatti riconosce che l'uso della minaccia della forza (a parte le circostanze eccezionali previste dalla Carta dell'Onu), l'imposizione di un trattato iniquo o la persistente occupazione illegale di un paese, non possono mai garantire ad un invasore il titolo legale sul territorio. Le sue pretese si basano soltanto su una supposta sottomissione del Tibet ad alcuni dei piu'potenti governanti stranieri della Cina nel 13. e 18. secolo.
Come puo'la Cina che e'uno dei piu'accaniti oppositori dell'imperialismo e del colonialismo, difendere la sua persistente presenza nel Tibet contro la volonta'del popolo tibetano, citando come giustificazione l'imperialismo mongolo e manchu e le loro politiche coloniali?
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Bandiera tibetana: nota giuridica
NOTA SUL DIRITTO DI ESPORRE LA BANDIERA TIBETANA DA PARTE DEGLI ENTI LOCALI ITALIANI, IN VISTA DELLA RICORRENZA DEL 10 MARZO 1997.
A proposito delle circolari prefettizie diramate ai Comuni prima del 10 marzo 1996, su impulso del Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio, per interdire l'esposizione delle bandiere tibetane, occorre rilevare:
a) se la circolare prefettizia era una disposizione coattiva tesa a fare rispettare la legge violata, proprio il suo esplicito presupposto normativo era avulso ed estraneo, in quanto riferito al R.D. 24.9.23, convertito in legge 24.12.25, n. 2264, e al D.P.C.M. 3.6.86, che disciplinano esclusivamente l'uso della bandiera nazionale. Pertanto la circolare stessa era illegittima;
b) non va dimenticato, peraltro, che la Legge 8 giugno 1990, n¢142 (Ordinamento delle autonomie locali), e'"legge generale" in base all'Art. 128 Cost. e i suoi principi non possono essere implicitamente derogati da leggi successive. A maggior ragione l'incompatibilita'opera rispetto a leggi precedenti non espressamente richiamate dalla legge stessa. Infatti l'Art.64, al comma 1 esclude dall'abrogazione alcune norme delle precedenti leggi in materia, e al comma 2 abroga "tutte le altre disposizioni di legge con essa incompatibili". Pertanto l'Art.4 della L.2264/25 che imponeva agli enti locali di "fare uso soltanto della bandiera nazionale e dei vessilli tradizionali" e'da ritenersi abrogato per incompatibilita'con l'autonomia riconosciuta ai comuni.
c) la L.142/90 evidenzia una duplice funzione del Sindaco nell'ente locale: egli rappresenta l'ente (Art. 36) ed e'altresi ufficiale del Governo (Art. 38).
Il Sindaco, come rappresentante del Governo in sede locale, e'tenuto ad osservare una circolare prefettizia, ma allorche' la circolare abbia un contenuto politico, il Sindaco, come rappresentante dell'ente locale, nell'ambito dell'autonomia riconosciuta dalla stessa legge all'Art.2, non e'tenuto ad osservarla.
Questa interpretazione della legge 142/90 trova conforto anche in dottrina (Rocco Galli, Corso di Diritto amministrativo, Cedam 1991).
Il Prof. Galli, nell'esaminare il concetto di autonomia dell'ente locale nei suoi diversi aspetti, rileva: "Tra le varie esplicazioni del concetto in esame una posizione rilevante assume il fenomeno della autonomia politica, espressione e strumento di piena democrazia".
"Nel suo significato autentico puo' parlarsi di autonomia politica solo nell'ambito di ordinamenti veramente democratici, come il nostro, che dopo aver riconosciuto nell'art. 5 della Costituzione l'importanza delle autonomie locali, all'art. 114 C. la ripartisce tra regioni, province e comuni."
"Regioni province e comuni sono enti territoriali corporativi caratterizzati dal fatto di abbracciare necessariamente tutti gli individui che appartengono al territorio (elemento costitutivo dell'ente) e possono percio' considerarsi enti esponenziali, in quanto rappresentano i centri di imputazione degli interessi propri dell'intera comunita' essi sono quindi enti a fini generali (A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989).
La loro attivita' e' caratterizzata da una certa autonomia politica, e cioe'dalla possibilita'di perseguire un proprio indirizzo politico indipendentemente dalle direttive del parlamento e del Governo centrale, nei limiti segnati dai principi enucleati dalla Costituzione.
Essi mutuano il proprio orientamento politico dalla volonta'della loro comunita' che si esprime attraverso rappresentanti eletti liberamente come titolari degli organi guida, con la conseguenza che tale orientamento puo' divergere sostanzialmente da quello dello Stato centrale."
d) l'esposizione delle bandiere estere e'disciplinato dalla legge 24.6.29 n. 1085, ridisegnata da una sentenza della Corte Costituzionale - la n.189 del 21.5.87 - che annulla il potere autorizzativo (e quindi interdittivo) dei Prefetti in materia, amplia l'ambito interpretativo della bandiera, anche di una bandiera nazionale, estendendolo dalla ristretta riferibilita'allo "Stato internazionalmente riconosciuto", al piu'vasto campo della semiologia, in quanto segno espressivo e comunicativo di un pensiero o di una idealita'
La Corte Costituzionale in definitiva ed in via generale e di principio ha dichiarato costituzionalmente illegittimi il "divieto di esposizione in pubblico di bandiere estere", il regime autorizzativo da parte delle autorita'politiche locali e di conseguenza la sanzione penale.
Il principio della liberta'di esposizione delle bandiere estere, riconosciuto dalla Corte Costituzionale, vale per i cittadini italiani e stranieri, per i gruppi di minoranza etnica o culturale, per le associazioni culturali e politiche.
A maggior ragione vale per assemblee liberamente e democraticamente elette come quelle dei Consigli comunali, provinciali e regionali: essi sono liberi di aderire ad una iniziativa internazionale volta a costruire nel mondo una convivenza civile basata sul rispetto dei fondamentali diritti umani, civili e politici proclamati dalla carta delle Nazioni Unite e sanciti dalla Costituzione italiana. Essi sono liberi, nella loro autonomia politica, di manifestare tutto questo esponendo una bandiera tibetana.
Il 10 marzo 1996 diversi comuni hanno esposto la bandiera sul palazzo comunale, oppure nel cortile o comunque nelle vicinanze del palazzo, o su altri edifici comunali, senza avere a tutt'oggi ricevuto contestazioni da parte dei prefetti.
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LIBERTA' PER IL TIBET: APPELLO AI SINDACI
Nel 1949, il Tibet, Paese indipendente, dalla storia millenaria, fu invaso dalle forze armate della Repubblica Popolare Cinese. Ne segui'na occupazione di una ferocia senza nome, fatta di massacri, di torture, di imprigionamenti di massa, di sterilizzazioni e di aborti forzati, di distruzione del patrimonio culturale, religioso e ecologico.
Dopo quattro decenni di resistenza accanita dei Tibetani, di fronte al loro rifiuto irreducibile di sottomettersi, i Cinesi elaborarono e misero all'opera, nel corso degli anni '80, una "soluzione finale" di un tipo nuovo: la "pulizia etnica" per diluizione.
Fu avviato cosi'n gigantesco trasferimento di popolazioni cinesi verso il Tibet. Da alcune decine di migliaia che erano, i Cinesi abitanti nel Tibet sono diventati oggi sette milioni. E i Tibetani sono ora - nel loro paese - minoranza. Obiettivo della potenza occupante: 40 milioni di Cinesi in Tibet nel 2020. A quel momento i Tibetani, la loro lingua, la loro cultura, la loro religione, i loro costumi, le loro tradizioni saranno stati, definitivamente, relegati ai libri di storia.
Il tempo stringe. Occorre fermare, finche'siamo in tempo, questo genocidio silenzioso. Occorre salvare il Tibet, i Tibetani, il tesoro di storia, di cultura, di civilta' di convivenza civile che hanno saputo darsi e dare all'umanita' il loro diritto ad esistere come popolo e non solo come individui.
E occorre anche fermare, nelle sue imprese di morte e di distruzione, l'ultimo impero totalitario. A partire dal Tibet, dalla sua liberta'e dalla sua liberazione, occorre creare le premesse per la liberta'e la liberazione dal totalitarismo comunista del miliardo e duecento milioni di Cinesi.
In un momento nel quale, nel mondo, la violenza appare sempre piu'come l'arma definitiva contro il dialogo, occorre infine erigere ad esempio per l'umanita'intera la resistenza nonviolenta del popolo tibetano e della sua leadership, a cominciare dal Dalai Lama.
Per questo occorre, senza perdere un istante, che ci organizziamo.
Occorre che in ogni parte del mondo, milioni di uomini, di donne, si uniscano sotto il segno della nonviolenza in una concreta ed attiva iniziativa perche'il Tibet possa riscoprire la liberta' perche'le autorita'di Pechino inizino senza indugio un vasto processo di decolonizzazione, perche' per intanto e da subito - esse garantiscano il pieno rispetto dei diritti della persona, dei diritti civili e politici dei Tibetani.
Noi, Sindaci delle capitali dei 180 Paesi della comunita'internazionale, di metropoli, di citta'e di paesi, ci appelliamo dunque a tutti e a ciascuno dei nostri cittadini perche'il 10 marzo, giorno anniversario della insurrezione nonviolenta di Lhassa del 1959, diventi giorno di azione e di speranza concreta per la liberta'del Tibet, per la liberazione dei Tibetani e, quindi, per la liberazione dei Cinesi e di tutti noi.
E in segno di solidarieta'concreta e visibile sin da ora, noi, Sindaci di metropoli o di umili villaggi o citta' annunciamo che inalzeremo la bandiera nazionale tibetana sulle sedi dei nostri comuni durante la giornata del prossimo 10 marzo.
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Nome Cognome Sindaco di Paese Firma
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Situazione in Tibet. Risoluzione del Parlamento Europeo
B4-0963, 0979, 0983, 1003, 1007 e 1011/95
Risoluzione sulla situazione in Tibet e sulla scomparsa del Panchen Lama, un bambino di 6 anni
Il Parlamento europeo,
-viste le sue precedenti risoluzioni sull'occupazione del Tibet e la repressione della sua popolazione da parte delle autorita' cinesi,
A.profondamente preoccupato per le notizie secondo cui Gedhun Choekyi Nyima, un bambino tibetano di 6 anni, sarebbe stato sequestrato con i genitori dalle autorita' cinesi poco dopo essere stato riconosciuto dal Dalai Lama quale ultima reincarnazione del Panchen Lama, la seconda autorita' spirituale tibetana in ordine d'importanza, deceduto nel 1989,
B.considerando che in tutta la sua storia il Tibet e' riuscito a conservare un'identita' nazionale, culturale e religiosa distinta da quella della Cina fino a che tale identit_ non ha cominciato a essere erosa a seguito dall'invasione cinese,
C.riaffermando l'illegalita' dell'invasione e dell'occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese e considerando che, prima dell'invasione cinese del 1950, il Tibet era riconosciuto de facto da numerosi Stati e che esso costituisce un territorio occupato ai sensi dei principi stabiliti dal diritto internazionale e dalle risoluzioni delle Nazioni Unite,
D.condannando il tentativo intrapreso dalle autorita' cinesi di distruggere l'identita' tibetana, segnatamente mediante una politica di trasferimenti massicci di popolazioni di etnia cinese nel Tibet, di sterilizzazioni e aborti forzati delle donne, di persecuzioni politiche, religiose e culturali e di sinizzazione dell'amministrazione tibetana,
1.chiede alle autorita' cinesi di provvedere a che Gedhun Choekyi Nyima e la sua famiglia siano immediatamente rilasciati e possano tornare al loro villaggio;
2.chiede al governo cinese di porre fine alle sue violazioni dei diritti dell'uomo, di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei popoli e degli individui nel Tibet e di interrompere immediatamente i trasferimenti ufficialmente incoraggiati di popolazioni cinesi nel Tibet;
3.invita la Commissione e il Consiglio a intervenire presso le autorita' cinesi per sottolineare come la persistente oppressione del popolo tibetano nuoccia alle relazioni fra l'Unione europea e la Repubblica popolare cinese;
4.chiede da un lato alle Istituzioni dell'Unione europea di favorire ogni iniziativa intesa a risolvere il problema sino-tibetano mediante il dialogo politico e dall'altro ai governi cinese e tibetano in esilio di avviare negoziati in tal senso e in tale contesto manifesta il proprio sostegno agli sforzi esplicati dal Dalai Lama per ripristinare pacificamente la liberta' culturale e religiosa del popolo tibetano, nonche' la sua autonomia politica;
5.esprime il suo sostegno al popolo tibetano e auspica che siano allacciate strette relazioni tra il parlamento tibetano in esilio e il Parlamento europeo;
6.incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, al governo cinese, a sua Santita' il Dalai Lama, al parlamento tibetano in esilio e al Segretario generale dell'ONU.
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Tibet: USA: PUBLIC LAW 102-138
AFFARI ESTERI: LEGGE DI AUTORIZZAZIONE
ANNI FISCALI 1992, 1993
Washington D.C.
28 ottobre, 1991
Si ordina dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d'America riuniti in Congresso che,
PARTE 1. TITOLO BREVE
Questa legge puo'essere citata come "Affari Esteri, legge di autorizzazione, anno fiscale 1992, 1993"
SEZ. 355. Controllo illegale sul Tibet da parte della Cina
Il Congresso afferma che
1) Il Tibet, comprese le zone annesse alle province cinese di Sichuan, Yunnan, Gansu e Qinghai, e'un paese occupato secondo i principi stabiliti dal diritto internazionale;
2) Gli autentici rappresentanti del Tibet sono il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio come riconosciuto dal popolo tibetano;
3) Il Tibet ha mantenuto durante tutta la sua storia un'identita'nazionale, culturale e religiosa, distinta e sovrana separata da quella della Cina e, salvo durante i periodi di illegale occupazione cinese, ha mantenuto un'identita'politica e territoriale separata e sovrana;
4) la realta'storica di questa identita'separata trova riscontro nei documenti degli archivi cinesi e nelle storie tradizionali dinastiche, nel riconoscimento da parte degli Stati Uniti della neutralita'tibetana durante la seconda guerra mondiale e nel fatto che numerosi Paesi fra cui Stati Uniti, Mongolia, Bhutan, Sikkim, Nepal, India, Giappone, Gran Bretagna e Russia hanno riconosciuto il Tibet come una nazione indipendente o hanno trattato con il Tibet indipendentemente da qualsiasi governo cinese;
5) nel 1949/50, la Cina ha iniziato l'invasione armata del Tibet contravvenendo al diritto internazionale;
6) la politica degli Stati Uniti si oppone all'aggressione e ad altri usi illegali della forza da parte di un Paese contro la sovranita'di un altro come mezzo di acquisizioni territoriali e condanna le violazioni del diritto internazionale, compresa l'illegale occupazione di un Paese da parte di un altro;
7) numerose dichiarazioni degli Stati Uniti fin dall'epoca dell'invasione cinese hanno riconosciuto il diritto del Tibet all'autodeterminazione e l'illegalita'dell'occupazione del Tibet da parte della Cina