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Conferenza Arpa
Donvito Vincenzo - 16 agosto 1997
Linguaggio
per lanuova avventura che ci apprestiamo a varare, credo che occorra pensare molto bene ai concetti base e, soprattutto, al linguaggio.

Faccio un esempio. Gli appunti di Marco P. al tentativo di documento di presentazione di All, sono stati utili, perche' hanno puntato sull'evidenziazione di alcuni concetti che, piu' per pigrizia e abitudine conseguenziale, erano presentati in modo anche contradditorio rispetto allo spirito generale del documento.

Rispetto al linguaggio, non ricordo se ne ho parlato qua dentro, ma sicuramente ho detto qualche battuta con i compagni con cui ero a Roma il 15 agosto.

In particolare c'e' la parola nonviolenza. Per quanto la possiamo scrivere attaccata rispetto a "non violenza", e' sempre la negazione di un altro concetto e rappresenta, quindi, una forma di ribellione ad uno status dominante che fa parte del nostro patromonio genetico culturale (quello che si schioda molto difficilmente se non con dei traumi, che fanno fare uno scatto al cervello in altra direzione).

Certo c'e' stato Paolo Pietrosanti ch tempo fa aveva posto il problema in conferenza partito radicale -mi sembra. Ma poi era "scivolato" sul metodo gandhiano e sul sathiagra: forza dello spirito. E si era fermato li'.

Qui io vorrei andare oltre. Ho chiaro il concetto gandhiano, ma e' inapplicabile al nostro mondo essenzialmente occidentale e mondialista con la centralita' dell'occidente, a maggior ragione in Italia, da dove partiamo per l'avventura. Usare una parola che dobbiamo ulteriormente spiegare, e spiegarla come "forza dello spirito" ha venature religiose che erano ottime per l'India di 50 anni fa, ma non qui, oggi.

E lo sforzo lo farei non tanto nel linguaggio e nei concetti del tradizionalismo politico, ma nel linguaggio e nei concetti pubblicitari. Dobbiamo fare qualcosa che vada bene da qui al Tremila (buuum!).

Per intenderci, stile il "transnazionale" di Pannella.

Quando mi sono riletto un po' di documenti, una delle stonature lessicali piu' evidenti la trovavo sempre sulla parola "nonviolento", perche' mi proiettava in qualcosa di mistico, un po' buonista. Insomma, quando una parola diventa patrimonio delle maggioranze, perde tutta la sua forza, diventa omologata, e da categoria della ribellione, della lotta, della nuova positivita', passa a quella dell'interiore, dello spirituale (nell'accezione piu' diffusa che di questa spiritualita' ne fa la sinistra italiana).

Cosi' per cominciare.

 
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