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Conferenza Danubio
Stango Antonio - 4 ottobre 1994
FEDERALISMO E DANUBIO
Angiolo Bandinelli pone giustamente l'accento sulla questione di una confederazione danubiana. Personalmente, sono tanto federalista quanto convinto che la storia non possa saltare completamente dei processi inevitabili, quale quello della formazione di Stati nazionali. Sono proprio le difficoltà nel formare questi, unica base possibile del federalismo, a rendere più lontana la prospettiva federalista nei Balcani.

Pensiamoci: l'unica area d'Europa dove un'unione federalista è oggi concretamente possibile è quella dove esistono i primi grandi Stati nazionali europei - la Francia e la Gran Bretagna, ma anche la Spagna ed il Portogallo - ed altri che all'unità nazionale sono giunti oltre un secolo fa, come l'Italia e la Germania. E le aree di Europa più bellicose ed instabili sono esattamente quelle dove si è tentato di scavalcare la necessaria realizzazione degli Stati nazionali unitari per imporre forme di pseudo-federalismo quali l'Unione Sovietica o la Yugoslavia.

La Russia - in modo apparentemente paradossale - non è mai stata uno Stato nazionale perché prigioniera del proprio imperialismo, e solo liberandosi da questo può ora aspirare ad essere uno Stato; cioè una parte costituente di una possibile federazione.

Angiolo ricorda la particolarità del mio approccio, fin dal 1985, al ruolo di Gorbaciov e della "perestrojka". Compie, però, una semplificazione che è di fatto un errore. Non ho "tentato di negare la perestrojka di Gorbaciov"; semplicemente, l'ho analizzata come l'estremo tentativo del regime di perpetuarsi, indicando come soluzione non la democrazia, ma un suo impossibile surrogato, non l'economia di mercato ma una pianificazione meno controllata; e non la liberazione dalla decrepita forma imperiale, ma una sua blanda riverniciatura.

Gli Stati usciti "ex Unione Sovietica" pagano oggi, oltre ai sessantotto anni precedenti Gorbaciov, anche i sei del periodo in cui toccò a lui rappresentare quel PCUS che lo aveva allevato; un aggravio di pena difficilissimo da sostenere. E, una volta "venduta" per necessità l'Europa centro-occidentale non sovietica, la sua direzione era pronta a reprimere nel sangue, come tentò in Georgia, in Lettonia ed in Lituania, ogni passo verso l'ottenimento o la restaurazione delle statualità nazionali. Fu Eltsin, e non Gorbaciov, a consentire che l'Unione Sovietica si aprisse come un agrume, aspro ma con gli spicchi predisposti, piuttosto che ridursi in poltiglia per repressione e guerra.

E' utile questa analisi, rispetto alla questione del Danubio? A mio parere sì, e molto: perché, mentre conferma la validità e la grande spinta ideale di Angiolo, che apprezzo e considero necessarie, ci ricorda come occorra confrontarsi con la fenomenologia nazionalista, che in quell'area è irradicata in profonde e solide motivazioni, con attenzione e capacità di dialogo. Se riuscissimo a farlo, sarebbe davvero un risultato di grande rilevanza.

 
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