Siamo - nota Angiolo Bandinelli - in un altro momento storico rispetto a quando si formarono gli Stati-nazione dell'Europa occidentale; l'area danubiana vede popoli ed etnie difficilmente, o non affatto delimitabili in Stati; e la coscienza del nostro tempo non sopporterebbe più le stragi di San Bartolomeo o le Vandee.In realtà, purtroppo stragi di anche maggiore portata accadono continuamente, senza che le coscienze facciano molto di più che inorridirsi per qualche secondo durante i telegiornali; il momento storico attuale, se potessimo guardarlo rivolgendoci verso il passato fra due o tre secoli, non ci apparirebbe probabilmente così innovativo per quanto riguarda questo tema e quell'area; e resta qui attuale, a mio avviso, solo il secondo punto: la speciale distribuzione dei popoli balcanici.
Certo, questo comporta problemi maggiori; ma negare l'esistenza di ragioni del nazionalismo non può essere una soluzione. Non è stato forse un bene sostenere, seppure con un prezzo molto elevato, le "esigenze nazionaliste" dell'Olanda, del Belgio, della Francia, della Danimarca o della Norvegia contro lo stato di fatto costituito per alcuni anni dall'occupazione tedesca? Sarebbe forse stato preferibile che quei Paesi venissero "federati" al Reich? Credo di no. E perché dunque, se non è un federalismo quale che sia e comunque prodotto che auspichiamo, ciò che fu vero per quell'Olanda e quella Danimarca non dovrebbe essere vero per la Macedonia, come per la Croazia o per la Lituania? Soltanto perché, in questi ultimi casi, la matassa è più complicata?
A complicazioni maggiori, soluzioni più articolate; ma partendo dalla consapevolezza che la nazione non è, in sé, un'entità negativa. Anzi: il punto è forse che si tratta di un concetto troppo importante per lasciarlo agli iper-nazionalisti.
Ritengo che, senza tentare di negare la storia, si possa favorire la costituzione di nuovi Stati-nazione (con le proprie minoranze interne ben tutelate, si intende; come nel caso italiano) e, al tempo stesso, scoraggiare l'uso della forza. La comunità internazionale sarebbe oggi in grado di attuare - se ve ne fosse la sensibilità - un sistema complesso di incentivi e di sanzioni in questo senso; e nello sforzo per giungere a nuove forme di collaborazione e di integrazione federalista gli Stati, già esistenti o in formazione, possono avere un ruolo positivo. Uno Stato può anche rappresentare il superamento di una serie di conflittualità di grado minore, a livello tribale, etnico o regionale; ed ha non solo diritti, ma anche una riconoscibile fisionomia e doveri come soggetto di diritto internazionale: cosa che gli eserciti autocefali, i mercenari o i gruppi terroristici non hanno.
Ben venga l'associazione per la confederazione balcanica: ve ne è bisogno; ma non disprezziamo in blocco i sentimenti nazionali, non figuriamoci che ciò che era valido per un determinato popolo cento anni fa in una parte d'Europa non lo sia, in qualche modo, per un altro popolo ed in un'altra area oggi. Come non vi sono popoli predestinati alla mancanza di democrazia (quelli latini, ad esempio: e vi fu chi lo sostenne; o quelli arabi: e vi è chi li vorrebbe soltanto in mano ai Saddam Hussein od ai mullah), così non ve ne sono - con la sola e non certa esclusione dei nomadi - di predestinati a non essere una nazione con uno Stato.
Che alcuni fra noi ritengano buona o pessima l'idea nazionale, ciò non è tanto importante quanto la percezione soggettiva che di essa hanno, di volta in volta, le persone ed i gruppi direttamente coinvolti in un processo di formazione statuale; solo, possiamo tentare di convincerli a non considerare lo Stato nazionale il punto di arrivo ed a non perseguirne la realizzazione con mezzi violenti e sopraffattori di altri popoli e di altre persone.
Bene fa, in ogni caso, Angiolo a sottolineare la valenza di strumento per la costruzione di un approccio federalista che il "progetto Danubio" può avere, ed a cercare anzi di svilupparla. Il fatto che non sia possibile per il Danubio prescindere dal ricorso ad autorità sovranazionali, anche limitandosi alla tutela ambientale, è esattamente la considerazione da cui siamo partiti nell'immaginare un progetto per quell'area; le idee di Angiolo, benché io vi trovi degli elementi che non condivido, sono senz'altro utilissime per rendere più politica una proposta che rischierebbe, altrimenti, di essere troppo tecnicamente ambientalista o giuridica.