- una problematica di tipo politico generale che comporta anche una riproposizione dell'iniziativa radicale nell'est europeo;- una questione di tipo ecologico che appare necessaria anche per l'immagine del partito, praticamente disimpegnato da troppo tempo sulle questioni ambientali.
Mi occuperò in questo intervento soprattutto della prima.
Credo che gli interventi di Antonio e di Angiolo polarizzino bene la questione che abbiamo da affrontare.
Infatti, leggendo il papiello AdT-Caggiano, (a parte le dozzine di imprecisioni, errori, etc. delle quali a parte segnalerò la fattispecie) mi è subito apparsa ingenua, per non dire grave, la sottovalutazione della questione nazionale in funzione di un progetto politico che voglia interessare l'area. E tanto più manchevole poiché sostanzialmente ignora le conseguenze di quella questione, ovvero una guerra balcanica di cui non si vede la fine.
Mi pare insomma un dossier "come se..." la crisi del comunismo non ci fosse stata, il risorgere delle nazionalità nemmeno, la guerra disastrosa neanche. In proposito vi sono solo accenni che rimangono appunto tali.
Ma non intendo criticare il lavoro che probabilmente non si poneva quale obiettivo un progetto politico, quanto piuttosto un semplice e scarsamente utile a tal fine, escursus storico-giuridico.
Torniamo a questa polarità che emerge dalla discussione.
Da una parte Bandinelli evoca un progetto politico complessivo, spinto da una forte idealità ed incentrato sui temi del federalismo e del superamento dei nazionalismi, una Confederazione danubiana, anche motivata da ragioni di mercato.
D'altra parte Stango invita a non spregiare i nazionalismi, considerati come momenti anche positivi, ed a confrontarsi con la loro complessa fenomenologia.
Se capisco bene si tratta di una esortazione alla prudenza, che ben coglie Angiolo proponendo infine una sorta di appello-test per una prima verifica.
La mia opinone, confortata dall'esperienza degli ultimi cinque anni passati per lo più in area balcanica, è la seguente.
Non credo che, allo stato attuale, un progetto federale o confederale che si voglia abbia possibilità reali di attecchire. In tutta la ex-Jugoslavia le classi politiche al potere sono ultra-nazionalistiche, con la loro corte di intellettuali, di mas-media e di maggioranze elettorali. Sotto questo aspetto le opposizioni non sono in nulla diverse, anzi talvolta si oppongono propio in nome di un nazionalismo più acceso. Oltre a ciò la sola parola "federalismo" nell' esperienza jugoslava o sovietica evoca i fantasmi del potere centralista e del popolo dominante e a poco vale tentare i distinguo tra federalismi democratici e federalismi comunisti. La realtà è che questi paesi si sentono per la prima volta liberi di non dovere rendere conto della loro lingua, della loro cultura, della loro religione, della loro produzione economica, della loro moneta o delle loro, a poteri centrali supposti federali, di fatto parziali e nazionali. A questa ebbrezza, certamente ingenua nel mondo di oggi, è difficile opporre critic
he efficaci o idealità potenti, richiami alle interdipendenze economiche o progetti palingenetici. Per ora ci si tiene ad un dato: prima costruiamo il nostro paese, per il resto c'è tempo.
Credo che se potremo, come propone Angiolo, sottoporre un testo sulla questione del Danubio, non dovremmo in alcun modo prescindere da questi dati di fatto, poco consoni alle nostre idee ma inevitabili nella realtà attuale.
Fatte salve queste premesse dobbiamo comunque capire come riproporre una questione, il federalismo, che, oltre a far parte della nostra -bandiera-, ci pare di sostanza nel nostro impegno politico.
Penso allora che, in un approccio prudente, dovremmo soprattutto ottenere l'avvio di un dibattito in tema (ad avere quattrini si potrebbe riproporre il più volte auspicato Convegno sulle minoranze e nazionalità...). Più che di un appello-manifesto dunque, io sarei per l'invio ad un indirizzario selezionato di una cinquantina di persone per paese (sarà anche poco ma la nostra presenza da queste parti se non altro ci ha consentito di guadagnare al partito un indirizzario di personalità politiche e culturali unico al mondo) di un vero e proprio questionario che proponga articolatamente la questione politica della Confederazione danubiana contestualmente alle tematiche del federalismo/nazionalismo. Forse è possibile trovare una istituzione, una università ad esempio, o la Comunità europea, disposta a finanziare e collaborare ad un' iniziativa che avesse -anche- un carattere scientifico-sociologico. Dalle risposte al questionario si potrebbe arrivare ad un convegno. Ma a prescindere da questa caratterizzazione (c
he ci darebbe probabilmente anche una diversa attenzione da parete degli interlocutori) credo che l'operazione non dovrebbe comunque essere molto costosa pure gestita dal solo PR, sempre che Angiolo, Antonio, ecc. trovino il tempo per elaborare un tale testo articolato, che potrebbe poi essere stampato e distribuito dalle sedi, come già si fa per Transnational. Un tema che dovremmo pure sollevare in tale questionario è quello relativo alle caratteristiche omogenee e complementari del mercato, della tecnologia e dell'economia dell'area danubiana: la velleità di alcuni di questi paesi di un rapido ingresso nella ECC sembra non tenere alcun conto delle grandissime disparità tra economie avanzate ed economie post-comuniste. La creazione di un mercato comune "danubiano" mi pare, forzatamente, un passaggio necessario per ottenere quella omogeneità utile all'ingresso in una comunità economica superiore, salvo rischiare di svendere la propria economia a partners enormemente più forti.
Alla fine, dalle risposte che ne otterremo potremmo, sia avere una idea più esatta delle reali disponibilità sul tema, sia, laddove avessimo verificato una reale possibilità, utilizzare i risultati ed i contatti così guadagnati per il lancio di una campagna federalista, danubiana, etc.etc.
Forse non è un idea straordinaria, mi rendo conto, ma certo l'appello sic et simpliciter mi pare ancora più debole se non contro producente.
In tale contesto evidentemente il "Danubio" diventa soprattutto un pretesto per la creazione di associazioni politico-economiche più vaste ed adeguate alla modernità, ma anche per il rilancio della languente iniziativa del partito in zona.
Sullo specifico dei problemi del fiume o del suo bacino mi pare che l'approccio più utile e caratterizzante sia quello di scegliere una singola tematica e su quella concentrare gli sforzi, privilegiando l'aspetto ecologico.