Non credo affatto che "noi" - se con questo pronome si intendano le nostre posizioni sulla democrazia politica, sul rispetto dei diritti umani e civili, sull'economia di mercato e sul federalismo - siamo stati "spiazzati" dagli avvenimenti degli ultimi anni in Europa centro-orientale, che avrebbero corso in modo inimmaginabile eccetera eccetera. Il sistema sovietico è crollato non con un giorno di anticipo, ma con settant'anni di ritardo sul momento che sarebbe stato opportuno; la situazione dei diritti della persona in gran parte dell'Europa centro-orientale si è sì sganciata dal soffocamento del totalitarismo comunista, ma è ancora lontana dal raggiungere anche l'insoddisfacente livello vigente in Paesi come l'Italia, con abissi di ignominia quali il recente voto della Camera dei deputati romena sulla criminalizzazione del comportamento omosessuale; sull'economia di mercato, che tuttora in Italia non è pienamente acquisita, in Russia od in Bielorussia siamo ancora ai primordi; e sul federalismo è sufficiente ricordare la ex Yugoslavia per essere certi che non si tratti affatto di un obiettivo scontato.
Così, qualsiasi passo anche minimo che si riesca a muovere nella direzione di un superamento di questo enorme, perdurante dislivello - spesso sfociante in conflittualità e talvolta in guerra - fra le diverse parti del nostro continente sarà difficile epperò utilissimo. Non credo affatto inevitabile una rapida integrazione nell'Unione Europea, benché sia vero che anche per questo possiamo impegnarci a cercare di favorirla; soprattutto, però, sono certo che se non sarà accompagnata da un esteso processo di avvicinamento e di armonizzazione fra gli Stati che attualmente non ne fanno parte risolverà ben pochi problemi, ed anzi rischia di importare nuovi elementi di crisi.
Ciò non vuol dire - si badi - che esistano solo due approcci possibili sulla questione, vale a dire il battersi per l'integrazione nell'Unione Europea Stato per Stato o per una previa federazione fra gli Stati dell'Europa centro-orientale non membri. Il terzo approccio, che io considero il più efficace, è favorire in ogni modo la nascita ed il perfezionamento di intese regionali e contemporaneamente accogliere nell'Unione soltanto quegli Stati che, secondo una serie di parametri, si possano considerare già pronti all'integrazione. Certo ha senso, per ora, non includere la Bosnia finché non si sia giunti ad una stabilizzazione nell'area ex jugoslava; ma non ne avrebbe bloccare l'ingresso della repubblica ceca. Anzi, proprio la differenziazione nel trattamento dei singoli casi può costituire un incentivo - od un monito - insostituibile.
Quanto al "debito" in materia di ambiente, ho l'impressione che l'Occidente sia piuttosto in credito. La devastazione prodotta da decenni di gigantismo energofago dell'industria pesante di impronta stalinista, senza che alcuno potesse fiatare per tentare di tenere sotto controllo l'impatto ambientale, è stata coperta solo dalla patina di rossa ideologia di troppi verdi, ed è tuttora incalcolabile; e, mentre conosciamo ormai molto su Chernobyl, si sa ancora pochissimo sugli esperimenti nucleari militari sovietici.