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Conferenza Danubio
Agora' Agora - 11 gennaio 1995
IL DESERTO DANUBIO

Di Sandro Scabello

(Corriere della Sera 09-01-1995)

ECONOMIA Dl GUERRA

I FATTI NEI BALCANI HANNO PARALIZZATO L'ARTERIA VITALE PER CINQUE STATI EUROPEI

II porto ungherese di Mohacs, dove più di quattro secoli fa la libertà ungherese fu stroncata dalle armate turche, è disperatamente vuoto. Vuoto e deserto come il Danubio, strangolato dalla guerra jugoslava, al di là del confine incandescente che dista una decina di chilometri. Le miriadi di imbarcazioni di tutte le stazze e nazionalità che affollavano i moli e testimoniavano la vitalità di uno dei centri commerciali più attivi lungo le rotte danubiane, hanno lasciato il posto a pochi, pigri barconi in àttesa di chissà quale destinazione.

Pochi sono i capitani che si azzardano a lasciare gli ormeggi, sfidare i cecchini, le imboscate, la raffica di divieti che hanno paralizzato la grande arteria vitale per le economie di cinque paesi delI'Europa centrale e balcanica che scorre per quasi tremila chilometri dalla Germania al Mar Nero

Lungo i 2400 chilometri di acque navigabili che in tempi normali sono sol cate in media da cinquemila navi, il traffico commerciale agonizza. Il turismo è crollato. Le rare crociere si svolgono da Budapest in su, verso l'Austria, e le navi russe e ucraine che vanno a svernare nei porti sul Mar Nero transitano lungo il tratto serbo senza passeggeri.

Nell'Europa divisa dalla cortina di ferro il Danubio che, nel suo incedere ora placido ora possente, disegna numerosi confini politici, aveva cullato, fedele al suo mito europeo, speranze di libertà e rinnovamento. Con il crollo del Muro il grande signore della Mitteleuropa aveva riscoperto la propria missione unificatrice di ponte naturale fra Est ed Ovest, punto di congiunzione fra paesi irrigati da culture per molti versi comuni.

Ma, spazzati via i regimi totalitari, I'Europa è tornata presto a dividersi, la ferocia degli odi tribali ha sconvolto i Balcani. Le acque del fiume si sono arrossate di sangue, al posto delle merci trasportano cadaveri e rovine, raccontano storie di drammi, lutti, tensioni, dalla disputa fra ungheresi e slovacchi per la contestata diga di Gabcikovo, sino alla deserto tragedia di Vukovar e all'eterna contesa fra Moldavia, Romania, Ucraína per la sovranità del delta.

L'embargo decretato dalla comunità internazionale contro la Serbia e il Montenegro ha colpito duramente le economie dei paesi rivieraschi. Le com pagnie di navigazione, dai colossi russi alle piccòle imprese austriache, hanno i bilanlh rosso.

Inutili, come del resto gli sforzi dei vari organismi mondiali per pacificare le fazioni in lotta, si sono rivelate le iniziative della Commissione internazionale del Danubio che da oltre un secolo sorveglia la libera navigazione sul fiume e che non ha potuto che assistere impo tente a violazioni e soprusi.

L'Ungheria che, prima delle sanzioni, era fra i partners commerciali più importanti della Jugoslavia, ha visto scen dere paurosamente il volume dell'inter scambio che si è praticamente inabissa to dopo la soppressione di una via di comunicazione naturale come quella danubiana.

Un primo bilancio parziale dei primi

quattro anni di guerra parla di danni su periori ai 2 miliardi di dollari. Per ottenere delle compensazioni Budapest ha awiato una vasta offensiva diplomatica. »L'Onu ha riconosciuto la fondatezza delle nostre richieste -dice il viceministro dell'lndustria e del commercio Attila Karoly Soos--I'Assemblea genera le e il Consiglio di sicurezza hanno invitato i paesi membri a studiare le possibili forme di aiuto. Dal canto nostro abbiamo proposto la creazione di un fondo speciale con cui rimediare, almeno in parte, alle perdite provocate dalle sanzionl".

Fiume in guerra, fiume dell'odio, fiume teatro di traffici loschi e contrabbando di armi e petrolio, soprattutto nel suo corso inferiore. In quattro anni trafficanti e faccendieri hanno escogitato un'infinità di mezzi, dalla falsificazione delle bolle di accompagnamento e dei certificati di provenienza delle merci sino all'organizzazione di veri e propri convogli »umanitari , per aggirare l'embargo e far affluire a Belgrado petrolio, materiale elettronico e strategico. Lungo le zone frontaliere prosperail contrabbando di piccolo cabotaggio.Code interminabili di automobili si formano ogni giorno ai posti di confine.

Ungheresi, bulgari, romeni vanno a rivendere benzina ai serbi.

Sono gli stessi contrabbandieri a disciplinare il traffico e decidere, previo versamento di un congruo pedaggio, chi può mettersi in fila o chi può andare o ornare più volte al giorno. E nel frattempo migliaia di tonnellate di carbu rante passano dall'altra parte.

Ben altra organizzazione vantano i professionisti. Hanno a disposizione camion. computer. flotte, basi logistiche. Si sono installati nel triangolo compreso fra Timisoara, Subotica e Szeged.

Con la regia degli ex agenti della Se curitate, la polizia segreta di Ceausescu, hanno messo su un business lucroso che poggia su una fitta rete di collegamenti con numerose banche private di Belgra do e società di comodo disseminate nei paesi del Centro Europa (stando ai giornali ungheresi se ne conterebbero addirittura cinquemila nella sola Bulgaria gestite da cittadini serbi) che hanno fatto fortuna con l'economia di guerra.

Alla Mahart, la compagnia di navigazione nazionale ungherese, si sforzano di.essere ottimisti e pensano al futuro. In tre anni la società ha accumulato perdite per 15 milioni di dollari. Nel '90 le navi della compagnia hanno trasportato nel corso inferiore del Danubio 800 mila tonnellate di merci, quest'anno ap pena 40 mila.

Non hanno licenziato un solo dipendente, hanno cercato di recuperare qualcosa intensificando il movimento nell'alto Danubio, ma la crisi ha toccato oramai il livello di guardia. Con il bene stare del ministero degli Esteri e per dar prova di equidistanza nel conflitto, la Mahart, in cambio di qualche lascia passare serbo, ha trasportato »sempre rispettando l'embargo medicinali e ge neri di prima necessità e ha ospitato una cinquantina di bambini serbi nella casa di riposo della società. »Perché la guerra può durare, ma anche finire-- dice il direttore Andras Fay--e la gen te, il fiume rimangono al loro posto e noi dobbiamo essere pronti a rimetterci in moto in qualunque momento .

Per riconquistare un mercato che, purtroppo, non esiste più. Il Danubio ri sorgerà? E' questo il cruccio maggiore delle società di navigazione, angosciate dal timore di non potersi riaffacciare in forze, term4 ata la guerra, sulle acque del grande frme. Perché i bombarda menti hanno spinto i vecchi clienti a scegliere altre vie di comunicazione, più sicure e veloci, e non è affatto scontato che, una volta domato l'incendio nei Balcani, si riconvertiranno al trasporto fluviale. Con ripercussioni disastrose, se ciò dovesse accadere, per l'intera economia danubiana.

»In ogni caso--sospira Fay--ci vorranno almeno cinque anni, dalla firma di un eventuale trattato di pace, per recuperare i mercati tradizionali>>. E nel frattempo la Mahart e le altre compagnie continueranno a bussare alle casse `dello Stato per ottenere sgravi fiscali e indennizzi ed evitare in questo modo la bancarotta.

 
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