A Madrid, giovedì scorso, si sono tenute due tavole rotonde di grande interesse promosse dal settimanale "Cambio 16"; la prima sul tema Droga e Informazione, la seconda - nel pomeriggio - aveva come titolo "Depenalizzare la droga?"L'intero dibattito apparirà, immagino in sintesi, sul numero di
"Cambio 16" della settimana prossima, e alcuni amici spagnoli mi hanno promesso di inseririlo integralmente in Agorà, immagino nella Conferenza Droga.
Durante la tavola rotonda della mattina, cui hanno preso parte, oltre alla sottoscritta, Nick Harmann, editorialista del The Economist, Daniel Samper e Antonio Caballero, giornalisti di Cambio 16 e corrispondenti in Spagna dei due maggiori giornali Colombiani Tiempo e Espectador, un giornalista del telegiornale della rete 1 spagnola, giornalisti di Radio 16, è stato presentato uno studio pubblicato dal "Ministerio de Sanidad y consumo - Delegaciòn del Gobierno para el Plan Nacional sobre Drogas" - dal titolo "Droga, Television y Sociedad".
Uno dei due autori, presente al dibattito, Pepe-Oriol Costa Badia, professore di Scienza dell'Informazione, titolare della cattedra di giornalismo dell'Università Autonoma di Barcellona, ha illustrato il metodo di ricerca e di analisi seguiti per valutare i telegiornali, le rubriche televisive i films e i serial trasmessi dalla televisione spagnola nel periodo aprile 87-giugno 88. "Obiettivo della nostra analisi - ha detto il dottor Costa Badia - era studiare ciò che noi definiamo come 'discorso televisivo sulla droga', cioè una forma di globalizzazione dei vari messaggi sulla droga che provengono da tutta la programmazione televisiva".
Le conclusioni di questo studio sono molto interessanti e qui io le riassumo molto sinteticamente (nei prossimi giorni Agorà riprodurrà per esteso sia il capitolo delle conclusioni, sia un capitolo particolare dedicato alle "serial" televisivo MIAMI VICE). E trattandosi di un serial ampiamente diffuso e seguito in molti paesi, non solo Europei, può essere un esempio comprensibile per tutti.
Premesso che gli autori insistono per un immediato cambiamento della informazione e rappresentazione televisiva del fenomeno DROGA, i punti principali delle loro conclusioni sono i seguenti.
1) La televisione è "ambigua" verso il tema della droga: tutte le analisi effettuate dimostrano che il mezzo televisivo ha verso il mondo della droga un rapporto di attrazione-repulsione in cui si confondono i concetti di comunicazione, contagio e assuefazione.
2) Il "discorso" televisivo sulla droga é fondamentalmente disperso e incoerente.......Pare che ci sia un solo filo conduttore in questo "discorso": il desiderio della televisione di mostrarci il mondo diviso in settori rispondendo solo alle esigenze della propria programmazione. Così c'è un tipo di droga per i film, altro tipo per i telegiornali, altra per le rubriche etc.....
3) Il "discorso" televisivo sulla droga è "contemplativo e inefficace".......l'unica azione coerente di questa "razionalizzazione" televisiva a seconda delle proprie esigenze di programmazione è la pura contemplazione del fenomeno: non si può sperare dalla televisione una maggiore presa di coscienza o consigli utili, orientamenti su una strategia a medio termine, o indicazioni per un'azione collettiva.
4) La televisione fa del moralismo molto schematico sul tema droga: lo schematismo più frequente è che fa apparire la droga come la causa di un disordine nell'ordine stabilito: motivo di infrazioni e di danno: di conseguenza le notizie riferiscono sempre di una azione tesa a ristabilire l'ordine, porre
rimedio alla infrazione, con conseguente sanzione e castigo......insomma la legge nel suo aspetto più percettibile e figurativo: cioè nella sua attuazione poliziesca e repressiva
5) La televisione è molto rigida nella formulazione delle notizie concernenti la droga: riferisce per lo più di azioni repressive .....le categorie della prevenzione, salute, malattia, del contesto internazionale etc...studi, rapporti etc...non suscitano alcuna attenzione del mezzo televisivo che, appunto, al contrario privilegia l'universo poliziesco o giudiziario o comunque "politico".
6) E' nota la presenza di stereotipi significativi nella informazione sulla droga: il primo stereotipo é la associazione assoluta e iniquivoca droga = delinquenza o meglio ancora tossicodipendente = delinquente. Ben diverso lo stereotipo del trafficante: dal materiale che abbiamo potuto analizzare appare con insistenza che il trafficante non è un delinquente marginale: il trafficante, ovunque operi, si presenta come un attore del commercio criminale, distinto ed importante. Così mentre l'accoppiata tossicodipendente = delinquente ci evoca un pericolo ravvicinato, immediato e quindi insicurezza, il trafficante ci avvicina ad un mondo gerarchicamente superiore, capace di selezionare i suoi ambiti di azione e le sue vittime; è più efficiente e presenta una immagine di una certa professionalità.
Insomma da un punto di vista generale l'informazione televisiva pare orientata a compiere una funzione puramente rituale: accompagna in modo ripetitivo la "attualità" e non concorre, se non marginalmente, alla soluzione del problema: come conseguenza l'opinione pubblica può avere la tendenza a considerare la soluzione del problema droga come qualcosa di impossibile come un "male" che non si può affrontare razionalmente.
Non credo di dover aggiungere particolari commenti, se non questo:
questo studio riguarda "solo" la tv spagnola o no? E in Italia.....?
Emma