Ha ragione Guido Votano. Tutto può essere droga: la televisione, il gioco, la politica e, perché no, Agorà. Serve allora una definizione meno generica. Francis Caballero, nel suo monumentale "Droit de la drogue", ce ne propone una più scientifica: la droga è una sostanza capace di suscitare un effetto sul sistema nervoso centrale, una dipendenza fisico o psichica e danni sanitari e sociali. Ma anche con questa possiamo spaziare dall'alcool ai solventi chimici. Allora, sempre Francis Caballero, propone due sole definizioni, le droghe lecite e quelle illecite, quelle il cui uso (non l'abuso) è socialmente accettato e quelle che invece sono considerate, dalle convenzioni internazionali, stupefacenti. Si ritiene insomma che l'uso delle seconde (derivati dell'oppio, della coca e della canapa indiana, allucinogeni naturali o sintetici) "degeneri necessariamente in abuso e che il solo mezzo per proteggere la salute pubblica è di sottometterle ad una proibizione generale e assoluta".Ma la domanda di Guido Votano è più precisa: può un antiproibizionista dichiararsi contro una formula chimica, contro qualcosa che è sempre esistito e sempre esisterà, contro la ricerca del piacere? Può insomma assumere come vero che l'uso delle droghe illecite degeneri sempre e necessariamente nell'abuso?
La risposta è semplice: l'antiproibizionista non entra nel merito del giudizio morale, delle scelte personali, ma afferma solo che la legge non deve proibire l'uso di una sostanza qualsiasi ma solo l'abuso e cioè comportamenti che possono produrre danni ad altri. La legge non può infatti proibire l'uso di una sostanza che produce danno solo a chi la consuma. Se uno vuole iniettarsi nelle vene due cc di benzina non è certo perseguito dalla giustizia! Perché dovrebbe allora essere vietato suicidarsi con altre sostanze? Cosa diversa è ritenersi libero di scorazzare alla guida di una automobile dopo essersi scolata una bottiglia di gin o sniffato un grammo di coca.
Ma è perfettamente legittimo, e questo mi sembra non sia contestato da Guido Votano, che l'antiproibizionista ritenga che la legge debba disincentivare l'uso delle droghe, dal tabacco all'eroina, in relazione al loro grado di pericolosità sociale e sanitaria, che lo Stato debba informare sui pericoli conseguenti all'abuso o, per determinati casi, al semplice uso di certe droghe. In quest'ultimo caso non si può neppure escludere, dopo aver attentamento valutato se la domanda in ogni caso non riprodurrebbe un mercato clandestino, il divieto alla produzione. Perché infatti si ritiene legittimo vietare la produzione di alimenti adulterati o di medicine pericolose e non di quelle droghe, adulterate o meno, il cui semplice uso, e non abuso, provoca la morte o danni irreversibili? Divieto, in questo caso, naturalmente della produzione e della commercializzazione e non dell'uso. Bisognerà pur tutelare anche i consumatori di droghe!
Per concludere, mi sembra che dichiarare di essere genericamente contro le droghe è, per un antiproibizionista, una semplificazione pericolosamente ambigua, un tentativo smaccatamente strumentale e quindi velleitario di guadagnare consensi fra i "ben pensanti", che rischia di creare solo confusione e demonizzazione generalizzata nei confronti di determinate sostanze e comportamenti. Dichiarare invece di voler operare per combattere il narcotraffico, per la riduzione dei consumi di quelle droghe che producono obiettivamente danni sanitari e sociali, incominciando dal fumo, passando all'alcool e poi all'eroina, mi sembra indispensabile. Premessa per poter concepire una simile campagna di dissuasione è la sottrazione del consumatore di droghe illecite dal mercato clandestino. Unico strada percorribile è la eliminazione della stessa categoria delle droghe illecite.
Non ho molto da dire sul resto dell'intervento di Guido Votano, in particolare per quel che riguarda le liste antiproibizionste, ma mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensa Taradash, quando e se riemergerà dal sonno telematico nel quale sembra caduto.