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Conferenza droga
Ruiz-Portella Xavier - 8 maggio 1990
L'ECONOMIA DELLA DROGA (3)

Seguito del libro di J.F. Couvrat e N. Pless

DAL PAPAVERO AL "JUNKIE": IL MERCATO DEGLI OPPIACEI

Non esiste UN mercato della droga. Ci sono DEI mercati, geograficamente frammentati, nei quali vengono scambiati numerosissimi prodotti che possono essere classificati in quattro grandi famiglie: oppiacei, cocaina, cannabis e narcotici di sintesi. L'eroinomane a cui manca la dose a New York non puo' cercarla a Bangkok, e ci sono scarse possibilita' che compri della marijuana per rimpiazzarla.

Ogni droga e' l'oggetto di vari mercati locali, uno per quartiere, resi nebbiosi dalla concorrenza tra spacciatori e dalla repressione.

LE TRE FAMIGLIE DELLA DROGA NATURALE

La famiglia degli oppiacei e' la piu' antica e la piu' variabile. E' dall'oppio che si estraggono la morfina e soprattutto l'eroina, la droga dei ghetti, l'evasione troppo spesso definitiva a 1000 franchi il viaggio, il veicolo dell'AIDS. E' anche la droga in cui e' di gran lunga piu' grande lo scarto tra il prezzo di costo e quello di vendita.

La cocaina e' l'elisir del successo a 500 o 600 franchi la "bustina", la droga degli "yuppies". L'America ne e' ammalata. Quella del Nord, che deplora questa pericolosa invasione, quella del Sud, dove la coca cresce come gramigna, che la trasforma in polvere miracolosa, e da cui ottiene giusto quanto basta per corrompere la propria economia. Fino a poco tempo fa l'Europa era sfuggita, ma adesso non e' piu' cosi'.

La cannabis e' la famiglia piu' diversificata. Cresce dovunque non faccia troppo freddo. Ne sono state catalogate 70 varieta', quante quelle del te', di qualita' molto diseguali. L'haschisc, la marijuana, l'olio estratto dalla canapa indiana non costano molto cari. E' la droga cossidetta "dolce", il "joint" a 40 franchi il grammo, che si fuma senza troppi rischi.

Un'analisi approfondita dell'economia della droga non puo' essere globale. I prodotti, i passaggi, i prezzi, i margini, i circuiti e i mercati sono troppo diversi. Si metterebbero nello stesso fascio il whisky, la birra, il vino... e il "Canada Dry"?

UN PRECEDENTE: LE GUERRE DELL'OPPIO

"L'oppio ingrandisce quello che non ha limiti

"Allunga l'illimitato

"Approfondisce il tempo..."

Quando Charles Baudelaire pubblica, nel 1860, "Les Paradis Artificiels", l'oppio ha appena ingrandito il mercato decisamente senza limiti delle potenze occidentali. Grazie all'oppio e alle guerre che portano il suo nome, queste potenze sono riuscite a penetrare nel mercato cinese.

Fin dall'inizio del XIX secolo l'Europa in piena espansione economica adocchia le sete e i te' cinesi: soprattutto l'Impero britannico, installato dal 1819 a Singapore. Ma la Cina e' autosufficiente e non sa che farsene del commercio con l'Occidente. Solo il porto di Canton e' aperto ai mercanti europei.

Pressioni, dibattiti tra sordi... Non serve nulla. Fino al giorno in cui gli inglesi hanno l'illuminazione. A poche giornate di mare da Canton, i sudditi bengalesi della britannica Compagnia delle Indie producono dell'oppio a buon mercato. Ecco trovata la moneta di scambio.

A velocita' vertiginosa, i contrabbandieri cominciano a intossicare la Cina, dove l'oppio, fino ad allora, era usato solo in farmacia. Nel 1859 vengono introdotte clandestinamente 50.000 casse di oppio, nel 1880 180.000. Due milioni di cinesi fumano oppio nel 1850. Trent'anni dopo, sono centoventi milioni.

Una prima volta, nel 1839, la Cina si ribella. Un inviato speciale dell'Imperatore fa sequestrare a Canton tutte le casse di oppio e poi le brucia come in una cerimonia di espiazione. L'Inghilterra manda per rappresaglia le sue truppe alle bocche dello Yangzi. E' la prima "guerra dell'oppio". Nel 1842 la disfatta cinese e' consumata. La bandiera inglese sventola su Hong Kong.

Gli affari ricominciano. Non abbastanza velocemente, pero', agli occhi degli stranieri, che ormai si comportano in Cina come a casa loro, al riparo delle loro "concessioni". Gli inglesi riprendono l'offensiva militare nel 1856, aiutati dai francesi. E' la seconda guerra dell'oppio, che porta le truppe occidentali fino a Pechino, saccheggiata nel 1860. Allora la Cina abbandona ogni sovranita' economica: l'amministrazione delle dogane e' adesso nelle mani delle potenze straniere.

Dopo il 1905 il Giappone si unira' alle potenze occidentali e tra le due guerre diventera' il primo fornitore di oppio della Cina.

L'oppio, dopo essere entrato cosi' fragorosamente sulla scena economica e politica internazionale, non doveva abbandonarla tanto presto. C'e' ancora, non tanto nella sua forma grezza quanto in polvere concentrata: l'eroina e la morfina.

DAL PAPAVERO ALLA POLVERE: 500.000 FIORI PER UN CHILO

Un secolo dopo, la produzione dell'oppio utilizza ancora le stesse rudimentali tecniche. Dopo che i fiori di papavero hanno perso i petali, i contadini ne incidono la testa. Ne viene un lattice biancastro, circa 20 mg per capsula, che si abbrustolisce al sole: e' l'oppio.

Seccata, riscaldata, macerata, battuta, ossidata, fermentata, la pasta subisce una lunga preparazione prima di essere finalmente pronta al consumo. E' lo "chandoo", la cui piccola palla riscaldata sulla punta di un lungo ago affascinera' per molto tempo il fumatore, prima di metterla nel fornello della pipa e di aspirarne tutto il fumo in una volta sola.

L'oppio-base contiene circa il 10% di un alcaloide scoperto nel 1816 da Stertuerner: la morfina. Se ne ottiene un chilo aggiungendo un agente precipitante a dieci o dodici chili di oppio.

La semplicita' di fabbricazione e gli effetti analgesici della morfina la fanno inserire nella farmacopea. Sfortunatamente la morfina presenta anche un grave pericolo di assuefazione, ben presto individuato da chi la prescrive. Uno di costoro inventa nel 1874 un prodotto derivato, la diacetilmorfina, salutato all'inizio come la panacea, la morfina senza l'assuefazione. Questo sant'uomo non ha lasciato il suo nome nella storia. Ma il suo ritrovato si': e' l'eroina.

Comunque ricordiamoci il rapporto: 10 chili di oppio, il prodotto di 500.000 fiori di papavero, i due terzi di un ettaro, danno un chilo di morfina base che, trattata con anidride acetica, da' un chilo di eroina.

Per i contadini delle zone di produzione, questi rendimenti rappresentano un'entrata insperata, anche se sono in moltissimi a diversi il ricavato: circa 1500 $ all'ettaro, diciamo quindi circa 1000$ per l'equivalente in oppio di un chilo di eroina. In queste regioni inaccessibili, prive di qualsiasi sbocco per la mancanza di infrastrutture stradali, l'oppio e' la sola mercanzia redditizia che sia possibile trasportare a dorso di mulo, e magari d'uomo.

E' necessario notare, comunque, che i rendimenti variano molto a seconda delle condizioni climatiche e geografiche. Nel 1983, una buona annata in India, sono stati raccolti circa 32 chili di oppio per ettaro per la produzione legale. Nel 1980, cattiva annata per la Birmania, ne e' stato raccolto solo 1,55 kg, secondo quanto dichiarato da questo paese all'organo di controllo dell'ONU:

Per le necessita' terapeutiche il pianeta nella sua totalita' si accontenta di una produzione annuale legale di circa 1000 tonnellata d'oppio. L'India e' la prima nazione produttrice ed esportatrice, e l'industria chimica francese e' ai primi posti per i processi di traformazione. La morfina terapeutica si vende a un prezzo all'ingrosso di 2000 $ al chilo al massimo, circa quattro volte il prezzo della corrispondente raccolta di oppio.

 
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