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Conferenza droga
Ranieri Giancarlo - 30 settembre 1990
DROGA:

Cerco di intervenire dopo gli interventi di Giordano, Laura,

Alessandra e Marco.

Non sono certo un esperto di problemi di droga e cerco quindi di

rispondere secondo la mia sensibilita', la (poca) esperienza, le

letture.

Poiche', pero', stimo profondamente queste persone, cerchero' di

intervenire senza alcuno spunto polemico.

Comprendo innanzitutto il malcelato orrore di Giordano di fronte

al problema, che lo porta ad auspicare il rifiuto, con ogni

mezzo, di questa desolata realta'.

Comprendo l'ottica di Laura quando cerca di spiegare che, legge

o non legge, la droga e' una realta' e che il problema che si

pone, nell'ambito delle capacita' sociali, e' quello di

minimizzarne il danno, sia per il tossico che per la societa',

di cui il tossico fa parte, senza peraltro illudersi di

eliminare il triste fenomeno con una legge.

Comprendo Alessandra, quando cerca di esorcizzare il demone

della droga autoconvincendosi che la dipendenza sia solo

psicologica, come se cio' fosse di per se poco, come se cio' non

fosse smentito, purtroppo, dalla biochimica dei recettori

cerebrali.

Beninteso, il tema della psico-dipendenza e' rispettabilissimo,

solo che, purtroppo, nel caso degli oppiacei, e loro derivati,

non e' esaustivo.

Basta vedere le esperienze effettuate col Naaloxone.

Ho avuto il mio approccio con l'eroina a causa di un amico che,

dopo un viaggio in Afghanistan, si ritrovo' tossico a 500 mg al

giorno a 22 anni.

Non si puo' morire a 22 anni!

Non per una causa cosi ignobile e squallida.

Non nello squallore di una sottocultura che privilegia il buco

dinanzi ad ogni valore sociale, affettivo, financo sessuale.

Non nella paranoia della polizia - squallido e falso simbolo

paterno - non nella paranoia dell'ambiente della droga eroina

con le sue complicita', connivenze, quotidiani orrori, non nella

paranoia quotidiana dell'arresto e conseguente privazione e crisi.

L'ho attirato in casa, su suggerimento di mia moglie, per

valutare la gravita' del problema.

L'ho ospitato in casa, anche perche' la sua amica non riusciva

piu' a sostenere tanto onere.

Ho tentato di ricostruire intorno a lui l'ambiente familiare che

sentiva carente e che mostrava tanto gradire.

Ho usato la mia credibilita' di sindacalista(?) per

difenderlo e proteggerlo sul lavoro.

Gli ho dato fiducia in ogni senso, fino a lasciarlo libero di

interagire con i bambini, che mostrava amare sinceramente,

soprattutto Monica che, appassionata di disegno, gli chiedeva

continuamente consigli e suggerimenti.

I bambini furono meravigliosi, aprendosi a lui con fiducia.

Io, che credevo di sapere tutto intorno alla droga, scoprii

invece la mia ignoranza.

Sempre in accordo con la sua amica lo abbiamo instradato verso

il servizio sociale del CIM. Fallimento.

Poi, verso il Servizio del Gemelli. Fallimento.

Infine, lo abbiamo pilotato verso una clinica privata, purtroppo

ora chiusa, dove, anche grazie all'opera di una assistente

sociale, ed ad una blanda psicoterapia, e' uscito dal tunnel.

Ora, il mio amico lavora, ha una famiglia ed e' ingrassato

notevolmente, rispetto ai tempi della scimmia.

Ed ha sposato l'assistente.

Ho vissuto autentici momenti di angoscia, conoscendo i metodi

della narcotici e quelli dell'ambiente che questi sfortunati

sono costretti a frequentare.

Ma, con l'aiuto di mia moglie, della nostra amica, e di uno

psichiatra, siamo riusciti a tirarlo fuori.

Non basta l'amore, ho capito, occorre una autentica cordata.

Ma non ci si puo' nascondere dietro un dito, Giordano.

Tutti vorremmo un mondo migliore cui fosse risparmiato l'orrore

dell'inferno della droga.

Questo inferno fa orrore a tutti noi, ma non e' con una legge

che sara' possibile farlo scomparire.

Cosi come non scomparira' quello degli handicappati solo grazie

ad una immotivata crudezza di espressioni.

Ma non ci si puo' nascondere dietro un dito, Alessandra.

L'assuefazione o dipendenza agli oppiacei sono dati di fatto,

rilevabili clinicamente col Naaoloxone.

La biochimica dei recettori cerebrali sta facendo luce su questo

femomeno. Vedere anche l'equilibrio endorfine-stupefacenti.

L'affermazione che vorrebbe l'aggancio degli oppiacei puramente

psicologico sembra indurre una falsa sicurezza, valida, nei

grandi numeri, semmai per altre droghe.

Ma non si puo', credo, dimenticare neppure che la droga non e'

solo eroina.

Come affrontare, ad esempio, il problema degli allucinogeni?

Ho letto di lesioni cerebrali, rilevabili all'EEG, provocate

dall'LSD.

Possiamo dimenticare i letali effetti del PCP o del ben piu'

noto crack?

Cosa dire delle amfetamine che scatenano la violenza o dei

barbiturici dalla letale crisi di astinenza? Legalizzare

l'eroina parrebbe praticabile, previa schedatura dei tossici, ma

per le altre?

Cosa fare contro la cocaina, ad esempio, oggi tristemente nota

anche per le vicende legate al cartello di Medelin?

Perche' mi sembra ovvio che la legalizzazione di solo una parte

delle droghe, rischierebbe di invalidare ogni discorso

antiproibizionista.

Ed infine...in questo paese di

pulcinella...chi controllera' i controllori?

giancarlo

 
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