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Conferenza droga
Taradash Marco - 1 ottobre 1990
Vorrei riprendere il discorso dalle obiezioni di Tedoldi, secondo cui il bilancio complessivo di una regolamentazione legale confermerebbe comunque la necessità della repressione. L'argomento è uno solo, ed è il solito: l'aumento del numero dei "drogati". Tedoldi dà per scontati tutta una serie di effetti collaterali della legalizzazione, che per comodità esplicito: a) abolizione del narcotraffico e quindi sottrazione ai poteri criminali di una risorsa che varia, a seconda dei paesi, dal 70 al 90% del bilancio annuo della criminalità; b) conseguente diminuzione del peso sulla società e sui poteri pubblici delle organizzazioni criminali, in proporzione alla diminuzione del loro potere finanziario di corruzione, inserimento nei mercati legali, acquisto di armi più avanzate eccetera; c) scomparsa della cosiddetta microcriminalità legata all'acquisizione di droga (per meglio dire, del denaro necessario a pagare a prezzi esorbitanti le droghe proibite) - questo non è un fattore di riflessione secondario se è vero
che in un rapporto presentato dal Governo Usa la scorsa settimana, e ripreso dall'Herald Tribune, si calcola che il costo per la società Usa dei 9 milioni di reati compiuti ogni anno per procurarsi droga sia di 5 miliardi di dollari per danni direttamente legati ai reati e 30 miliardi di dollari per altri costi sociali; d) la drastica riduzione di morti per overdose provocate da eccesso di sostanze pure o da tagli sbagliati;

e) la drastica riduzione di malattie, dalla epatite all'Aids, provocate dalle modalità clandestine del consumo di droga e aggravate dalle condizioni di vita dei tossicodipendenti (povertà, vagabondaggio, mancanza di servizi primari); d) enorme sgravio di lavoro per istituzioni pubbliche quali la magistratura, la polizia, oggi anche le prefetture eccetera, che potranno finalmente dedicarsi al quel 20-30% di reati criminali criminali (e non "drogati") che oggi di fatto non vengono perseguiti o puniti. Potrei continuare coi benefici, ma voglio aggiungere soltanto un elemento partigiano, su cui non spero che Teodoli convenga: anche la diminuita incidenza degli apparati statali di controllo e repressione sulla vita privata dei cittadini è un beneficio da non sottovalutare.

Sull'altro piatto della bilancia, si dice, l'aumento del consumo. Personalmente non sono affatto convinto che questo avverrà, nella maggior parte dei paesi del mondo, quelli dove il narcotraffico è già inserito. Sono al contrario convinto che oggi vi sia un consumo ben superiore a quello "normale", ovvero che si verificherebbe in condizioni persino di facile acquisizione delle droghe per via legale, in tutti i paesi dove le reti commerciali del narcotraffico hanno sviluppato la loro presenza. Oggi c'è in Europa, come negli Usa, una rete di vendita capillare, che va dall'offerta clandestina in piazza o in portone buio, a un sistema efficientissimo di porta a porta per le classi agiate. Oggi qualsiasi tossicodipendente pratica lo spaccio, e quindi il proselitismo, per procurarsi denaro. Oggi ci si inserisce nel giro della droga per venderla, prima ancora che per usarla, in moltissime situazioni.

Ma ammettiamo pure l'aumento del numero dei consumatori. Entrano in questione gli indici di qualità della vita di cui ho parlato nell'altro intervento e che, ad esempio, Laura Terni aveva illustrato benissimo nel suo apologo. Tedoldi aveva replicato con una storia altrettanto plausibile. Solo che oggi soltanto la storia di tedoldi, e soltanto quella, è possibile, mentre domani lo saranno anche le storie come quellq narrata da Laura. Consumare una sostanza che può provocare danni all'organismo in condizioni di relativa sicurezza sanitaria è possibile soltanto se c'è un controllo di qualità, di quantità, di serietà del produttore. Morire di overdose è una possibilità intrinseca all'uso di eroina, come morire per eccesso di velocità è una possibilità intrinseca all'uso dell'auto. Noi vorremmo che non venissero più commercializzate dosi di eroina paragonabili a vetture senza freni, con i H

 
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