Torno su questo argomento dopo molto e dopo aver letto il testo284 di G.Ranieri. Della ventina che ho letto, questo é quello che più mi ha trovato concorde.Giancarlo ha centrato uno degli aspetti del problema, forse perché l'esperienza che ha fatto con il suo amico gli ha permesso di decifrare quello che alla magior parte delle persone sfugge.Sono piacevolmente colpito di come hai affrontato il problema e sono convinto anche io che il tuo setimento "paterno" nonchè quello di amico ti abbiano aiutato ad affrontare nella giusta maniera il problema.
Con questo non voglio dire che tutti i padri, solo perché tali, siano illuminati e saggi.Anzi,spesso causano molti danni (consapevolmente o incosapevolmente).
La persona che si droga é normalmente una persona più sensibile delle altri.E proprio questa sua sensibilità che lo porta a vivere più intensamente i propri e gli altrui problemi. E proprio come tutte le persone sensibili, é più esposto degli altri a tutto quello schifo che nella vita si incontra.
Durate il mio ricovero al Gemelli quello che più mi ha aiutato é stato il calore umano e non gli psicofarmaci.Ho instaurato un rapporto splendido con il personale interno, e questo assieme all'aiuto che la dottoressa presso cui ero in terapia prima e dopo il ricovero mi ha permesso di superare tutti gli ostacoli che, non lo nascondo, spesso mi sono sembrati insormontabili.
Voglio dire che spesso il sentire attorno a se quel calore, e quell'affetto, cui quasi tutti i tossici non conoscono da lungo tempo, é la migliore terapia.Chiaramente non può da sola risolvere una situazione resa callosa da anni e anni di abrutimento mentale e fisico, ma é il primo approccio per instaurare un discorso mirato al recupero della persona nella sua interezza.
Tempo fa , mi sono ritrovato in piazza a parlare con dei conoscenti,gli raccontavo di come ho passato la rota e loro mi dicevano dei loro soliti casini.Con un paio di loro ho approfondito il discorso, anche perché vi era stata una lontana amicizia.Parlavamo proprio delle stesse cose che ora ho letto in alcuni testi.Parlavamo di come, per sopravvivere ,ci si crei una scorza, un personaggio, un qualcosa per il solito motivo:Mettere un muro tra la nostra sensibilità e lo schifo che ci circonda.Solo grazie a questa buccia siamo sopravvissuti. Ma in ognuno di noi, nessuno escluso, sotto quella scorza é sempre quella persona sensibile e talvolta indifesa. Questa persona con cui stavo parlando fà il rapinatore, siamo rimasti a parlare per ore, io dell'ottimismo che mi era stata infusa durante il ricovero, lui di quanto fosse solo e stanco.Proprio come lo ero io un solo mese prima. Ho voluto parlare con altre persone che conoscevo e ogni volta era la stessa cosa.Gli stessi motivi. Persone con capacità, persone stupe
nde ma fragili. Questo mio amico é morto durante una rapina poco tempo fà, l'ultima volta che l'ho visto mi diceva che da qualche giorno pensava sempre più frequentemente alla morte...
Bé, ora ho perso il filo.Comunque, poiché vedo che ancora ci sono persone che parlano di droga o di recuperare persone, senza poi darsi la pena di capire chi sono quelle persone e come sono dentro, a queste persone consiglio di rileggersi quanto scritto da Giancarlo. E se la loro ottusità non gli permette di vedere al di là del loro naso....che dirvi? Vuol dire che darò la colpa alla mia sensibilità e mi dirò che sono io che sbaglio.
Ero partito con l'idea di scrivere una replica a Giancarlo e poi mi sono perso dietro ad un ricordo.
Voi che un pò mi conoscete mi perdonerete vero? :-)
Maldestro