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Conferenza droga
Radio Radicale Radio - 29 novembre 1990
Intervista a Marie Andrée Bertrand
Presidente della Lega Internazionale Antiproibizionista

RADIO RADICALE: Siamo quasi alla fine della conferenza della Drug Policy Foundation: possiamo fare una prima valutazione di quanto si è detto finora?

BERTRAND: Certo; mi sembra che al confronto delle conferenze precedenti, gli esperti - perche' qui ce ne sono molti- di scienze umane, di farmacologia, di politica, di diritto abbiano una qualità di lavoro e di ricerca sempre più sofisticata ed interessante;

più interessante ancora mi e' parsa la capacita' della dpf, di mettere la scienza e la politica assieme, cosa molto difficile, mettere insieme la scienza, l'etica e la politica. In altri termini mi sembra che si sviluppi non una unanimità sui modelli-alcuni infatti sono per la decriminalizzazione, altri per la legalizzazione, altri ancora per la legalizzazione limitata a alcune droghe, altri sono preoccupati soprattutto dalla questione del recupero- ma che si sia sviluppata una concordia sul fatto che il diritto penale applicato a questa materia e' inumano e che occorre trovare una soluzione diversa e più umana del problema.

RADIO RADICALE: Quale potrebbe essere secondo te la prossima priorità della Drug Policy Foundation, la cosa da fare da domani?

BERTRAND: Ce ne sono almeno due: la prima è allargare la propria base democratica. Come qualcuno ha fatto notare, non sono più soltanto gli utilizzatori di droghe a costituire una base di consenso per modificare le leggi penali in vigore. La fascia di popolazione investita dal problema droga negli anni 60, è quella che ha adesso tra i 40 e i 50 anni, mentre i giovani di oggi non si preoccupano molto delle questioni legali: quindi ci occorrono delle nuove basi, ad esempio gli addetti ai servizi sociali, coloro che lavorano nel campo della psicologia, del diritto , della farmacologia, che certamente hanno voglia di impegnarsi in una lotta del genere e la Drug Policy Foundation deve fare il possibile per raggiungerli.

Seconda cosa: credo che la Drug Policy Foundation debba indicare più chiaramente che per quanto attiene alla riforma delle leggi, non si tratta soltanto di correggere un po' le leggi esistenti, non si tratta di piccole riforme ma di radicali rivoluzioni.

RADIO RADICALE: Si ha l'impressione che l'impostazione della dpf sia un po' americocentrica: sono previsti maggiori legami con la Lega Internazionale Antiproibizionista per allargare gli orizzonti della fondazione?

BERTRAND: In effetti il gruppo qui è molto nordamericano, ed io ho sentito questa difficolta' nelle commissioni sui rapporti nord-sud, sui rapporti est-ovest. Ho sentito la difficolta' della lingua soprattutto: qui l'inglese impera e nessuno o quasi parla altre lingue, quindi la comunicazione con gli altri paesi è molto difficile, si tratta di un problema di egemonia, tutti devono parlare inglese per rivolgersi agli americani...noi avevamo un ospite russo, degli olandesi, dei tedeschi, degli italiani che dovevano adattarsi a parlare inglese.

Poi c'è il problema in effetti dell'americocentrismo: qui è un pò come se il resto del mondo non fosse molto importante, e la Drug Policy Foundation ne risente in qualche modo. Ma quest'anno Arnold Trebach, il Presidente, ha fatto uno sforzo considerevole per raccogliere non solo gente di altri paesi ma anche problemi di altri paesi, come gli effetti delle politica americana sull'america del sud, gli effetti della convenzione unica sugli stupefacenti voluta dagli USA nel 1061 e vincolante per tutti gli altri paesi firmatari della convenzione.

RADIO RADICALE: Ci saranno dei legami istituzionali più stretti tra Drug Policy Foundation e la Lega Internazionale antiproibizionista nel futuro...?

BERTRAND: Attualmente la Drug Policy Foundation è membro della Lia, mentre non e' ancora vero il contrario ed io credo che dovremmo farlo. Inoltre si sono costituiti in Europa dei gruppi della LIA molto attivi, in Svizzera, in Belgio, in Italia, in Spagna che, io spero, riusciranno ad influenzare un po' la visione di qui. Quando si è negli Stati Uniti, si ha l'impressione che gli americani credano che una volta risolti i loro problemi hanno risolto tutto...invece è l'inverso: quando creano dei problemi tutto il mondo ne soffre...

 
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