Autori: Yves LEDOUX, Isidore PELC
Organizzazione: ULB
L'Asia, continente produttore di oppio per eccellenza, e' anche il principale consumatore mondiale. In Thailandia la domanda e' piu' alta dell'offerta (da 20 a 50 tonnellate prodotte ogni anni), il che non impedisce al paese di essere una zona di transito, soprattutto verso gli Stati Uniti e l'Australia, dell'oppio e dei suoi derivati provenienti dagli altri due paesi del Triangolo d'Oro, il Laos (circa 300 tonnellate) e soprattutto la Birmania (almeno 1.500 tonnellate).
Se la produzione in Thailandia si e' fortemente ridotta (da 100 a 150 tonnellate durante gli anni Sessanta) e' stato certamente grazie agli sforzi internazionali e locali: in particolare nella sostituzione delle coltivazioni di papavero. Anche se va tenuto conto di un effetto "ballon" al di la' della frontiera birmana, cio' non toglie che siano stati realizzati dei sensibili progressi.
L'interesse della Thailandia - data la sua partecipazione alla sfera di influenza dell'Occidente - e' di riverlarsi un laboratorio accessibile all'esame scientifico esterno, per quanto riguarda le coltivazioni.
La nostra relazione cerca di fornire un riassunto dei risultati di studi realizzati sui problemi e la posta in gioco nella produzione dell'oppio e sull'estensione del consumo presso le popolazioni montanare del Nord, la loro partecipazione e assistenza ai programmi di riduzione delle coltivazioni di papavero. Presenteremo anche, criticandole allo scopo di accendere il dibattito, alcune "soluzioni" proposte, indicando alcuni di quelli che noi consideriamo dei miti dell'antiproibizionismo. In particolare quello della scomparsa di un mercato nero attraverso la regolamentazione della distribuzione, quando assicurare ai contadini l'acquisto della loro produzione non farebbe che alimentare l'estensione del giro illegale. O ancora, quello dell'accettazione culturale dell'uso di oppiacei, mentre il consumo di oppio e' sottoposto a una forte condanna sociale anche nelle regioni di produzione.
Sembra quindi che non si possa immaginare altro che la perseveranza paziente e ostinata negli sforzi intrapresi per lo sviluppo socio-economico rurale e la risoluzione dei conflitti etnici che, particolarmente nel Nord della Birmania, toglierebbero qualsiasi utilita' strategica alla coltivazione del papavero