1 - Gli antiproibizionisti non parlano di "liberalizzazione" ma di "legalizzazione", ovvero di sottoporre le droghe ad un insieme di norme che ne regolino produzione, detenzione, vendita e consumo e sanzionino le relative trasgressioni sull'esempio di quanto avviene per altri prodotti a rischio, dalle armi ai dolcificanti. "Liberalizzata" è la situazione odierna, in cui in ogni paese e città sono disponibili 24 ore su 24 punti di smercio che operano al di fuori di qualunque forma di controllo sia qualitativo che quantitativo; una rete di vendita estremamente capillare e organizzata in larga misura controllata dalla criminalità, sulla quale lo Stato non incide, con arresti e sequestri, che in misura irrilevante (lo dicono le fonti ufficiali e quindi non è una congettura degli antiproibizionisti).
2 - Un mercato controllato permette di agire sui problemi derivanti dall'abuso e nella fattispecie consentirebbe di controllare il diffondersi delle patologie correlate all'assunzione di particolari tipi di droghe (essenzialmente l'eroina) di cui l'Aids è la forma più grave. Una seria politica di "riduzione del danno", e gli esempi a questo riguardo non mancano (tanto per ripeterci basta vedere cosa è stato realizzato a Liverpool e ad Amsterdam, che non è il paradiso della droga come lo dipinge il sig. Muccioli ma una città in cui i bambini possono giocare tranquilli nei parchi senza correre il rschio di ferirsi con siringhe abbandonate), consente di ridurre drasticamente l'incidenza di Aids tra la popolazione tossicodipendente con evidente beneficio per l'intera popolazione, consente di sottrarre i td dal mercato clandestino dell'eroina di strada mediante la utilizzazione di farmaci sostitutivi, consente di ridurre il fenomeno della microcriminalità che produce tre milioni di reati solo in Italia ogni anno
con una spesa e costi impressionanti che ricadono sull'intera collettività.
Tutto questo, e altro ancora, si chiama realismo, ragionevolezza, pragmatismo mentre in Italia si preferisce la strada della risposta d'ordine, illusoria e tragicamente fallimentare, così come un fallimento fu il proibizionismo sugli alcolici nell'America degli anni '20 e '30.
Tutto questo, e altro ancora, ha basi teoriche e scientifiche, mentre i fautori del proibizionismo non sanno far altro che far leva sul moralismo e la pretesa eticità della loro posizione.
Questa non è che una breve e incompleta risposta all'intervento precedente. Basta però dare una scorsa a tutta questa conferenza per saperne un po' di più e rendersi conto che se una cosa non si vede non per questo significa che non esiste.