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Conferenza droga
Meloni Riccarda - 23 maggio 1991
DROGA VIETATA MAFIA ARRICCHITA

di Giorgio Bocca (La Repubblica 23/5/1991)

La protezione di una minoranza di drogati vale la rovina progressiva della democrazia? O se preferite: il grande, irresistibile potere economico che i proibizionismo assicura alla malavita organizzata con il traffico della droga è ancora sopportabile, accettabile in un paese in cui essa ha già messo le mani su quattro grandi regioni? E se così stanno le cose perché continuare a vedere il problema solo nell'ottica della minoranza tossicodipendente e dei loro familiari e non in quella dei venti milioni di meridionali onesti o normali che hanno già perso in tutto o in parte i diritti e le garanzie democratici o in quella degli altri trentotto milioni di italiani che vedono la piovra avanzare con i suoi tentacoli?

Non c'è italiano, non c'è cultura regionale, che ignori i luoghi comuni del denaro corruttore: "Nessuno è incorruttibile, ogni uomo ha la sua cifra"; "E' un galantuomo, bisogna pagarlo bene e in contanti"; "il denaro non puzza". Ma se si passa dal privato al pubblico questa antica sapienza svanisce, né il ceto politico né la pubblica opinione sembrano disposti a riconoscere che con il proibizionismo la metastasi mafiosa è in marcia. Forse un'ammissione pubblica sarebbe infamante, forse la maggioranza dei cittadini onesti e i loro delegati politici non se la sentono di ammettere che stanno consegnando il paese alla delinquenza con le loro omissioni e la loro indifferenza o rassegnazione. Ma il denaro corruttore c'è, è una montagna, un fiume, una valanga.

Il proibizionismo dei paesi avanzati ha procurato alla malavita profitti che stanno fra i seicentomila miliardi di lire valutati dal Congresso degli Stati Uniti e i quattrocentomila delle Nazioni Unite. Anche sulla quota italiana ci sono valutazioni diverse, ma la media è sui quarantamila miliardi, un terzo del bilancio dello Stato. Lo dicono la Guardia di Finanza, lo dice la magistratura ma finisce lì, poi tutti fingono che questi quarantamila miliardi ogni anno svaniscano nell'aria. Ma non è così, essi corrono, si diramano, stanno chiudendo nella loro rete il salotto buono come quello cattivo del nostro capitalismo, non c'è uomo d'affari, non c'è finanziere che rinunci a fare un grosso profitto e la Mafia è lì pronta a pagare dieci ciò che vale cinque pur di introdursi.

Non ne parla nessuno? Non è esatto, ne ha raccontato le trame, le tecniche, i processi di complicità, la tipologia dei protagonisti il serial televisivo "La piovra", esso ha sostituito per mesi una informazione, una politica, una magistratura disattente ed è stato debitamente messo a tacere. Nuoceva all'immagine del ceto politico, che ha dato il via libera alla mafia ma che non ha perso la suscettibilità. Ma come non vedere i segni della corruzione mafiosa che sono giganteschi e impudenti come vuole la Mafia? Non si conosce una sola indagine giudiziaria o fiscale che abbia fatto luce sulle grandi e improvvise fortune dei parvenus che nel giro di pochi anni sono diventati padroni di imprese edili, assicurazioni, collane di grandi alberghi, cliniche, stazioni turistiche, produzioni cinematografiche. E quando qualcuno di essi è incappato in qualche incidente giudiziario mai e poi mai è approdato alle patrie galere, c'è sempre stato un grado della giustizia che lo ha mandato libero.

Il denaro non puzza, non parla, non confessa, ma quarantamila miliardi nessun prestigiatore può farli scomparire. Ci sono complici in tutte le amministrazioni dello Stato e bastano alcuni con la loro autorità a intimidire gli altri? Sta di fatto che è stata negata da una parte della nostra magistratura una verità elementare, naturale, come si dice di ciò che in natura non può essere diverso. Si è negata l'esistenza di un centro direttivo della Mafia, si è data per accettabile l'idea che un traffico di quarantamila miliardi si svolga a caso ad opera di una miriade di piccoli delinquenti. E una stampa infame di appoggio ha irriso alle "fantasie" dei magistrati coraggiosi. Bene, si può discutere quanto si vuole sulla mitica Cupola, se ci sia o sia una invenzione di Buscetta, se la dominino i corleonesi o altri, se Michele Greco sia o non sia stato il suo "papa" ma sta di fatto che qualcosa di simile esiste in tutti i paesi dei narcotrafficanti e non si riesce a capire perché ciò che è vero, ovvio, accettato all

'estero sia da noi incredibile e quasi blasfemo.

Nei paesi stranieri su cui possiamo dire la verità vedi la Colombia, Panama, Perù, Cuba, la mafia della droga è diretta da una oligarchia di grandi narcotrafficanti che hanno loro uomini non solo nei governi ma anche nelle opposizioni armate e persino nei regimi comunisti, vedi i guerriglieri colombiani, Sendero luminoso e i generali di Castro. Ma da noi niente, il "terzo livello" è una invenzione. La minoranza dei tossicodipendenti e delle loro famiglie rappresenta un grosso problema sociale e umano che nessuno intende abbandonare a sé stesso; e nessuno può fare previsioni certe sulla sua sorte se cadesse il proibizionismo. Ma ognuno vede i guasti spaventosi che il proibizionismo va facendo fra gli altri italiani. Si sono mai chiesti i proibizionisti perché dovunque la Mafia miri al controllo del territorio? Solo per riscuotere le tangenti e avere qualche appalto? O non piuttosto perché il controllo del territorio si è reso necessario per avere il controllo delle elezioni da cui la complicità del ceto polit

ico? Si sono mai chiesti i proibizionisti dove trovino le centinaia di milioni necessari a comperare le preferenze i deputati o consiglieri municipali ieri sconosciuti oggi eletti con fiumi di voti?

Ma il controllo del territorio implica una malavita di massa, donde il proliferare delle piccole bande giovanili in cui la Mafia seleziona i suoi killer. Si aggiunga la microcriminalità dei tossicodipendenti, il settanta per cento della microcriminalità, che ha ormai diffuso una "legalità malavitosa", tutta una serie di reati ormai imperseguiti e impuniti. Ognuno di noi spera che i suoi figli non finiscano fra i drogati e se ci finiscono cerca di curarli, di salvarli.

Ma tutti noi speriamo anche che i nostri figli non debbano vivere nella società governata dalla malavita che il proibizionismo sta aiutando a crescere.

 
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