DELIBERA ASSUNTA DAL CONSIGLIO DELL'ORDINE PROVINCIALE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DI MILANO
Dott. Giorgio Inzani:
Il Presidente comunica che in data 17/4/91 è pervenuta dal Dott. Giorgio Inzani copia del ricorso al TAR Lombardia contro il D.M. 19/12/1990 n. 445 "Regolamento concernente la determinazione dei limiti e delle modalità d'impiego dei farmaci sostitutivi nei programmi di trattamento degli stati di tossicodipendenza".
Dopo ampia discussione, il consiglio approva all'unanimità la seguente delibera:
Il Consiglio dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano e Provincia ritiene doveroso intervenire a sostegno del ricorso proposto dal CORA e dai dottori Giorgio Inzani di Milano e Maria Grazia Fasoli di Brescia al Tar della Lombardia, al fine di ottenere l'annullamento, previa sospensione, di alcuni articoli del Decreto Ministeriale n. 445 del 19/12/90 con cui è stato approvato il "Regolamento per la determinazione dei limiti e delle modalità di impiego dei farmaci sostitutivi nei programmi di trattamento degli stati di tossicodipendenza" pubblicato dalla G.U. 30 gennaio 1991.
Il Consiglio è convinto che tale decreto sia profondamente lesivo del libero esercizio della professione medica e in contrasto con i principi dell'etica professionale. Ritiene inaccettabile per la libertà, la dignità e la coscienza professionale del medico che un decreto ministeriale stabilisca per legge:
1. quale sia il trattamento farmacologico di uno stato morboso (nel caso specifico le tossicodipendenze);
2. che questo trattamento debba essere limitato a un solo farmaco (nel caso specifico il metadone);
3. che la somministrazione di tale farmaco sia consentita solo nel caso in cui altri trattamenti (nel caso specifico socio-psico-pedagogici), mirati alla guarigione (nel caso specifico la disassuefazione dall'eroina) siano falliti.
Il Consiglio ritiene assolutamente inaccettabile e in contrasto con ogni principio di etica professionale che venga dimenticato dal Ministro quello che tutti i medici sanno o hanno accettato per giuramento come loro preciso impegno e dovere: il fine dell'atto terapeutico non è necessariamente la guarigione, ma in molti casi solo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche del paziente o anche unicamente la diminuzione delle sue sofferenze.
Il Consiglio ritiene inaccettabile che venga ignorato come ogni atto terapeutico sia frutto di un'attenta valutazione complessiva del bilancio rischi-beneficio per quel particolare soggetto, in quel particolare momento, in quel particolare contesto. Non può pertanto essere accettato un protocollo terapeutico stabilito per legge (sostanze, tempi, dosi, modalità) per un soggetto paradigmatico, immerso in un tempo e in un contesto astratti.
Il Consiglio ritiene infine che per i motivi sopradetti si venga a creare un vulnus molto grave alla possibilità di svolgere la professione medica sia all'interno della struttura pubblica (NOT) sia nell'ambito libero-professionale, a causa della totale deprivazione della responsabilità individuale del singolo professionista.