UNA LEZIONE SBAGLIATAdi Amato Lamberti - Direttore dell'Osservatorio sulla camorra
pubblicato su "Il manifesto" di oggi
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Dietro il facile paravento della droga è in atto un vero e proprio attacco oscurantista alla ragione e alla scienza, che viene portato avanti paradossalmente con il sostegno dei mezzi di comunicazione di massa. Cioè proprio con gli strumenti più moderni di formazione dell'opinione pubblica.
Un solo esempio tra i tanti possibili. Il maggiore quotidiano della Campania riportava, con grande spazio e larga enfasi, la notizia che in un piccolo comune dell'avellinese, Pietradefusi, a parlare di droga agli studenti del locale Liceo scientifico, erano stati chiamati quattro giovani ex-tossicodipendenti già ospiti della Comunità di San Patrignano. L'articolista dava grande rilievo all'iniziativa accreditandola come il modo migliore di fare prevenzione, specie in una realtà ad alto rischio come Pietradefusi.
Ma perché questo paese è da considerare ad alto rischio? Forse perché è elevato il numero di tossicodipendenti in trattamento presso la struttura pubblica? Forse perché sono già numerosi i giovani del paese che sono stati ricoverati in comunità? Forse perché i rapporti della polizia e dei carabinieri hanno evidenziato la diffusione di sostanze e comportamenti illeciti?
Niente di tutto questo: semplicemente il fatto che il paese
per effetto di alcuni insediamenti industriali "sta abbandonando la cultura agricola per una società più moderna ma anche più confusa". La banalità promossa a scienza. Forse a qualcuno bisognerebbe spiegare che tra consumo di droga e diffusione del benessere economico non c'è un rapporto diretto, ma che sono tanti i fattori che debbono entrare in gioco. Quanto al fatto di chiamare ex-tossicodipendenti provengano essi da San Patrignano o da qualsiasi altra comunità a parlare di droga, si dovrebbe solo far notare la contraddittorietà dell'operazione che, da un lato, vuole dissuadere dall'entrare ne
lla droga e, dall' altro, presenterebbe la concreta fuoriuscita dalla droga.
In pratica, al ragazzo si finisce per dire che certo la droga è un'esperienza devastante ma non bisogna drammatizzare perché se ne può uscire fuori e diventare anzi il protagonista di un'impresa tutta da raccontare a un pubblico sempre più commosso, solidale e partecipe.
Personalmente sono assolutamente convinto della necessità di non drammatizzare il problema se lo si vuole combattere efficacemente. Il tossicodipendente è semplicemente una persona che più degli altri ha bisogno di attenzione e di aiuto, non certo di punizioni. Ma non credo giusto né scientificamente corretto ma sicuramente Muccioli non ha mai sentito parlare di dissonanza cognitiva mandare in giro nelle scuole ex-tossicodipendenti a raccontare a fosche tinte, senza nessuna capacità di problematizzarla, la propria personale esperienza di tossicodipendenza e, nello stesso tempo, a esibire, nella propria stessa persona, il successo di una proposta terapeutica.
Tanto meno è giustificabile questa operazione che sa tanto di promozione di immagine in un contesto dove i ragazzi non sono ancora aggrediti dal fenomeno ma già vivono in una condizione che genericamente si può definire di disagio, con sé stessi, con la loro famiglia, con la scuola, con la società.
A questi giovani bisogna insegnare che non è con la droga che debbono mandare segnali di attenzione e richieste di aiuto. Ai genitori e agli educatori bisogna far entrare in testa che devono mettersi in comunicazione e in ascolto, in prossimità e in consonanza dei propri giovani, perché ci sono cose che non possono essere delegate a strutture impersonali anche se con un leader carismatico. Sarebbe grave che anche la prevenzione delle tossicodipendenze diventasse uno dei tanti business su cui buttarsi solo per arraffare denaro. Mi sembra che molti stiano già tentando di farlo e qualcuno, anche in grande stile.