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Conferenza droga
Radio Radicale Roberto - 8 luglio 1991
COORDINAMENTO RADICALE ANTIPROIBIZIONISTA
Comitato scientifico

Relazione del prof. AMATO LAMBERTI, direttore dell'"Osservatorio sulla camorra", Università di Napoli - Dipartimento di sociologia, alla Commissione d'inchiesta sulla diffusione nei paesi della Cee della criminalità organizzata connessa al traffico di droga.

Non si può comprendere la situazione italiana se non si tiene conto del fatto che, in Italia, nelle regioni meridionali di Sicilia, Calabria, Campania, la criminalità organizzata è presente e fortemente radicata da più di un secolo. Con il controllo del traffico e dello spaccio di droga queste organizzazioni di tipo mafioso (orientate cioè al controllo e al governo, anche economico e politico, del territorio in cui sono insediate):

a) si sono economicamente rafforzate e strutturalmente trasformate

b) hanno ampliato di molto il raggio della loro azione, sino a diventare fenomeni di carattere nazionale e internazionale.

Per quanto riguarda il punto (a), la disponibilità di enormi capitali, dell'ordine di diverse decine di migliaia di miliardi di lire, sia pure distribuiti tra oltre trecento "clan" criminali, spesso in guerra tra loro, ha favorito la trasformazione di questi clan in vere e proprie holding economico-finanziarie che operano nei più diversi settori produttivi, dal commercio al mercato immobiliare, alla fornitura di servizi, all'industria delle costruzioni, all'intero settore agro-alimentare, ecc. In pratica questi clan danno vita ad una miriade di società finanziarie con le quali operano sul mercato economico a tutti i livelli, ivi compreso quello finanziario, operando come delle vere e proprie banche. La disponibilità di denaro, inoltre, permette di operare ulteriori investimenti sul mercato della droga, in modo da favorire sempre più alti livelli di consumo di droga, anche attraverso l'immissione sul mercato di nuovi stupefacenti. Questo denaro favorisce anche ulteriori investimenti sul mercato delle attività

illegali tradizionali, quali il contrabbando, il gioco d'azzardo, la prostituzione, la produzione di merci falsificate nella "marca". Infine, ma è un effetto di grande importanza, questa disponibilità di denaro proveniente dai traffici di droga, dopo essersi tradotto in società finanziarie ed imprese di costruzione e/o di fornitura di servizi, facilita il controllo della spesa pubblica delle amministrazioni locali sia nelle regioni del Sud che nelle altre regioni d'Italia in cui queste organizzazioni si sono operativamente insediate. Non bisogna dimenticare che il mercato della droga ha anche favorito la moltiplicazione dei "clan" mafiosi e dei "gruppi" criminali in tutta Italia. In Campania, negli ultimi dieci anni, si è passati da 16 clan camorristi a 120 clan e gruppi criminali, con conseguente aumento esponenziale di ogni tipo di reato.

Per quanto riguarda il punto (b), la necessità del controllo e del continuo ampliamento del mercato della droga ha, per così dire, costretto queste organizzazioni criminali a compiere un salto di qualità, per rendersi sempre più efficienti e sempre più adeguate alle nuove esigenze. Da fenomeni locali e regionali si sono innanzi tutto trasformate in fenomeni nazionali e internazionali. La 'ndrangheta, la mafia calabrese, prima della droga era un fenomeno limitato ad una piccola area della Calabria, la provincia di Reggio Calabria. Oggi, in collegamento con la mafia siciliana, ma anche autonomamente, controlla la via medio-orientale del traffico di eroina che assicura l'approvvigionamento del mercato statunitense controllato dalla mafia locale. In Italia controlla il mercato della droga in intere regioni, come il Piemonte. In Europa ha basi operative accertate sia in Svizzera che in Germania e in Francia.

Anche la camorra, la mafia napoletana, prima della droga era un fenomeno regionale di limitate dimensioni. Oggi, in collegamento con i narcotrafficanti sudamericani, controlla una quota consistente del traffico di cocaina in Italia e in Europa. Ha impiantato basi operative in Spagna dove la merce viene accantonata prima di prendere la strada dei più diversi paesi del Nord Europa e dell'Italia. Le nuove esigenze operative hanno portato la camorra a trasferire le direzioni strategiche dei vari clan fuori da Napoli e dall'Italia. Michele Zaza e Mario Iovane si erano stabiliti in Francia in Costa Azzurra, Ernesto Bardellino tra Santo Domingo e Brasile, Ammaturo in Spagna, Iacolare in Argentina, Nuvoletta in Germania. In tutti questi paesi oltre a gestire segmenti del traffico di droga hanno operato investimenti finanziari e produttivi e stabilito relazioni con apparati di controllo sociale e personalità del mondo della politica e della finanza. Anche la mafia siciliana assume importanza internazionale con la dro

ga, quando assume il controllo del traffico di morfina-base dal medio e dall'estremo Oriente verso gli Stati Uniti e della raffinazione della morfina-base in eroina. Anche in Sicilia il peso della mafia, già notevole, diventa ancora più importante grazie alla aumentata disponibilità di denaro.

La droga, inoltre, facilita la saldatura tra i diversi traffici illegali gestiti dalle diverse organizzazioni mafiose. La camorra che gestiva il contrabbando di sigarette riutilizza ampiamente questa struttura molto articolata anche per quanto riguarda la droga, così come già aveva fatto per le armi. La rete del contrabbando di tabacco viene anzi messa a disposizione anche di altre organizzazioni, come la mafia siciliana, per quanto riguarda la droga. Si creano così interconnessioni, joint-venture, che allargano a dismisura le dimensioni del business droga.

Le organizzazioni mafiose non sono però le uniche operanti sul mercato italiano, soprattutto a livello di spaccio al minuto. Si può anzi dire che, tranne che in alcune regioni, le organizzazioni mafiose preferiscono dedicarsi esclusivamente al controllo dell'approvvigionamento, della raffinazione, della vendita all'ingrosso. Sul territorio lo spaccio è lasciato ad altre organizzazioni criminali, spesso di recente costituzione ad opera di criminali tradizionali o di sbandati, o di giovani violenti, senza cultura e prospettive sociali, in cerca di una qualche realizzazione economica. C'è anche spazio per organizzazioni gestite da stranieri. In Italia la cocaina è venduta direttamente anche da organizzazioni boliviane, equadoregne, colombiane. L'hascisc da organizzazioni tunisine, marocchine, senegalesi, tanzaniane, turche, libanesi, pakistane. Le anfetamine, come l'estasi o l'ice, sono vendute da giovani, spesso scolarizzati, in tutti i luoghi di aggregazione ricreativa dei giovani, come le discoteche, ma non

si hanno notizie sulle organizzazioni che assicurano produzione e rifornimenti.

In ogni caso, tutte queste organizzazioni hanno bisogno di complicità e connivenze, anche a livello di forze dell'ordine, per potersi muovere indisturbate sul territorio. Il loro potere di corruzione è enorme e riguarda agenti delle diverse forze di polizia ma anche operatori della giustizia. A livello di amministratori pubblici e rappresentanti politici i rapporti di connivenza e complicità sono più complessi perché prevedono scambi che non sono solo di natura monetaria. Queste organizzazioni mafiose sono in grado di orientare il consenso elettorale si quote significative della popolazione, soprattutto in alcune regioni del Sud d'Italia. Questo consenso può essere scambiato con appalti pubblici, concessioni, intermediazioni e favorisce l'emersione nella politica di personaggi legati alle logiche e agli interessi dei clan criminali.

La legislazione italiana per la lotta al traffico e al consumo di stupefacenti è molto articolata e dota le forze dell'ordine di tutti gli strumenti per combattere efficacemente il traffico - dalla consegna controllata al controllo della utilizzazione dei precursori, alla utilizzazione delle intercettazioni telefoniche, al controllo delle operazioni bancarie - ma si è dimostrata del tutto inefficace. E' aumentato il quantitativo di droga sequestrata ma il mercato non ne è stato per nulla modificato; sono aumentati gli arresti ma questi riguardano esclusivamente spacciatori - spesso tossicodipendenti - e piccoli trafficanti; numerosi clan e gruppi di trafficanti-spacciatori di droga sono stati smantellati ma altri se ne sono immediatamente formati al loro posto. Anche il sequestro e la confisca dei beni illecitamente accumulati, che in Italia era una strategia operante già da anni contro le organizzazioni mafiose, non finora contribuito a mettere fuori gioco nessuna organizzazione criminale colpita, anche rip

etutamente, da questo provvedimento. La legislazione per combattere il riciclaggio prevede numerosi controlli a livello bancario, ma viene continuamente aggirata. Lo strumento privilegiato è quello delle società finanziarie. In questo modo anche professionisti delle intermediazioni finanziarie finiscono, come consulenti e prestanome, nelle maglie di organizzazioni criminali sempre più organizzate e complesse. Ma ci sono forme di riciclaggio più semplici che forse sono ancora più pericolose per le economie locali. Sono quelle che si realizzano attraverso l'acquisto di immobili, di esercizi e licenze commerciali, l'impianto di piccole attività produttive e che consentono al gruppo o al clan che gestisce anche un piccolo commercio di droga di legittimarsi socialmente in veste di commerciante o imprenditore e di acquisire capacità di movimento sul mercato illegale prima impensabili.

Non si può fare a meno di rilevare una sorta di incapacità strutturale degli apparati di controllo sociale ad intervenire sul mercato della droga nel suo complesso. Anche gli arresti di spacciatori, che pure si fanno sempre più numerosi, sembrano avere come unico risultato quello di moltiplicare il numero degli addetti allo spaccio di droga. Infatti, il posto lasciato libero dagli arrestati viene subito occupato da nuovi soggetti; quando gli arrestati, generalmente dopo poco tempo, tornano in libertà si ricollocano nel mercato dello spaccio accanto a quelli che nel frattempo hanno preso il loro posto. Reti e canali del traffico nazionale e internazionale sembrano talmente flessibili da non poter essere intercettati né spesso individuati. Il denaro, infine, prodotto dal traffico di droga, pur ammontando a centinaia di migliaia di miliardi di lire, si disperde nei canali finanziari ed economici con una velocità che può essere spiegata solo con la convenienza del sistema finanziario ad assorbirlo.

In questo quadro, a mio avviso, si impongono strategie del tutto diverse, di tipo non proibizionista. Altrimenti è inutile continuare a temere una possibile espansione delle organizzazioni criminali in tutta Europa. Questa sarebbe avvenuta comunque, come d'altronde è già in parte avvenuta, anche senza l'apertura delle frontiere. La droga di per sé produce criminalità organizzata, riciclaggio di denaro sporco, alterazione dell'economia e della finanza. Dietro uno spacciatore di droga c'è un trafficante che lo rifornisce, un'organizzazione che controlla la distribuzione all'ingrosso a livello nazionale, e poi tante altre fino a quella che cura la produzione e la raccolta della materia prima. Ognuna delle organizzazioni coinvolte realizza una grande quantità di denaro, e deve investirla anche in altri settori, sia illegali che legali. Una macchina perversa che può essere fermata solo togliendole il propellente che la fa funzionare: la droga, qualsiasi tipo di droga.

Ma questa guerra va condotta con altre strategie anche per arrestare il disastro sociale che continua a produrre, cioè la diffusione del consumo di droga fra i giovani e non solo fra i giovani. In questa situazione di liberalizzazione criminale del mercato della droga le dinamiche della diffusione del consumo di droga sono consegnate ad organizzazioni criminali che hanno tutto l'interesse a creare nuovi consumatori anche con l'immissione sul mercato di sempre nuove sostanze. Dovrebbe bastare solo questa osservazione sulla capacità delle organizzazioni criminali di attivare, con lo strumento del controllo totale del mercato, una domanda sempre nuova di droga, per convincere tutti gli Stati a rivedere una politica di interventi che da un lato non consegue risultati apprezzabili e dall'altro favorisce solo la diffusione del consumo di droga e l'espansione e il consolidamento di organizzazioni criminali sempre più potenti, sia economicamente che politicamente.

 
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