(ASCA) - Roma, 11 lug - Dopo tre giorni di camera di consiglio, la Corte Costituzionale ha ieri sera emesso, depositandola questa mattina in cancelleria, la sentenza relativa alle questioni di legittimità costituzionale di alcune parti della legge sulla droga 26 giugno 1990 (uguale trattamento fra spacciatore e consumatore, errati i criteri in base ai quali si è punibili, con chiaro riferimento al concetto di "dose media giornaliera"), la cosiddetta "Jervolino-Vassalli", sollevate da sette ordinanze di varie autorità giurisdizionali (4 del Tribunale di Roma, 1 del Pretore di Bergamo, 2 del Tribunale di Camerino).
All'interno della sentenza, relatore il giudice Renato Granata (che sembra abbia ricevuto calorosi applausi dall'intero collegio, ieri sera, al termine della lettura finale del testo-sentenza), oltre a venir dichiarata la "secca infondatezza" delle questioni sollevate, vengono però date alcune "indicazioni interpretative" ai giudici che debbono applicare la legge.
Le indicazioni dovrebbero consentire di "modulare", attraverso tre passaggi la sanzione nei confronti del detentore: 1) verifica del dolo nella cosiddetta "dose da strada", perché potrebbero mancare gli estremi per la punibilità del detentore; 2) di fronte ad una dose di poco superiore a quella media giornaliera, va verificato se il fatto, in concreto, abbia un connotato di offensività, in mancanza di questo potrebbe venir meno il rilievo penale del fatto; 3) possibilità di applicare "l'ipotesi attenuata" di pena (sei mesi per detenzione di droghe leggere e 1 anno per le droghe pesanti, contro invece gli 8 anni previsti) anche di fronte a quantitativi rilevanti, quando il giudice, valutando l'"elemento finalistico" del possesso, possa giudicare il fatto come lieve.