Di fronte al ripetersi dei suicidi di giovani
tossicodipendenti nelle carceri, la camera dei deputati ha
modificato per decreto alcuni articoli della legge
Craxi-Jervolino, parzialmente rivelando la perversione e
l'inefficacia del principio punitivo che l'ha ispirata.
A più di un anno dalla sua entrata in vigore, la 162 è, in
infatti, ben lontana dall'avere affrontato il complesso di
problemi legati alle tossicodipendenze. Non è col riproporre
sempre nuove emergenze che tendono a confinare il diverso in
recinti del codice penale che si porterà a soluzione il
disagio giovanile espresso anche con l'uso e l'abuso di
droghe.
La presenza di stato e istituzioni è visibile solo in senso
repressivo: il carcere, per sua natura e disposizione, non
può assumersi la delega di un recupero che dovrebbe situarsi
altrove, nel sociale, in un mutamento culturale e
d'opinione. L'applicazione della 162 nelle carceri è infatti
per buona parte demagogia, tesa ad alimentare il luogo
comune del detenuto super-garantito a spese degli onesti
contribuenti. Il testo della legge, infatti, fa appello in
più punti a concetti quali recupero e reinserimento, parole
magiche che nel carcere rimangono per lo più lettera morta.
Oppure si concretizzano in artifizi formali, come nel caso
della disposizione che intende separare i detenuti
tossicodipendenti da quelli che non lo sono.
L'assenza di strutture di raccordo, di personale specifico
di concrete possibilità di reinserimento, non è un segreto
per nessuno. Così come è noto che la gran parte delle
funzioni di raccordo avviene ad opera di volontari, per lo
più di area cattolica. Vi è fra noi una detenuta
tossicodipendente, sofferente di gravi crisi epilettiche,
con pena inferiore ai tre anni, che pur essendo stata
accettata da una comunità di recupero si è vista rifiutare
il permesso di andarci. Il suo non è certo un caso isolato.
E che dire dei detenuti malati di Aids, ai quali si continua
a negare il differimento della pena ?
Per questo abbiamo espresso il nostro fermo e unitario
dissenso di fronte all'ingiunzione della direzione locale di
separare quelle fra noi considerate non-tossicodipendenti da
quelle definite tossicodipendenti, peraltro con criterio
freddamente clinico e nemmeno esaustivo della lettera della
162. Il grado di reale disuassuefazione del
tossicodipendente è infatti difficilmente quantificabile
dalla sola cartella clinica.
Seguono novanta firme di
detenute del carcere giudiziario "Le Nuove"
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pubblicata su "Il Manifesto" del 19-ott-1991
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