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Conferenza droga
Fiorenzi Massimiliano - 17 novembre 1991
INTERFERONE E HIV (TERAPIE E RICERCA)

Un'infezione è in grado di proteggere la cellula

dall'aggressione di altri virus. Il meccanismo che va sotto

il nome di *interferenza virale* scoperto negli anni trenta,

ha mutato le sorti dell'immunologia. Grazie a Isaacs e

Lindemann la sostanza responsabile, battezzata INTERFERON,

viene identificata dopo circa un ventennio. Solo negli anni

sessanta Cantell riesce a mettere a punto un metodo per la

purificazione e la produzione industriale del preparato.

L'evento straordinario è che la scoperta non consiste in un

nuovo farmaco ma in un sostituto di un processo biologico.

Da allora i sistemi di produzione hanno fatto passi da

gigante, permettendo una più efficace e razionale

applicazione in terapia.

Il centro di oncologia della John Hopkins University di

Baltimora sta mettendo a punto un singolare programma di

terapia genetica. Invece di somministrare interferon in

maniera tradizionale, è infatti ipotizzabile trasferire in

alcune cellule, come i linfociti T4, le istruzioni per

produrre autonomamente e in abbondanza, tanto interferon da

contrastare eventuali infezioni virali.

Per realizzare questo trasferimento di informazione genetica

si devono mettere a punto pseudoretrovirus portatori, al

posto del loro normale corredo genetico, dei geni necessari

per la sintesi di interferon. Le cellule infettate da questi

falsi virus diventerebbero, così, più resistenti alle

infezioni: quando un virus comincia la sua replicazione

innescherebbe contemporaneamente il meccanismo di produzione

di interferon. In cellule in coltura i ricercatori della

John Hopkins University hanno già dimostrato di poter

effettuare questa immunizzazione intracellulare contro l'HIV

(Human Immunodeficiency Virus), il virus responsabile

dell'Aids, e contro HSV (Herpes Simplex Virus) sia nel tipo

labialis (tipo I) che di quello genitalis (tipo II).

I vantaggi di questo nuovo approccio possono essere diversi:

primo fra tutti la possibilità di disporre di livelli di

interferon più elevati, con produzione più costante nel

tempo e concentrata nel tessuto o nell'organo desiderato.

Questo tipo di terapia dovrebbe trovare utile applicazione

sia nelle infezione da HIV, da HSV e da HBV (Hepatitis B

virus), sia in alcuni tipi di neoplasie. Infatti, in alcune

cellule neoplastiche e in cellule infettate cronicamente da

virus è stata più volte segnalata la perdita di inibizione

dei geni che codificano per gli interferoni.

Questo tipo di ricerca è ancora in fase preliminare : i dati

della ricerca in vitro stanno incoraggiando i primi

esperimenti sugli animali.

ASSOCIAZIONE DI ZIDOVUDINA (AZT) E INTERFERON ALFA.

Il trattamento ricombinante con zidovudina e interferon alfa

può essere più efficace della monoterapia nell'inibizione in

vitro della replicazione dell'Hiv.

Questo è quanto sostiene uno studio del laboratorio di

Retrovirologia della FDA di Bethesda, coordinato da Epstein

Jay. Cellule dei ceppi H9 e U937 sono state infettate con

10(4) dosi infettanti per ml. di Hiv-1 (stoain III B).

Le cellule infettate sono state coltivate in terreno fresco,

con aggiunta alla prima ora o dopo 24 ore di zidovudina (50

uM) o IFN alfa (50 unità/ml.), da soli o in combinazione.

Dopo 12 giorni di trattamento, la zidovudina o l'IFN alfa

sono stati rimossi dalle colture che sono state lasciate a

riposare per altri 14 giorni. La produzione virale è stata

misurata con i test antigenici per la p.24 e la

transcrittasi inversa (RT). Il DNA e l'RNA virale è stato

isolato dalle cellule a periodo stabiliti e gli acidi

nucleici sono stati studiati con la Pcr.

Nelle colture contenenti zidovudina e interferon alfa

l'inibizione dell'Hiv-1 è stata superiore al 95 % per cento,

evidente da 3-4 giorni dopo il test per RT e per p.24, sia

nelle cellule H9 che U937. L'IFN alfa da solo, invece, non

inibisce significativamente la sintesi di DNA e RNA virale.

PROLUNGAMENTO DELLA FASE ASINTOMATICA NEGLI HIV INFETTI.

Il trattamento a lungo termine con IFN alfa, naturale o

ricombinante, riesce a rallentare la progressione

dell'infezione da Hiv dalla forma asintomatica a quelle

sintomatiche. Questo è quanto è stato dimostrato da uno

studio del National Aids Group di La Habana (Cuba)

coordinato da J.Rivero.

Un gruppo di Hiv-infetti asintomatici in terapia con IFN (36

soggetti con IFN alfa naturale e 75 con alfa 2 ricombinante)

è stato seguito per un periodo rispettivamente di 34 (da 7 a

44) e 20 (da 3 a 36) mesi. La dose somministrata è stata di

3 M.U. per via intramuscolare, per tre volte la settimana.

Durante il corso dello studio i ricercatori sono stati

particolarmente attenti ad evidenziare tutti i primi sintomi

delle infezioni da Hiv come segni generali aspecifici della

malattia, la sintomatologia neurologica, le infezioni

opportunistiche e i vari tipi di neoplasie.

I risultati sono stati confrontati con quelli di un gruppo

di controllo di 54 Hiv-infetti che non seguiva nessun tipo

di trattamento. nel corso dello studio 11 sieropositivi (19

% per cento dei soggetti arruolati) trattati con alfa

ricombinante e 24 (44 % per cento) controlli hanno

sviluppato forme sintomatiche della malattia da Hiv.

Questa differenza, statisticamente rilevante (p<0,005), è

risultata particolarmente significativa per quanto riguarda

le infezioni opportunistiche minori 0,19 vs 0,54 (infezioni

/ paziente-mese) e i sintomi generali specifici 0,07 vs 0,30

(complicanze / paziente-mese, p<0,005).

Comunque, i soggetti trattati con IFN alfa naturale o

ricombinante hanno sviluppato una sintomatologia clinica in

tempi significativamente più lunghi rispetto a quelli del

gruppo di controllo (rispettivamente 42 e 36 mesi vs 25 dopo

l'inizio del trattamento, 106 e 80 mesi vs 60 dall'inizio

dell'infezione).

E' interessante notare che nel gruppo dei sieropositivi

trattati con IFN è stata evidenziata anche la

negativizzazione dell'HBsAg.

* * *

Il trattamento con interferon del sarcoma di Kaposi nei

malati di Aids, rappresenta la prima indicazione per le

neoplasie solide approvata in quasi tutti i paesi del mondo.

In questo caso, considerando anche la particolare situazione

immunitaria dei malati (soprattutto omosessuali maschi Hiv-

infetti), sono consigliati dosaggi molto elevati, vicini a

quelli massimi tollerati, che possono accompagnarsi a

fenomeni collaterali i una certa rilevanza.

Grande interesse ha quindi lo studio dei recettori per gli

interferoni. Conoscere la sequenza di un recettore oggi

significa avere la possibilità di bloccarlo, magari con

particelle idrosolubili, analogamente a quanto si tenta di

fare nell'infezione da Hiv con il CD4 solubile.

Fra i nuovi orizzonti speculativi si aprirebbe anche una

possibilità pratica per controllare e contrastare l'azione

deleteria degli interferoni (soprattutto di quello gamma)

nelle malattie autoimmuni e nelle reazioni dei trapianti.

INTERFERON E EPATITE B CRONICA

nel 1985, 64 pazienti portatori di epatite cronica di

eziologia virale tipo B HBeAg e HBV-DNA positiva sono stati

inclusi in uno studio controllato randomizzato eseguito

nella Divisione di Gastroenterologia dell'ospedale Le

Molinette di Torino e nel Policlinico S.Orsola di Bologna,

Cattedra di gastroenterologia. Trentatrè di questi pazienti

sono stati trattati con interferon alfa-linfoblastoide

(WELLFERON, Wellcome) alla dose di 10.000.000 Ul 3 volte la

settimana per via I.M. per 6 mesi, e 31 sono stati

esclusivamente seguiti nel tempo. La clearance definitiva

della replicazione virale e quindi la scomparsa della

malattia epatica - documentata istologicamente - è avvenuta

nel 61 % per cento dei casi trattati e nel 29 % per cento

dei controlli (p 0.05) nel 24 % per cento dei trattati è

stata anche ottenuta l'eliminazione dell'HBsAg: solo 4 % per

cento dei controlli ha eliminato tale marker (p.0.05).

In conclusione, l'interferon alfa-linfoblastoide (Wellferon)

si è dimostrato un potente mezzo terapeutico dell'epatite

cronica HBeAg-positiva, a fronte di modesti effetti

collaterali di tipo simil-influenzale.

Mario Rizzetto

(Professore associato di Gastroenterologia Istituto Medicina

Interna Università di torino)

*NOTA* Firma solo questo report su Inteferon e epatite B

cronica.

fonti: Tutti i testi sono stati tratti da "Wellcome Tbloid"

Il sistema Interferon. n.2 - 1991

 
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