Nel quadro delle proteste e scioperi della fame che i detenuti
sieropositivi stanno portando avanti da mesi, è da inquadrarsi
l'episodio accaduto all'interno del carcere di Rebibbia di
Roma.
Massimo Fornaciari 28 anni, tossicodipendente sieropositivi,
in Aids era agli arresti domociliari da venti giorni, quando
per una vecchia pendenza il 25 ottobre è stato ricondotto in
carcere. Le sue condizioni si sono nuovamente aggravate e ora
ha necessità di un ricovero o di essere seguito in un Day
Hospital.
Massimo è uno dei cinque detenuti in Aids che si sono
arrampicati sul tetto di Rebibbia (infermeria) per protestare,
contro le inumane condizioni di trattamento e contro la
violazione delle disposizioni in materia di cure per i malati
di Aids, rifacendosi a quanto disposto dallo stesso ministero
di grazia e giustizia e in base al principio di non
compatibilità tra malattia e carcere.
Sul tetto erano provvisti di lamette da barba con le quali
hanno minacciato di tagliarsi le vene, se non avessero
ottenuto un colloquio con il direttore del carcere.
E' intervenuto il Giudice di Sorveglianza Guglielmo Carisio e
uno dei direttori di Rebibbia il Dott. Iannaci.
Dopo un colloquio di un'ora hanno accettato di rientrare in
infermeria e di farsi medicare le ferite.
"Ci hanno chiesto di poter uscire ed essere curati a casa o in
ospedale, la loro è una richiesta comprensibile - dice il
direttore del carcere - "
Ne riporta un'ampio articolo Il Manifesto, uno dei pochi
giornali che è particolarmente attento alle rivendicazioni dei
malati di Aids in stato di detenzione e non.
MF