"Donna siropositiva tossicodipendente madre di due bambini
sieropositivi".
"..per colpa di una madre e padri irresponsabili".
"Meglio sarebbe per evitare nuovi drammi che le donne si
decidessero a un intervento che le renda sterili".
"Peccato che non le si possa constringere.."
"Chissà quanti altri capitoli dovremo leggere di questa storia
di una madre incosciente e dei suoi bimbi condannati a una
rapida morte".
Questo, in sintesi, il contenuto dell'articolo con cui Claudio
Giacchino ci presenta sulla STAMPA del 15 novembre, la morte
per Aids della piccola Martina di due anni, figlia di una
donna tossicodipendente e sieropositiva che non l'ha tenuta
con se, e ospitata fino alla morte in una comunità del gruppo
Abele. Un articolo che ripropone la sieropositività come colpa
e l'immagine della donna tossicodipendente come
"irresponsabile" nella scelta di maternità.
Le donne, quelle più svantaggiate in particolare, si trovano
oggetto di un dibattito sul loro diritto di scegliere e di
essere messe nelle condizioni di scegliere della propria vita
e dunque della maternità. Quello che continua ad essere negato
è il diritto di ogni donna a decidere per sè e ad avere le
concrete opportunità di farlo.
Se è sconfortante vedere come dopo anni di lotte, di
dibattiti, di informazione sull'Aids, questa malattia venga
ancora presentata, e proprio da chi lavora nell'informazione,
come una colpa dovuta ad un certo stile di vita, ciò che più
preoccupa è la scelta delle soluzioni semplici, quelle che
tranquillizzano l'opinione pubblica attraverso l'emarginazione
dei "colpevoli". Troppo complicato - forse perchè coinvolge
tutti e spinge ad affrontare problemi che si preferisce
lasciare "agli altruisti di Don Ciotti" come dice Giacchino -
porsi qualche domanda in più: la madre di Martina e con lei le
altre donne, trovano sempre informazione, servizi accoglienti,
sostegno ? Se una donna vuole essere informata sulla
contraccezione per scegliere liberamente, o vuole abortire
perchè lo decide, trova sempre la strada spianata ?
O , se invece , vuole il suo bambino, trova aiuto materiale e
psicologico ? Se una donna tossicodipendente vuole scegliere
in libertà, può davvero farlo o non paga sulla propria pelle
quella cultura che vuole in ogni tossicodipendente un "vuoto a
perdere" ?
La "colpa" della madre di Martina non è solo quella di non
aver potuto tenere con se i figli, ma anche quella di
insistere nel partorirne altri. "Impossibile diagnosticare -
dice il giornalista - al terzo figlio un destino meno infelice
dei fratelli": dunque, non solo è scontato che la società e lo
stato, attraverso i servizi dovuti ad ogni cittadino, non
possano e non debbano migliorare la situazione dei bimbi e
della loro mamma, ma anche è scontato che ognuno di questi
bimbi "non ha davanti a se nessun futuro".
Bella responsabilità un'affermazione del genere, quando è
scientificamente provato che oltre l'80 % per cento dei
bambini nati da donne sieropositive si negativizza. Bella
responsabilità mandare a tante altre donne sieropositive un
messaggio di morte, scorretto e falso.
E' forse pretendere ancora troppo chiedere rispetto per le
donne e il loro diritto, ancora di più pretendere che una
tossicodipendente sia trattata come gli altri cittadini, o che
una malattia non sia descritta come una colpa e una
sensazione. Ma pretendere da un giornalista di essere almeno
informato su notizie scientifiche che ormai tutti sanno, ci
pare il minimo.
DONNA LILA
GRUPPO DI LAVORO DELLA LEGA ITALIANA LOTTA ALL'AIDS
DAI DONNE
AIDS INFORMAZIONE
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Lettera pubblicata su Il Manifesto del 20-11-91
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