ROMA,6 DIC - Carceri, comunita' terapeutiche, conventi, collegi, caserme : tutti luoghi nei quali la vita e'
soggetta a regole e ''compressa'' da spazi magari limitati e
promiscuita'. Per studiare i problemi igienici, psicologici e
ambientali di queste strutture e' sorta in Italia una nuova
disciplina, la ''medicina delle comunita' confinate'' ed e'
stata costituita una societa' di medici che oggi, a Roma, ha
aperto il suo primo congresso nazionale. All'ordine del giorno
l'allarme per la diffusione del virus dell'aids, una
diffusione,secondo gli intervenuti resa piu' facile e per certi
aspetti meno controllabile in agglomerati umani di questo tipo.
''Fino ad oggi - ha dichiarato Carlo Mastantuono, direttore
sanitario del Policlinico Universitario Umberto I e docente di
medicina delle comunita' confinate - l'argomento e' stato
ingiustamente sottovalutato : negli anni '50 si lasciava che
detenuti, condannati magari a pene leggere, morissero di
tubercolosi in carceri malsani come quello di Pianosa;oggi nelle
nostre carceri c'e' una delle concentrazioni piu' alte di
sieropositivi che sono pero' trascurati dalle istituzioni
sanitarie o tutt'al piu' relegati in reparti ghetto ''. Nei
''ghetti'', ha spiegato Mastantuono, ''le malattie proliferano e
e si diffondono''.
Il problema , come ha sottolineato
Mastantuono, non riguarda soltanto i penitenziari: il pericolo
si annida anche nelle varie ''pantanelle'', ovvero quelle
concentrazioni di immigrati costretti dalla necessita' e dalla
mancanza di aiuti a riunirsi in comunita', approfittando magari
di locali abbandonati e in pessime condizioni igieniche. E
l'epidemia potrebbe colpire, secondo Mastantuono, anche
comunita' piu' ''controllate'', come le caserme, i collegi e ,
perche' no, i conventi e le comunita' religiose. Per prevenire e
limitare il pericolo, hanno sostenuto gli intervenuti, c'e' una
sola soluzione : quella di occuparsi di piu' del problema, ma
anche quella di limitare il piu' possibile la formazione di
''ghetti'' o la carcerazione in luoghi o condizioni fisicamente
o psicologicamente '' malsani''. ''Nelle carceri - ha concluso
Mastantuono - esiste di solito un solo medico che ha la
responsabilita' di vigilare sull'intera comunita' di detenuti :
la prima cosa da fare,quindi e' istituire , almeno per i
penitenziari, delle commissioni di esperti in grado di vigilare
e di tutelare la salute e la qualita' della vita di tutti''. Al
convegno, che si concludera' domani, sono intervenuti, tra gli
altri, Fernando Aiuti, esperto di aids e primario di immunologia
dell'Universita' di Roma, Giuseppe Visco, primario di malattie
infettive all'ospedale Spallanzani di Roma.