ROMA, 25 GEN - Un nuovo metodo chimico,
potenzialmente efficace per rendere sicure le unita' di sangue
per trasfusione dall' infezione dal virus Hiv dell' Aids, e'
stato messo a punto da un gruppo di ricercatori dell' Albert
Einstein College of Medicine di New York, fra cui un italiano,
coordinati dal prof. Arye Rubinstein. I dati scientifici della
ricerca sono stati pubblicati sull' ultimo numero della rivista
internazionale ''Aids''. Il metodo si basa sull' utilizzazione
di una sostanza chiamata Butilurea che messa a contatto con
campioni di sangue provenienti da malati di Aids e' riuscita ad
eliminare la presenza del virus Hiv. L' azione antivirale di
questa sostanza chimica viene esercitata con una concentrazione
risultata non dannosa per i globuli rossi del sangue. Come ha
spiegato il ricercatore italiano, Massimo Pettoello - Mantovani,
del dipartimento di pediatria dell' universita' di Napoli
diretto da Armido Rubino, ''la ricerca nasce dall' osservazione
di alcuni malati di Aids con malattie renali i quali avevano una
diminuita concentrazione del virus Hiv nel loro sangue. Questo
aveva fatto ipotizzare la presenza di qualche sostanza che
potesse interferire con il virus Hiv''. Sono state percio'
studiate le sostanze derivate dall' urea di quei malati per
provare la loro attivita' antivirale. Tra queste la Butilurea ha
mostrato forti capacita' di inattivare l'Hiv.
La Butilurea e' stata messa a
contatto per un' ora con il sangue prelevato da malati di Aids,
dopo di che non e' stata piu' rilevata la presenza del virus.
''Se questi risultati preliminari saranno confermati - ha detto
Pettoello-Mantovani - si potrebbe utilizzare questo metodo a
base di Butilurea per trattare il sangue e i prodotti del sangue
ed eliminare il rischio di infezione da Hiv nelle trasfusioni.
Sebbene infatti il rischio di trasmissione del virus dell' Aids
mediante trasfusioni risulti oggi quasi del tutto assente per
merito dei test di laboratorio che eliminano i donatori infetti,
non risulta ancora completamente eliminato''. Rimane infatti
aperto il problema di quei donatori infetti ma sieronegativi
perche' intercorre un periodo di circa sei mesi tra l' infezione
e l' apparizione degli anticorpi contro il virus Hiv
individuabili con i test. ''La possibilita' in tali casi di
poter disporre di un efficace trattamento per il sangue - ha
concluso Pettoello-Mantovani - capace di inattivare il virus Hiv
senza danneggiare le cellule del sangue, potrebbe eliminare del
tutto il rischio, seppur minimo, di contrarre l' infezione
attraverso le trasfusioni''.
Infine tale metodo potrebbe essere di grande importanza per i
Paesi in via di sviluppo dove i test non sono praticati su vasta
scala.