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Conferenza droga
Cicciomessere Roberto - 25 settembre 1992
(6) Droga. Legalizzazione, ma non solo
Proposte, propositi e inganni. Come superare una legge che non va

di Don Luigi Ciotti

(Paese Sera, 9/10 agosto 1992)

Il dibattito di questi giorni sulla "legalizzazione" delle droghe può lasciare un pò sconcertati.

Soprattutto per l'eccessiva disinvoltura e superficialità con la quale alcuni sembrano passare, senza colpo ferire, dall'enfatizzazione dello strumento repressivo ad un'analoga sopravalutazione dei possibili effetti positivi dell'ipotesi di legalizzazione.

Mi sembra quindi necessario tentare di essere chiari. Innanzitutto, molti continuano a confondere "liberalizzazione" delle droghe con "legalizzazione". La liberalizzazione consiste nel considerare le droghe una merce come tutte le altre, regolata solo dal mercato, senza intervento da parte dello Stato: nessuno, o quasi, propone in Italia questa soluzione per le droghe pesanti. La legalizzazione, invece, consisterebbe in una regolamentazione da parte statale, della produzione, del commercio e della circolazione della droga, il cui uso dunque non sarebbe più illegale e penalmente sanzionato ma bensì regolamentato dallo Stato che ne fisserebbe luoghi, modi, condizioni e limiti nell'acquisto: ed è quest'ultima l'ipotesi sulla quale si discute.

Al riguardo io penso che, di fronte ai fallimenti delle politiche incentrate sulla repressione del consumatore e, nello specifico, dell'attuale legge sulle tossicodipendenze, sia necessario trovare nuove strade. In questo quadro, per valutare la legalizzazione bisogna analizzarne i pro e i contro.

Positivamente, la legalizzazione potrebbe sottrarre i consuamtori dalle forme più brutali di emarginazione che oggi patiscono, evitare di aggiungere alla loro sofferenza e disperazione - e a quella delle loro famiglie - l'ulteriore sofferenza del carcere (che, oltretutto, ha dimostrato di non aiutare né curare i tossicodipendenti), ridurre la microcriminalità legata alla necessità di reperire i soldi per la droga, contenere i rischi del contagio da Aids, limitare molto le morti per overdose, togliere una parte di potere alla mafia, che sul traffico della droga prospera e si arricchisce. Risultati che sarebbero, senza dubbio, aupsicabili ed importanti, anche se non risolutivi del problema.

In negativo, viceversa, i rischi mi sembrano quelli di una minore attenzione alle persone che vivono il problema della droga, una minore capacità di intervenire nelle cause, nei processi educativi, sociali e culturali che stanno a monte della scelta di chi si droga, di una sorta di resa e di rassegnazione nei confronti del fenomeno, anziché un impegno per creare le condizioni affinché le persone non debbano più "fuggire" nella droga. Va, infine, detto che la legalizzazione non potrà costituire una soluzione miracolisitca. La mafia non sarà sconfitta solo da questo: un mercato clandestino, pur molto più ridotto, continuerà ad esistere, tanto più se la legalizzazione non coinvolgerà tutti gli Stati.

La mia dunque è una posizione di attenzione problematica alla proposta di legalizzazione. Detto questo, però, ritengo che, nel concreto, da subito alcune cose debbano e possano essere fatte, con spirito di ricerca, di confronto fra opinioni diverse, di collaborazione tra il pubblico e il privato e con la precisa coscienza che la risposta non può essere una sola, perchè i "volti" e la realtà della tossicodipendenza sono molti, ed ognuno esige una "risposta" appropriata e specifica: innanzitutto privilegiare la prevenzione, il rapporto educativo, il sostegno alle famiglie; poi legalizzare le droghe leggere; attuare forme parziali di distribuzione controllata di droghe pesanti e di sostegno farmacologico per quei tossicodipendenti non diversamente "agganciabili" dai servizi, quelli che fanno uso da più tempo di sostanze e che non hanno ancora maturato una scelta di astinenza (forme che andranno verificate ed eventualmente corrette in seguito); infine, ma non certo secondariamente, un maggiore impegno ed una mag

giore serietà in e strutture.

 
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