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Conferenza droga
Cicciomessere Roberto - 25 settembre 1992
(17) La repressione non serve
di Tiziana Maiolo

(Il Giornale, 23 agosto 1992)

Conosco diverse persone che fanno uso quotidiano di droghe legali. Non parlo solo di quelle socialmente più accettate, come alcool e tabacco, oppure caffè. Intendo parlare anche del larghissimo consumo che donne e uomini del nostro Paese fanno di sostanze come il Tavor o altri psicofarmaci. Di fronte all'ansia e all'insonnia non c'è legge, non c'è obbligo di ricetta medica che possa indurre il soggetto "bisognoso" a desistere. Chi vuole la sua droga se la procura con ogni mezzo, a ogni costo. Da questo punto di vista il consumatore di droghe legali ha un comportamento identico a quello di chi assume sostanze proibite. Mi viene un brivido (o magari un sorriso, se è consentito un pizzico di ironia anche sulle questioni serie) a immaginare questa folla di donne e uomini doversi arrangiare in regime di proibizionismo totale. E' possibile per esempio immaginare il consumatore di Tavor in rapporto costante con lo spacciatore e nella ricerca quotidiana di centinaia di migliaia di lire per acquistare quella pastigli

a che ha il valore reale di mille?

Se potessimo radunare nelle principali piazze di ogni città, di ogni Paese, tutti insieme i consumatori delle diverse droghe legali, quel giorno a casa resterebbero solo i lattanti. Tutti "tossicodipendenti" dunque i cittadini del mondo? Non lo so. Conosco però abbastanza bene la storia (di diversi Paesi) per sapere che il tabù che precede il divieto a consumare sostanze ha riguardato nel mondo di volta in volta l'oppio piuttosto che il caffè, fino agli innocui (non del tutto, per la salute) fish and chips, criminalizzati perchè producono obesità. Criteri soggettivi ed arbitrari stanno alla base dei diversi proibizionismi. Spesso dietro c'è la paura - paura dell'ignoto, o più spesso paura del piacere - che può portare fino al fanatismo. Ma, con tutto il rispetto che ho per le emozioni (e anche per l'inconscio) di ciascuno, quando si tratta di legiferare l'equità e la razionalità devono prendere il sopravvento. Cosa che finora, per quel che riguarda la politica sulla droga, non è accaduto. Lo dimostra l'irraz

ionalità (prima ancora che la nocività) di una legge come la "Vassalli-Jervolino" che arriva a dichiarare quel che mai una norma aveva finora sancito, e cioè l'illiceità di un comportamento. Il drogarsi, appunto.

C'è una prima questione - già affrontata in modo egregio dal Professor Antonio Martino - che riguarda democrazia e libertà. Nessun comportamento individuale può essere sanzionato da una legge dello Stato, a meno che non vada a ledere un diritto altrui. E' dunque giusta la pretesa punitiva dello Stato nei miei confronti se io uccido, non è invece consentita se io tento il suicidio. Ogni individuo deve poter disporre liberamente del proprio corpo e della propria mente. Questo vuol dire dunque (l'obiezione prevedibile) che lo Stato debba derogare al suo diritto-dovere di tutelare il bene della salute (come previsto dalla Costituzione )? Assolutamente no. Ma la sua azione non può essere che di due tipi : informativa e dissuasiva. "Ecco quel che devi sapere": questo è l'approccio che medici e poliziotti della città di Liverpool (dove dal 1985 viene somministrata l'eroina nelle strutture pubbliche, con grandi vantaggi per la salute e l'ordine pubblico) hanno con i consumatori irriducibili di sostanze proibite. "Ec

co quel che devi sapere": è giusto che Stati e Governi diano ai cittadini tutte le informazioni utili sulle sostanze che questi ingeriscono, sull'eventuale nocività, sulle modalità migliori di assunzione.

Attraverso il principio "ecco quel che devi sapere", cioè tutte le informazioni sugli eventuali danni per la salute, è calato sensibilmente il consumo di tabacco e persino del vino, tanto che si sta studiando la produzione di vino non alcolico. L'unico modo sensato e "adulto" per dissuadere è informare. Reprimere è sbagliato e inutile.

Ma non solo per una questione di irrinunciabili libertà personali. Legalizzare anche per restituire alla vita - a una vita fatta anche di relazioni sociali e magari di realizzazione di sé attraverso un lavoro felice - chi oggi è costretto a vivere ai margini, a rubare e prostituirsi. Legalizzare per salvare - attraverso il controllo delle sostanze - qualche vita umana, sottratta alla nocività spesso mortale dell'"eroina di strada". Legalizzare per impedire al consumatore di farsi delinquente e per restituire al cittadino non-consumatore il diritto a non essere scippato e derubato. Legalizzare infine per un altro buon importante motivo. Per combattere la mafia sul terreno che le sta più a cuore, l'accumulazione di ricchezza. Depotenziare le organizzazioni criminali togliendo loro il monopolio del narcotraffico sarebbe comunque ridurre la loro capacità offensiva.

 
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