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Conferenza droga
Cicciomessere Roberto - 30 dicembre 1992
E se Cosa nostra usasse i pentiti?
Parla lo scrittore Michele Pantaleone

"LA MAFIA ATTENDE" di Guido Ruotolo

(Da Il Manifesto del 29 dicembre 1992)

»La mafia non ha bisogno attualmente del potere politico per accumulare ricchezza. La ricchezza della mafia viene dai traffici di droga. Non sono d'accordo con il sociologo Arlacchi, che sostiene che gli appalti pubblici rappresentano la fonte principale dell'accumulazione mafiosa. La mafia diventa imprenditrice solo per poter giustificare le immense ricchezze accumulate illegalmente

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Palermo - La città si lascia alle spalle un anno tremendo. Gli omicidi di Salvo Lima e di Ignazio Salvo. Le stragi di Capaci e di via D'Amelio. Il suicidio del giudice Signorino e l'arresto del questore Bruno Contrada. Vicende scandite sempre da una esplosione di polemiche e veleni. Proprio in queste ore, attorno all'arresto del funzionario del Sisde Bruno Contrada lo Stato rischia di giocarsi le briciole di quella credibilità che pure si era conquistata faticosamente in questi ultimi mesi. Almeno a livello di opinione pubblica. L'impressione è che la pentola potrebbe esplodere riservando sorprese.

"Non sono convinto che la mafia è in difficoltà. Oggi attraversa una fase di attesa. Se guardiamo a quello che è successo in questo terribile 1992, tutto si spiega e si lega: dall'omicidio Lima alla morte di Falcone. Cosa nostra cerca nuove alleanze politiche che gli garantiscano l'impunità. Per affrontare e risolvere il problema della lotta alla mafia si deve recidere il cordone che lega la mafia alla politica".

Michele Pantaleone, 81 anni, l'autore di capolavori come il Sasso in bocca, Mafia e politica, in questa intervista al manifesto ripercorre la storia di Cosa nostra dallo sbarco degli americani in Sicilia ad oggi. Ricorda il passato, soprattutto per poter parlare del presente.

Pantaleone parla del pentitismo e delle attualissime polemiche intorno all'arresto del questore Contrada e dice:

"Il pentitismo se gestito - non usato - con rigore deontologico può portare a risultati inestimabili, a risultati ai quali avrebbe dovuto giungere la commissione Antimafia: recidere i cordoni tra mafia e politica, tra mafia e pubblici poteri. Ma davvero non so quali potranno essere le devastanti conseguenze se i pentiti verranno gestiti dalla mafia o da correnti di partiti".

E aggiunge: "Purtroppo anche settori delicati dello stato sono strutturati in correnti e in un regime correntizio prevale l'interesse di parte, di setta, delle correnti che sono vere e proprie cosche".

D - Ha conosciuto il questore Bruno Contrada? Cosa pensa del suo arresto?

R - Contrada non è mai stato un uomo lineare. Si è trovato al centro non solo di dicerie, ma di fatti concreti. Fatti non legittimi. L'ho conosciuto e ho violentemente polemizzato con lui quando scrissi un articolo sui Siciliani, il suo nome comparve allora tra i Cavalieri dell'ordine del Santo Sepolcro. Quasi cinquant'anni fa, il 9 luglio del 1943, gli americani sbarcarono in Sicilia. Aiutati dalla mafia. Erano gli anni in cui Cosa nostra aveva abbracciato la causa del separatismo. In queste settimane, il pentito Leonardo Messina ripropone l'attualità di una strategia separatista. Se ne parla solo come chiacchiera di stampa. I pentiti, è bene ricordarlo, possono anche dire delle castronerie, come in questo caso. Il separatismo è stato un fenomeno d'ambiente, cioè siciliano, temporaneo e che si calava in un dato contesto nel quale l'idea separatista trovava il massimo punto d'appoggio nel fatto che la Sicilia poteva e doveva diventare la quarantanovesima stella della bandiera degli Stati uniti d'America. Il

separatismo, in quella occasione, trovò un largo consenso popolare.

D - Nel suo libro "Mafia e politica", documenta l'apporto della mafia allo sbarco degli americani in Sicilia. Apporto che fu ricambiato generosamente quando noti mafiosi, nella Sicilia liberata, diventarono sindaci o ebbero alti incarichi nella pubblica amministrazione. Perchè la mafia abbandonò il separatismo?

R - La mafia è stata una componente essenziale del separatismo, perchè il separatismo rappresentava la conservazione dello status quo. Dal nord, in quegli anni, giungeva una ventata rivoluzionaria capace di turbare l'equilibrio sociale della Sicilia. Era una società che si reggeva ancora sul sistema feudale.

Per difendere quel sistema feudale la mafia abbracciò la causa del separatismo e della monarchia. Quando la DC nel 1945-1946 si autoqualificò come partito di sicuro e duraturo avvenire, in blocco i separatisti entrarono nella DC. Anche la mafia cambiò cavallo.

D - Dalla mafia feudale di don Calogero Vizzini, sindaco di Villalba, alla mafia d'oggi. A Nitto Santapaola o a Piddu Madonia. Quali elementi di continuità ci sono tra il passato e il presente di Cosa nostra?

R - Non è facile rispondere per chi ha vissuto le vicende della Sicilia e aveva chiara, immediata la percezione delle differenze e, soprattutto, della continuità tra vecchia e nuova mafia. La mafia, in quanto organizzazione criminale è identica nei suoi metodi e nei suoi obiettivi a quella di due secoli fa.

D - Cosa intende per mafia?

R - La mafia è un'organizzazione di persone appartenenti a ceti diversi e a categorie professionali differenti sempre solidali tra loro a prescindere dalla collocazione sociale e professionale, che hanno come finalità l'accumulazione della ricchezza attraverso mezzi illeciti, violenti e illegali sapendo di non dover dare conto del loro operato alla giustizia.

D - Insomma Cosa nostra ha nel suo DNA la certezza della impunità? Ma questa impunità non è entrata in crisi, come dimostra l'omicidio dell'eurodeputato dc Salvo Lima?

R - La mafia sapeva e sa di non dover dare conto del suo operato alla giustizia, perchè in ogni tempo ha assolto a compiti del sistema feudale. Oggi la mafia è una forza per la conquista e il mantenimento del potere.

D - Può esser più esplicito?

R - La mafia non ha bisogno attualmente del potere politico per accumulare ricchezza. La ricchezza della mafia viene dai traffici di droga. Non sono d'accordo con il sociologo Arlacchi, che sostiene che gli appalti pubblici rappresentano la fonte principale dell'accumulazione mafiosa. La mafia diventa imprenditrice solo per poter giustificare le immense ricchezze accumulate illegalmente. La mafia, dicevo, ha bisogno del potere politico per garantirsi l'impunità.

D - Ma l'omicidio dell'europarlamentare Lima non significa forse che la mafia salda i conti con il suo referente politico che non è più in grado di garantire l'impunità giudiziaria precedente?

R - Già precedentemente la mafia non aveva investito tutto nella DC. La mafia è sempre stata filogovernativa, dai tempi di Crispi e Giolitti. Don Calogero Vizzini mise in vendita del terreno pur di poter contribuire a finanziare la marcia su Roma di Benito Mussolini. Quando tra gli anni '60 e '70 scricchiola il potere della DC, la mafia diversifica la sua presenza e si sparpaglia nei partiti minori, compreso il Partito socialista.

D - E il PCI?

R - In qualche modo il PCI ha assolto funzioni di governo locale o ha consentito alla DC di farlo. E quando sono scese in Sicilia le grandi organizzazioni cooperative bianche e rosse i subappalti sono stati dati ai peggiori mafiosi del calibro di Spatola o Inzerillo.

D - Torniamo all'omicidio Lima.

R - Il rapporto di Cosa nostra con la politica è ancora oggi basato sulla certezza della impunità in cambio di sponsorizzazioni elettorali. A un certo punto Salvo Lima si fa garante della ricerca di nuovi equilibri politici con l'apertura a sinistra. Lima diventa scomodo, perchè non riesce a garantire quelle impunità che aveva garantito attraverso una mediazione a più alti livelli. Insomma sposa la tesi dei magistrati di Palermo.

D - E sugli omicidi Falcone e Borsellino qual è la sua opinione?

R - Falcone e Borsellino erano determinati a portare sino in fondo la lotta alla mafia. Stavano uscendo dai binari dei detentori di un potere statale che garantivano l'impunità ai mafiosi. Sono usciti dai binari, hanno tradito le regole.

D - Una ultima domanda: in primavera Catania e Agrigento voteranno con il sistema dell'elezione diretta del sindaco. La mafia sarà penalizzata?

R - L'elezione diretta del sindaco, se resteranno immutate le condizioni politiche nelle quali il sindaco si troverà ad operare, non cambierà niente. La riforma elettorale non è una riforma del sistema di potere.

Rimanendo gli stessi uomini che perseguono la stessa politica, non è improbabile che l'elezione diretta del sindaco avvantaggi proprio la mafia.

 
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