Segnaliamo l'intervento di Giancarlo Arnao su "l'Unità" del 24/11/1994 intitolato "Quella comunità ne recupera 1 su 4". Lo riportiamo integralmente. "Nel dibattito che è stato innescato dal caso Muccioli-Maranzano, c'è un punto su cui nessuno pare nutrire alcun dubbio: il fatto che il - sia pure attraverso metodi sgradevoli e inaccettabili - ottenga risultati pratici di gran lunga superiori a quelli delle altre comunità. si sente dire dai suoi difensori. Qualcuno parla addirittura di . Su quali elementi di prova è basata questa convinzione? Per dare una risposta, occorre partire da alcune considerazioni sulla questione dei . Secondo una unanime documentazuione scientifica, i problemi cruciali dei trattamenti della tossicodipendenza sono: 1) la recidiva dopo l'uscita dal trattamento; 2) l'abbandono precoce del trattamento da parte dell'utente. Di conseguenza le valutazioni dell'indice di funzionalità dei trattamenti vengono basate principalmente su due dati: A) il numero dei soggettti che, dopo aver terminato il trattamento (e a distanza di qualche anno) si mantiene indenne dall'abuso di droga (illegale o legale, come l'alcol); B) sul numero dei tossicodipendenti che restano in trattamento per un tempo sufficiente ad ottenere qualche risultato.
Sul numero dei soggetti che sono entrati ed usciti da San Patrignano la comunità non ha mai fornito alcun dato ufficiale. Soltanto pochi mesi fa qualche dato interessante è stato riportato da una ricerca dell'Università di Bologna (Guidicini-Pieretti: , Franco Angeli, Milano, 1994). Questa ricerca è stata sbandierata da alcuni difensori di Muccioli (come l'on. Gasparri, sul n. 45 dell'Europeo) come la del fatto che a San Patrignano venivano recuperati il 90% degli assistiti. In realtà, dalla ricerca risulta che: 1) Dal 1979 al 1993 sono uscite da San Patrignano 2.300 persone che avevano trascorso in comunità almeno 14 mesi, cioè un lasso di tempo minimo, secondo gli autori, per ottenere qualche risultato. Il dato è stato confermato dallo stesso Muccioli, al Tg2 del 6 novembre 1994 (ore 13:20, confronto con Taradash), quando ha parlato di . 2) Dei 2.300, 479 (21%) non sono stati rintracciati. Fra i restanti 1.821, 310 (17%) hanno rifiutato di collaborare alla ricerca, 153 (8,4%) erano morti, 52 (2,9%) erano in prigione, 53 (2,9%) erano in altre comunità, 497 (27%) hanno interrotto il contatto con i ricercatori prima di iniziare la ricerca. 3) Le interviste sono state completate da 711 persone. In questo gruppo sono stati rilevati risultati positivi; i risultati non sono stati peraltro verificati a distanza di tempo. Riguardo alla incidenza delle recidive, gli autori non fanno alcuna valutazione quantitativa sui risultati. D'altra parte è chiaro che: 258 soggetti morti, in prigione o in altre comunità vanno considerati esiti negativi; i 479 soggetti non rintracciati, i 43 all'estero, i 310 che hanno rifiutato di partecipare alla ricerca, i 497 che hanno interrotto il contatto con i ricercatori costituiscono un blocco di 1.331 soggetti (58% sul totale) per i quali l'esito del trattamento è sconosciuto. Va peraltro ricordato che i fattori che hanno reso impossibile il contatto dei ricercatori coi soggetti (non reperibilità, rifiuto di collaborare alla ricerca) definiscono una tipologia socio-psicologica piuttosto diversa da quella dei 711 soggetti che hanno partecipato alla ricerca. In altri termini i 711 soggetti che hanno partecipato alla ricerca costituiscono un gruppo selezionato, con caratteristiche diverse dai restanti 1.286. Affermano infatti gli autori che: stico - di un "campione" rispetto al totale dei fruitori. Si tratta infatti di un gruppo "altamente selezionato" e con certe caratteristiche. E' quello che potremmo definire lo "zoccolo duro" prodotto dalla Comunità. Ogni commento, valutazione, giudizio ultimo sulla significatività di questo gruppo, rispetto alle restanti migliaia di soggetti che sono passati dalla Comunità, non spetta agli estensori di questo rapporto. Una cosa, comunque, appare certa; si tratta di un "campione particolare"> (pag. 13). Di conseguenza l'esito positivo riscontrato in questo gruppo (pari al 31% del totale) non può essere attribuito anche a quella parte di soggetti (maggioritaria) che non sono stati intervistati. Rispetto al punto B (incidenza degli abbandoni del trattamento), gli autori ammettono che le 2.300 persone uscite da San Patrignano dopo una permanenza minima di 14 mesi costituiscono soltanto una parte degli utenti che sono entrati a San Patrignano negli ultimi 14 anni.
Quanti soggetti sono stati presi in carica da San Patrignano? Secondo lo stesso Muccioli, ("L'Informazione", 22 novembre 1994). Togliendo agli 8.000 i circa 2.200 presenti in comunità al 10 gennaio 1994, risulta che circa 5.800 soggetti sono usciti negli ultimi 15 anni. Di questi, 3.500 (60%) hanno abbandonato San Patrignano prima dei 14 mesi, e non ne hanno presumibilmente tratto alcun vantaggio.
I 711 casi positivi accertati costituiscono il12,3%. I 1.331 casi ad esito ignoto costituiscono il 22,9%; considerando fra questi almeno un terzo di casi negativi, scendono al 15,3%.
E' quindi accertato, sulla base di dati di fonte insospettabile, che la Comunità di San Patrignano ha avuto un indice di successo attorno al 27,6%, - certamente non suoperiore a quello di altre comunità italiane o straniere - .".