Nei giorni 16 e 17 dicembre si sono tenute a Torino due giornate di studio su "La riduzione del danno", organizzate dall'Assessorato alla Programmazione Sanitaria della Regione Piemonte, dai SERT piemontesi e dal Gruppo Abele.
Gli atti del convegno saranno pubblicati prossimamente dall'Assessorato, che organizzerà a gennaio un altro seminario su "L'organizzazione dei servizi".
Qui di seguito mi limito a trascrivere gli appunti presi durante la prima giornata, sentendo le relazioni d'apertura.
ENZO CUCCO (Assessore alla Programmazione Sanitaria della Regione Piemonte).
Sono contrario ad un assessorato "direttivo" nella conduzione dei SERT. Occorre lasciare il dibattito in materia aperto e lasciare, comunque, la libertà terapeutica ai SERT. No a interventi puramente sanitari.
E' mancata in passato la riflessione dei SERT sull'utilizzo dei sostitutivi.
E' mancata la valutazione degli interventi.
Non sono per "l'assenza" del giudizio dell'operatore nei confronti del tossicodipendente, sono per "la sospensione" del giudizio, che permette al primo di evitare di richiedere al secondo, prima di qualsiasi intervento, l'astinenza. I SERT non sono preparati a questa nuova ottica.
Occorre acquisire una duttilità nuova, contro le vecchie, intollerabili, rigidità.
La fonte del danno non è la sostanza, la sostanza non è "il male". La fonte del danno può essere la legge.
ANGELA MIGLIASSO (Assessore alla Sanità e Assistenza del Comune di Torino)
Porta i saluti ai presenti e annuncia per gennaio l'istituzione dell'Agenzia comunale sulle tossicodipendenze.
DON LUIGI CIOTTI (Presidente Gruppo Abele)
Abbiamo avuto sempre la strada come riferimento, mentre intorno a noi cresceva la burocrazia, vi era poca elasticità nei rapporti e grandi chiusure mentali.
Proprio in questo momento tengo ad affermare l'irrinunciabilità della politica, intesa non come mera gestione del contingente ma come progettualità.
E' aumentata la "paura del diverso", è aumentata l'insicurezza collettiva : 81 milioni di confezioni di sedativi vendute nell'ultimo anno.
Vi è l'esigenza di nuove strategie; deve esserci la volontà di investire su sperimentazioni e non solo sul consolidato.
Prioritaria su tutto deve essere la "centralità della persona", come è, non come la vorremmo.
"Accompagnare" (etica della libertà) e non "portare" (etica della salvezza) l' "altro".
Riduzione del danno anche come attenzione alle vittime dei reati, per evitare l'eterno riproporsi del "muro contro muro".
No alla medicalizzazione del problema.
Uscire dai reciproci recinti.
DON PAOLO FINI (Responsabile Centro Torinese di Solidarietà)
Riduzione del danno e "libertà dalla droga" non sono incompatibili.
Il 20 gennaio il CTS aprirà un "Centro crisi" (centro a bassa soglia) e infrangeremo il tabù dell'utilizzo del metadone, per entrare in contatto con il sommerso.
LIVIO PEPINO (Segretario nazionale di Magistratura Democratica)
Ripercorre i modelli legislativi adottati in Italia in materia di tossicodipendenze:
1) Modello dell'indifferenza istituzionale, il primo adottato nel nostro Paese, con la legge del 1923; il problema della tossicodipendenza non riguarda il legislatore.
2) Modello del controllo repressivo penale, basato sull'illusione che "vietare" significhi "impedire"; vedi legge del 1954.
3) Modello correzionale: reprimere la devianza con interventi coattivi in strutture chiuse. Un modello che pervade la legge 162/90, che non era unicamente repressiva.
4) Modello del controllo sanitario, che risale alla legge del 1904 sui manicomi. La legge del 1954 parificava il tossicodipendente al malato di mente; la legge del 1975 sottoponeva comunque il td. alla cura.
Un modello, quello del controllo sanitario, che interessa anche Paesi insospettabili; la civile Norvegia del 1994 ha solo 2.000 carcerati, ma ben 6.000 cittadini rinchiusi in manicomio.
Riduzione del danno innanzitutto per "curare" e poi, se possibile, per "guarire".
EMILIA ROSSI (Avvocato, membro della Segreteria del CO.R.A.)
Il referendum dello scorso anno ha aperto la strada agli interventi di riduzione.
Lavorare per la "decarcerizzazione" dei detenuti td.; il carcere non risolve il problema, è un probema in più.
Rendere effettivo il contatto fra i servizi e i detenuti. Ora si va avanti a circuiti chiusi.
Stigmatizza il comportamento di molti operatori che rifiutano i td. che vogliono scontare la pena in una comunità: "Tu vuoi solamente evitare il carcere".
Al termine degli interventi di apertura avrebbe dovuto svolgersi il dibattito; per problemi di tempo è intervenuto solo un operatore dei SERT, PAOLO BARCUCCI, che ha detto alcune cose a mio parere interessanti:
Anche gli operatori dei SERT sono da considerarsi dei volontari; se non fossero più che motivati, se ne sarebbero già andati da un pezzo.
Non vorrei che i SERT diventassero bazar che offrono prestazioni diverse.
Gli organici dei SERT sono aumentati (è l'unico settore della sanità dove le assunzioni non sono bloccate, ndr), ma per svolgere un ruolo di "controllo sociale"; spesso sono arrivate persone non motivate.
No a vincoli burocratici nei SERT.
I SERT rivendicano una reale autonomia organizzativa; spesso le risorse sono state destinate ad usi impropri.
(appunti presi e trascritti da GIULIO MANFREDI)
Torino, 23 dicembre 1994