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Conferenza droga
Partito Radicale Paolo - 18 novembre 1995
Russia
MOSCA: L'ACCUSA INVENTATA PER METTERE IN RIGA LA BELLA POETESSA

Corriere della sera 19 ottobre 1995

dal corrispondente Renzo Cianfanelli

Aveva scritto versi e articoli a favore delle droghe leggere. Processata per spaccio di LSD e assolta dopo un anno di carcere

Mosca - I reati di opinione dei tempi bui della repressione sovietica, quando scrittori come Siniavskij e Daniel venivano processati per le loro idee "antisocialiste", per non parlare di Solgenitsin costretto per venti anni all'esilio, nella Russia postcomunista stanno tornando? Una poetessa di 22 anni, autrice di un articolo letterario sulla droga pubblicato sulla rivista 'Novoe Vremja' (Tempi Nuovi), se ne dice convinta, e con lei numerosi intellettuali.

La poetessa si chiama Alina Vitunovskaya, e anche se è stata ammessa seduta stante nell'Unione degli Scrittori, che la difende con l'appoggio dell'associazione Pen International, finora era pochissimo conosciuta. A darle la fama non sono state le sue poesie e gli articoli dove, emulando il Baudelaire dei "Paradisi artificiali", la giovanissima Alina equipara la droga alla liberazione mentale, ma un'opaca denuncia per apologia dei narcotici e smercio di stupefacenti. Particolare che inquieta, a promuovere questa azione non è stata la polizia ordinaria, ma il servizio segreto federale interno (FSB) che ha assorbito parte dei compiti del KGB.

Adesso, dopo quasi un anno passato in prigione in attesa del rinvio a giudizio - per indurla a confessare con i metodi "forti" che non disdegna neppure la giustizia in Italia - la ragazza, che smentisce l'accusa, è tornata libera. All'udienza, che si è svolta in una piccola aula di tribunale distrettuale di Mosca con le pareti colorate di rosa e la gabbia degli imputati ingentilita da un rampicante, Alina si è presentata con lunghi capelli lisci, una minigonna, ampio mantello aperto strategicamente davanti, e trucco spettrale, accentuato da un funereo rossetto color cioccolato.

Nonostante le arringhe degli avvocati, che hanno citato il processo a Siniavskij e Daniel, e l'intervento della cosiddetta "difesa sociale" affidata a poeti come Junna Moritz che ha parlato appassionatamente in difesa della collega, e il celebre Andrej Voznesenskij, che invece non si è presentato, bisogna dire che il processo di Alina, con le telecamere e il pubblico che commentava, rispetto a quelli controllatissimi dei vecchi dissidenti sovietici è sembrato subito una faccenda diversa.

Protagoniste, sui banchi del tribunale, erano altre due donne, una giovane e bionda procuratrice chiamata Veronika Lapina e la presidente Natalja Arinkina, paziente negli interrogatori e controinterrogatori quanto indulgente verso le esigenze fotografiche della accusata. Ogni tanto, nell'interesse della informazione e della libertà di pensiero, la poetessa Alina generosamente mostrava le ginocchia ben tornite alla stampa e si voltava di scatto con un sorriso enigmatico, facendo accorrere l'orda dei fotografi e delle TV verso la gabbia con i rampicanti.

Ma lo stile "sovietico" dell'accusa - aver venduto a due drogati due grammi di LSD - è emerso dalla maniera, come dire, tradizionale con cui è stata confezionata l'imputazione. "Come mai lei si è offerto di testimoniare contro la signorina poetessa?" ha chiesto la presidente a un ragazzo. "Veramente io non mi sono offerto. Camminavo in un punto della piazza Pushkin dove tutti sanno che si vende la droga. Una macchina si è fermata. Sono usciti due uomini che non avevano le divise normali della polizia e mi hanno detto 'sappiamo quello che stai facendo. Se non vuoi guai ti conviene venire con noi'".

"Poi che cosa è successo?" "Mi hanno caricato in macchina e mi hanno portato in una casa che non conoscevo. Uno dei due si è messo a rovistare e ha tirato fuori un flacone per vitamine. 'Ecco', ha detto, 'questo è LSD. Non fare il furbo. Tu ti intendi di questa roba. Scrivi la testimonianza e firma che eri presente mentre abbiamo trovato il flacone, il testo te lo dettiamo noi'. Per non avere noie ho scritto e ho firmato. Quando quelli si sono accorti che ero minorenne, perché avevo 17 anni, mi hanno detto 'scrivi 18' ..." Risate ironiche in aula. "L'udienza è sospesa", annuncia la presidente. Due ore più tardi riunisce la corte. La poetessa può andare a casa.

 
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