Egregio Signor Ministro,
"condividere i diritti, condividere le responsabilità" è lo slogan coniato dall'OMS per la Giornata Mondiale di lotta all'Aids, che si celebra tutti gli anni il 1·dicembre. Ed è appunto di queste condivisioni che intendiamo parlarLe: la comunità italiana delle persone con Hiv/Aids, i loro congiunti, i loro partners, gli operatori che a diverso titolo si occupano di Aids hanno salutato nella sua elezione l'avvento di una personalità ben preparata e consapevole della situazione italiana. In questo continuiamo a confidare nel porLe alcune domande, perché questa giornata non sia trascorsa stancamente secondo i riti delle celebrazioni ufficiali.
Ci dovrà dare atto che di responsabilità le ONG e le persone sieropositive italiane se ne sono assunte moltissime: lei ha avuto modo di conoscere il primo presidente della nostra organizzazione, Stefano Marcoaldi, che è un po l'esempio di cosa intendiamo noi quando parliamo di assunzione di responsabilità. Prima e dopo di lui decine di uomini e donne sieropositive hanno lottato e lottano contro pregiudizi, ignoranza, paure - anche proprie - senza mai dimenticare le responsabilità verso se stessi e gli altri, ma esigendo un ruolo da protagonisti nelle decisioni che riguardano la loro e la nostra vita, dalle scelte individuali a quelle di politica sanitaria. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nel rapporto medico-paziente, per la quale le strutture sanitarie non erano preparate, ed ancora oggi stentano a coglierne il significato.
A fronte delle troppo enfatizzate notizie sulle cosiddette "bande dell'Aids" o su improbabili - ed in effetti a tutt'oggi inesistenti - "untori volontari", le potremmo raccontare decine di casi di discriminazione, di cattiva assistenza, di situazioni indecorose nelle quali si è costretti a vivere. Certo situazioni inaccettabili esistono non solo per le persone con Hiv/Aids, ma un mal comune non è mai mezzo gaudio.
Senza parlare della piena assunzione di responsabilità che dall'inizio dell'epidemia alcune delle ONG si SONO assunte, dicendo e facendo quello che troppi anni dopo lo Stato ha detto e fatto solo parzialmente.
Per questo riteniamo che due atti recenti - uno di sua diretta competenza - di cui molto i giornali hanno parlato, rischiano di calpestare i diritti dei meno, con la scusa di garantire i diritti dei più, mistificando sul problema della responsabilità: ci riferiamo alla sentenza dell'Alta Corte in merito alla costituzionalità della Legge 223/94 sul differimento pena dei detenuti in Aids e le recenti norme sul divieto d'ingresso in Italia per i cittadini extracomunitari portatori di "patologie pregiudizievoli per la salute pubblica". In entrambi i casi speriamo che il Parlamento sappia legiferare evitando che il problema dei detenuti in Aids che continuano a delinquere sia risolto aumentando il potere discrezionale della magistratura di sorveglianza. Perché di questo potere discrezionale i detenuti sieropositivi hanno patito infinitamente prima della Legge citata. Non in tutt'Italia, certo, ma le eccezioni in questo caso sono importanti almeno quanto le regole.
Nel caso del Decreto Immigrati, poi, non possiamo fidarci delle sue dichiarazioni in merito all'esclusione dell'Aids dalle patologie socialmente pericolose: così come è scritta la norma consente a chiunque la seguirà in quel dicastero, l'inserimento dell'Aids nell'elenco delle patologie socialmente pericolose con un semplice decreto ministeriale. Molto meglio modificare la norma stessa ed esplicitare a quali patologie ci si riferisce, magari spiegandone l'utilità.
Ci sono poi alcune questioni di fondo che vorremo fossero affrontate con energia, all'interno di una sensata programmazione di interventi e non continuando a inseguire solo el emergenze.
Innanzitutto: a quando i nuovi posti letto, i day hospital, l'assistenza domiciliare per tutti, che la legge 135 ha indicato? Quando si cominceranno a spendere quei 2100 miliardi previsti nel 1989 e mai spesi se non per pagare le salatissime parcelle dei molti che hanno progettato le nuove opere da edificare? Perché non intervenire per modificare l'iter burocratico per l'utilizzo dei fondi di conto capitale stabiliti da quella legge, che con le attuali procedure rischiano di produrre i primi nuovi posti letto non prima del 1997?
In secondo luogo: ritiene il Ministro di programmare almeno un triennio di interventi speciali e straordinari, mirati alla popolazione giovanile, per prevenire la diffusione dell'Hiv in quella fascia d'età che in tutto il mondo è considerata la piu' a rischio (15-20 anni)? Abbandonando, per una volta, gli inutili compromessi che hanno prodotto campagne di informazione come quella che stiamo leggendo in questi giorni sui quotidiani italiani, contraddittoria nel messaggio inviato quanto confusa nell'obiettivo perseguito. Prendiamo atto che gli interventi mirati agli insegnanti, costati alla collettività decine di miliardi, hanno prodotto poco o nulla nelle scuole italiane, dove spesso sono le nostre organizzazioni a portare informazione e prevenzione, ed agiamo di conseguenza.
In terzo luogo: per quale motivo nel nostro Paese non partono interventi di riduzione del danno derivante dall'uso di droghe, sul modello di quanto realizzato nei paesi di lingua anglosassone, per ridurre la diffusione dell'infezione tra la popolazione tossicodipendente oggi drammaticamente colpita? Perché si è tradita l'indicazione della Conferenza di Palermo, perché si continua ad opporre moralistiche prese di posizione contro la droga al pragmatismo di chi ritiene che prioritario è innanzitutto vivere, senza malattie e attività criminali per procurarsi la dose giornaliera?
In quarto luogo: l'Italia sta rinnovando (secondo noi male) la sua legislazione sull'immigrazione. Eppure dimentica dati che tutto il mondo conosce: i paesi cosiddetti occidentali (Europa, Nord America, Australia) hanno il 26,3% di tutti i casi di Aids registrati, ma spendono il 92,4% di tutto quello che al modo si spende per l'assistenza (dati 1992, per il 1995 le stime sembrano essere differenti di pochi punti percentuali). Come non inorridire di fronte a questi dati? Come non pensare alle conseguenze tragiche che la pressione di intere nazioni alle prese con una epidemia che non si riesce a contenere avrà sui paesi ricchi? Aumentare, quindi, gli aiuti ai paesi in via di sviluppo mirando gli interventi a quelle urgentissime iniziative di prevenzione e assistenza di cui loro hanno estremo bisogno.
Infine crediamo sia necessario metter mano alle competenze in materia di Aids, a tutt'oggi spezzettate tra troppi dicasteri e dipartimenti, eliminando le sovrapposizioni tra chi decide sulle erogazioni d contributi e chi ne usufruisce, purtroppo ancora inesistenti.
Egregio Signor Ministro, in attesa di conoscere il suo pensiero le auguriamo un 1· dicembre molto concreto e fattivo, lontano dalla retorica delle celebrazioni fini a se stesse. Un 1· dicembre positivo, insomma, e positivamente dedicato alla soluzione dei problemi tutt'ora esistenti.
ENZO CUCCO
per Forum Aids Italia