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Conferenza droga
Starace Fabrizio - 12 dicembre 1995
Forum marijuana
Ritengo possa essere utile al dibattito, riaperto dalle dichiarazioni attribuite a G.L. Gessa circa gli effetti dei derivati della cannabis, riportare il testo del forum sulle conseguenze mediche della legalizzazione, organizzato dalla redazione della rivista scientifica "Medicina delle Tossicodipendenze", che è organo ufficiale della Società Italiana Tossicodipendenze ed è diretta dallo stesso Gessa. L'articolo è stato pubblicato sulla medesima rivista, n.8, 1995. Le affermazioni riportate sono tutte interessanti e, per molti versi, inattese. Lascio a voi i commenti.

Al forum hanno partecipato, coordinati dal giornalista Vito Biolchini, gli psichiatri Leonardo Tondo, Pier Paolo Pani e Luca Pani, della direzione e redazione scientifica di 'Medicina delle Tossicodipendenze".

D - Per meglio inquadrare il problema di una eventuale disponibilità legale dei derivati della cannabis, sarebbe opportuno partire dai concetti di uso, abuso e dipendenza da questa sostanza.

PP - Al di la' dell'enfasi che viene posta su questa patologia, il rilievo clinico di una dipendenza da cannabis deve essere costantemente aggiornato, sulla base delle posizioni degli operatori, dei medici e degli psichiatri. In caso contrario, ho I'impressione che il "problema marijuana" sia destinato a sgonfiarsi. Nella mia esperienza clinica, solo raramente mi sono trovato di fronte una patologia da dipendenza da cannabis strutturata. E per patologia intendo riferirmi ai casi nei quali la vita è organizzata intorno all'uso della sostanza, la compulsione viene prima degli affetti familiari, dello studio o del lavoro. Certo, negli adolescenti ci possono essere quadri di questo genere, ma la loro portata non è paragonabile a quella della dipendenza da oppiacei, cocaina o alcol.

D - Qual'è la percentuale di coloro che fanno uso giornalmente e cronicamente di marijuana?

PP - Non abbiamo dati riferiti all'ltalia. Solo negli Usa due indagini (la "High School Survey", basata sulle risposte fornite dagli studenti negli ultimi anni delle superiori e la "Household Survey", condotta porta a porta su campioni rappresentativi della popolazione) ci danno I'entità del consumo di sostanze stupefacenti nel paese. Secondo i dati, il 40 % degli americani, almeno una volta nella vita ha fatto uso di marijuana. Sull'uso giornaliero, siamo invece intorno al 2-3%.

D - In questo caso possiamo parlare di abuso o di dipendenza?

PP - A questa domanda potrebbero rispondere i servizi di assistenza, specificando quante persone chiedono assistenza per un problema comportamentale all'interno del quale la cannabis ha uno spazio. Questo è fondamentale. Con questo non sto negando I'esistenza di una dipendenza da cannabis, sto solo cercando di ricondurre il problema alla sua reale dimensione. Un valido punto di partenza per una discussione sensata su basi cliniche potrebbe essere una graduatoria della pericolosità (a prescindere dalla legalità) delle sostanze d'abuso e del loro potenziale tossicomanico. Ecco, in questo caso direi che fra tutte le sostanze che conosco, la marijuana ha un potenziale tossicomanico basso.

LP - Questo è indubbio. Però ritengo che il 2-3% di assuntori cronici di marijuana non sia un numero irrisorio. In Italia avremo figure statistiche simili. Un problema che io avverto, è che negli adolescenti I'uso cronico potrebbe essere più alto e che in essi è certamente più pericoloso. Non dal punto di vista farmacologico della sostanza, che è abbastanza limitato, ma per due cose: il primo è che vengono costretti a frequentare i luoghi in cui si possono trovare sostanze a più alto potere tossicomanico; il secondo è che avere dei guai penali per il fatto stesso di fumare marijuana, dovrebbe essere il loro ultimo problema.

D - Cosa succede oggi quando un giovane viene trovato in possesso di marijuana?

PP - La persona trovata in possesso di una "canna" viene segnalata alla prefettura, e da qui, se la dose non è superiore a quella per uso personale, viene mandata al Sert, che è chiamato ad impostare un programma terapeutico. Qui si verifica se si tratti di uso, abuso o dipendenza, e se valga la pena o sia sensato proporre una terapia. Si tratta di una materia molto delicata. Stiamo parlando di adolescenti, di tossicodipendenza. Forzare un ragazzo di 18 anni a frequentare un luogo come il Sert dove accedono i tossicodipendenti veri, può costituire un trauma.

LT - Infatti la questione è controversa. Noi oggi focalizziamo I'interesse sul fatto che esistono dei problemi legati all'uso della marijuana, ma è molto probabile che i problemi psicologici cui facciamo riferimento esistano anche prima, soprattutto se stiamo parlando di un uso cronico.

LP - Questo è il punto clinico-farmacologico più impegnativo sul discorso dell'uso legale della marijuana, e cioè: cosa ne sarà di quella piccolissima percentuale di persone che usano la marijuana in maniera disturbante? Quali le conseguenze in coloro che, colpiti da patologie psichiatriche, aumenteranno le loro sofferenze facendo uso di marijuana, una volta che questa sostanza sarà legalmente disponibile? Che ne sarà di questa piccolissima percentuale? La dobbiamo sacrificare sull'altare delle esigenze della maggioranza, per la quale la dipendenza è minima e le reazioni avverse sono altrettanto minime? Gli psicotici che usano marijuana tendono a peggiorare e noi, consentendo un uso legale, li mettiamo a rischio perché sappiamo che poi le terapie neurolettiche funzionano di meno, che fanno meno terapia con i terapeuti e tanti altri problemi.

LT- A dire il vero, per la mia esperienza. non è che poi, ci sia questo alto numero di psicotici...

LP- Non è questo quello che intendo io. Nella tua esperienza, quanti psicotici hai conosciuto che, se fosse disponibile, userebbero marijuana come auto medicazione, nel modo ampiamente riportato nella letteratura?

LT- Curiosamente mi viene in mente il caso di un ingegnere che da trent'anni fuma tutti i giorni marijuana e non ha problemi.

LP - Questo è aneddotico. Certamente se è un ingegnere non sarà uno psicotico cronico.

LT- Sarà aneddotico ma è una prova che la marijuana agisce sulla base di tantissime variabili. Gli psicotici assumono qualsiasi cosa hanno a disposizione. Ho visto tante persone chiedermi aiuto per scompensi da alcol, da caffè, mentre da marijuana non ne sono comparsi.

PP - La gestione degli psicotici cronici è più difficile se questi assumono marijuana; ma il problema è già reale e più grave in relazione all'alcol. Quello avanzato da Luca Pani è un problema che definirei di ordine generale. La preoccupazione non è tanto legata specificatamente al danno che lo psicotico subisce dall'utilizzare marijuana (perché di fatto oggi la marijuana la trova quanto la troverebbe se fosse legalmente disponibile), quanto al fatto che se fosse legalizzata diventerebbe implicitamente consentito allo psicotico ricorrervi.

LP - Nello stato attuale della legislazione sulla salute mentale in Italia, inserire una variabile come questa sarebbe sicuramente negativo, perché non abbiamo nessuno di quei presidi che dovrebbero funzionare quando si hanno delle crisi da abuso di sostanze.

PP - II problema si risolverebbe vietando la vendita della marijuana a persone manifestamente inferme di mente.

LT - Un altro aspetto del problema è questo: che bisogno ha la società di marijuana? Si sostiene che studi veri e propri sulla dipendenza e la capacità di dare dipendenza di questa sostanza non sono mai stati condotti. Intanto però migliaia di persone la usano saltuariamente e per la NIDA è più pericolosa della cocaina. lo farei un discorso di tipo sociale: perché legalizzarla, perché renderla disponibile? Tutte queste cose che si dicono a sfavore di una disponibilità legale della sostanza è il fatto che essa sia un gradino per raggiungere altre sostanze. Questo discorso, molto cattolico, non è però avallato da nessuna prova. vero che chi fa uso di eroina, nei suoi trascorsi ha usato anche la marijuana; però chi fa uso di marijuana necessariamente non farà uso di eroina.

D - Ma la marijuana che tipo di dipendenza dà? Sappiamo, da esperimenti di laboratorio cosa è disposto a fare I'animale per fumare marijuana?

LP - Purtroppo, come è emerso dalla ultima conferenza della NIDA, i dati che esistono vengono da scarsa documentazione persino sugli animali, mentre sull'uomo la sperimentazione è totalmente carente. Tra I'altro, c'è un problema di modelli per studiare la marijuana, in quanto lo spettro è cosi alto che si può andare da uno spinello al mese a quattro cinque joint giornalieri. La sostanza sviluppa così una serie di variabili, secondo me ancora non completamente chiarite. che sono: abuso cronico di marijuana, reazioni cliniche avverse da marijuana, uso di marijuana negli adolescenti, coabuso con altre sostanze (in particolare con alcol) e marijuana e preesistenti problemi psichiatrici. Per fare un discorso serio su un eventuale uso legale della marijuana bisognerebbe chiarire tutti questi aspetti.

PP - La reazione avversa da marijuana più comune è I'attacco di panico, che si risolve da sè. La cosiddetta psicosi acuta da marijuana è impossibile da distinguere da altre reazioni psicotiche brevi. Quando ci troviamo davanti una psicosi a esordio repentino e a risoluzione rapida possiamo trovare degli stimoli scatenanti e uno di questi può essere la marijuana. Affermare che si diventa psicotici perché si è fumata la marijuana è ancora tutto da dimostrare.

LP- Paradossalmente, degli effetti della marijuana sull'uomo sappiamo clinicamente e farmacologicamente molto meno di quanto non sappiamo della cocaina ed eroina, sostanze che se venissero legalizzate causerebbero una serie di problemi che siamo in grado di anticipare. In realtà sulla marijuana abbiamo una carenza di studi preclinici e clinici. In questa situazione, siamo sicuri di poter escludere che esistano una serie di situazioni date dalla difficile maneggevolezza della sostanza, una volta resa legale? La situazione rimarrà questa finché non verranno condotti (come è stato affermato dalla NIDA in quest'ultima conferenza), degli studi più seri, che non siano quelli sui volontari marines americani, gli unici studi sull'uomo che noi abbiamo.

LT- Però in altri paesi, dato un periodo di uno o due anni, sono stati condotti degli esperimenti, si è resa possibile una forma di legalizzazione della sostanza e si è studiato il fenomeno. Se io sperimento una sostanza sui marines il risultato non può essere attendibile, perché la marijuana ha degli effetti comportamentali, per cui devo considerare anche la personalità di fondo di chi la assume e quella del marine non è certo la più comune...

PP - A me sembra che in assenza di una documentazione scientifica più accurata di quella di cui disponiamo oggi (tutta orientata verso una demonizzazione della sostanza) e in presenza di una volontà di rendere legale la marijuana, si dovrebbero prendere delle cautele verso speciali popolazioni. Così come si è fatto per I'alcol, che ad oggi non si può vendere ai minori.

D - Torniamo sugli adolescenti, perché per essi I'uso di marijuana interessa anche aspetti non solo clinici, ma anche psicologici. Oggi la marijuana che effetti dà all'adolescente che anche non ne fa uso cronico. Quali sono i danni?

LT - Non esiste assolutamente nulla riguardo al fatto che esistano dei veri danni di tipo psichiatrico. Quello che si sa è che senza dubbio si tratta di una sostanza in grado di causare meno problemi psicologici di quanto non facciano I'alcol o I'ecstasy. Certo, i tempi sono cambiati, i giovani degli anni '70 usavano largamente solo la marijuana, e oggi non è cosi. Tuttavia credo che, se usata nello stesso modo, la marijuana spazzerebbe via I'ecstasy. II mio ragionamento, in verità paradossale, è questo: il giovane ha sempre I'esigenza di sperimentare sostanze, di alterarsi, è un desiderio, esiste, mettiamogli allora in mano qualcosa che non sia tanto pericoloso.

LP -Tieni conto però che le sostanze psicotiche vengono usate a vicenda. Non è mai successo nella storia dell'uomo che arrivata una sostanza d'abuso le altre siano sparite completamente.

LT - La mia è una provocazione solo per rimarcare come nei giovani sia sempre presente la necessità di sperimentare delle sostanze capaci di alterare le sensazioni. Ecco perché dico: se la marijuana fosse legalmente disponibile i giovani ne facessero un uso saltuario, che male ci sarebbe?

D - Perché la nostra società si è tanto scatenata contro la marijuana?

LT - E' un interessante argomento di tipo psicologico. Tutto quello che interessa il cervello deve essere tenuto sotto controllo. E' evidente che esista un desiderio di controllo sulle nostre emozioni o libertà, soprattutto se di pensare in un modo diverso.

LP -...e di comportarsi in modo diverso.

LT - Però nessuno parla del pericolo del tuo comportamento quando fumi la marijuana. In realtà I'opposizione è al tuo modo di pensare. Nel momento in cui fai uso di questa sostanza, visto che inizialmente non è stata usata dagli impiegati o dai manager, ma dagli hippies e dai figli dei fiori, il tuo comportamento è da condannare. I figli dei fiori erano portatori di un messaggio non competitivo della società, non volevano andare a far la guerra in Vietnam. Non sarà un caso che negli anni della guerra ci fu grande diffusione della marijuana e poi le leggi si siano irrigidite. Fortunatamente la società italiana consente un tipo di vita non così schedato come quello negli Stati Uniti, perché abbiamo degli ammortizzatori sociali più efficienti.

LP - Forse per questo per la società gli eroinomani sono stati sempre meno pericolosi e più tollerati dei cocainomani, o di coloro che fumavano i derivati della cannabis.

D - Ma perché, nonostante la sua larghissima diffusione, vi è da parte della ricerca uno scarso interesse verso la cannabis?

LP - Questo accade quando la gestione dei fondi per la ricerca è affidata a un governo conservatore. Si mormora che dentro la NIDA ci siano delle persone con una posizione diversa da quella ufficiale ma che non abbiamo assolutamente intenzione di rendere pubblico il loro dissenso, per ché questo significherebbe perdere i fondi, cioè il proprio stipendio.

LT- In realtà le ricerche che attestano I'innocuità della marijuana per quanto riguarda la dipendenza sono state condotte ma non sono state prese in considerazione. Scientificamente, noi siamo "colonizzati" dagli USA, un paese che destina fondi enormi alla ricerca, però non dimentichiamoci che la posizione della NIDA è frutto di una struttura sociale completamente diversa dalla nostra. Negli Stati Uniti, se un medico dovesse prescrivere della marijuana ad un paziente e questo, sotto I'effetto della sostanza, avesse, ad esempio, un incidente stradale, ebbene il paziente potrebbe rifarsi legalmente sul medico.

LP - In Italia ancora non abbiamo eliminato le variabili che ci consentono di dire si o no all'uso legale della marijuana. E poi, per tutta una serie di motivi, non credo che Italia o Europa possano dissociarsi dalle posizioni della NIDA.

LT - Sarebbe ridicolo. Però c'è un vantaggio. Per quanto i fondi a nostra disposizione siano irrisori, abbiamo una condizione di ricerca più libera perché molto meno condizionata da interessi di vario tipo e dunque possiamo condurre una ricerca di interesse generale. Per quanto riguarda la marijuana, è sicuramente più facile fare degli studi in Italia che non negli Stati Uniti, dove sarebbero permessi se i risultati fossero a priori aderenti agli orientamenti governativi. Noi godiamo di condizioni per certi versi più favorevoli. La verità è che manca lo spirito. D'altro canto, al momento attuale, non sappiamo granché e battaglie di legalizzazione, sulla base di quello che si sa, non si possono condurre.

D - Come giudicate la posizione della medicina ufficiale sul tema dell'uso legale della marijuana?

PP - La medicina ufficiale ha fino ad oggi ignorantemente assunto una posizione ambigua, opponendosi all'uso legale sulla base di argomentazioni o di cautele assolutamente generiche. La medicina è andata avanti a forza di pregiudizi e questo mi preoccupa, perché questi pregiudizi poi si tramutano in una mancanza di fondi per ricerche serie sull'argomento, mentre si finanziano facilmente campagne terroristiche.

D - Cosa proponete dunque?

PP - Sarebbe sensato che si incaricassero finalmente degli esperti per risolvere una quantità di dubbi e perplessità riguardo l'uso legale della marijuana. Chiediamo una consulenza tecnica alla comunità scientifica prima di decidere. Ma la storia d'ltalia. fino ad oggi ci insegna che nel campo delle sostanze d'abuso si è fatto tutto tranne che basare la legislazione su ciò che la comunità scientifica riesce a produrre. Mi sembra che sia successo esattamente il contrario. Al massimo posizioni di carattere ideologico si sono avvalse di volta in volta dell'avallo dei rappresentanti della comunità scientifica. E non è la stessa cosa che interpellare la comunità scientifica. Lo abbiamo visto con la legge che regola l'uso del metadone. Adesso con la buprenorfina è successo per la prima volta che il ministero abbia scelto di svolgere una sperimentazione su una sostanza oppiacea contro la tossicodipendenza. Per la marijuana invece si continua a discutere su basi pregiudiziali.

D - Quale conclusione?

LT- Paradossalmente possiamo dire che se i giovani sentono I'irrefrenabile desiderio di sperimentare certe sostanze, qualcosa la dobbiamo dare e allora è meglio la marijuana.

LP - Su questo non sono d'accordo, come non sono d'accordo che si faccia del terrorismo culturale o psicologico sulle sostanze d'abuso. E' meglio informare ed educare in modo scientifico sulla marijuana che non affermare, magari un po' troppo genericamente, che tanto non fa niente a nessuno o che fa sempre male a tutti. E non dimentichiamoci che all'orizzonte stanno arrivando sostanze molto più potenti della marijuana. Se inizia a prendere piede il crack o I'ecstasy o il DMT, questo tipo di informazione sarà ancora più necessaria.

PP - Da tecnici abbiamo bisogno di studi per avere una base più solida sulla quale ragionare. Penso comunque che alla fine una decisione la società la debba esprimere, facendo un bilancio tra vantaggi e svantaggi della legalizzazione. A noi tecnici rimane il compito di "vigilare" affinché il dibattito si svolga su basi realistiche, scientificamente fondate e non ideologiche.

 
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