Articolo di Giuseppe Anzani pubblicato sull'Avvenire di sabato 6 aprile 1996 (sullo stesso giornale segnalo l'intera pag.4 dedicata ad un commento sulla "Relazione al Parlamento sulla problematica droga e tossicodipendenza in Italia, 1995")In Italia la droga uccide al ritmo di un morto ogni otto ore. Ma nessuno sembra farci troppo caso. Le piaghe sociali fanno cosø: al loro apparire c e un picco di allarme, un misto di repulsione e di corsa ai rimedi; poi la tensione si allenta, la ¼cattiva notizia diventa abituale, persino l'urto della tragedia (la morte per overdose) entra nel paesaggio e si mischia allo sfondo grigio. Le stesse parole che sulla droga si dicono, sono trite; per un po', adesso, viene di moda il dilemma (finto e falso) fra proibizione e legalizzazione; ma sembra il battibecco fra dolenti durante un funerale. Perch i giovani, intanto, continuano a crepare di droga: nel 1995 il 20 per cento in pi· rispetto all'anno prima.
Non sappiamo esattamente da che cosa dipende questa impennata della morte. Di certo, ci turba e ci impensierisce: attorno ai ragazzi che cadono nel laccio della droga c' un grande indaffararsi della sanitß pubblica e del volontariato sociale; alcune comunitß terapeutiche, lo sappiamo, sono diventate persino un simbolo, non solo di detossicazione, ma di una scelta di vita. Eppure tutta questa immensa fatica sembra vana, se la droga cattura ogni anno nuove giovani reclute; se rimane grande e immutata la schiera di chi ammicca alla propria distruzione.
Comincia, anche fra noi, a comparire il micidiale ¼crack , una droga sintetica che costa poco e spacca il cervello. Sono giß molti quelli che si rivolgono ai servizi sociali dicendo di aver provato il crack per la prima volta. Di fronte a questo fenomeno, il dibattito fra chi invoca una pi· forte dissuasione dalla droga e chi invece cerca nella legalizzazione di ¼contenere il danno non ha pi· lo stesso senso; nessuno pu dire, per il crack, che i drogati sono costretti al crimine per procurarsi il denaro che paga a peso d'oro Il profitto criminale dei mercanti, mentre la legalizzazione svuoterebbe questo turpe mercato e produrrebbe maggior quiete sociale; infatti, per il crack, bastano diecimila lire per andare fuori di testa.
E necessario dunque contrastare questa terribile minaccia con una pi· forte dissuasione dei soggetti verso i quali s'indirizza l'offerta; un'offerta fattasi pi· subdola, pi· facile, alla portata persino delle tasche di un bambino. E inutile dire che il primo presidio quello educativo ( sempre li il decisivo campo di battaglia); ma anche la legge deve fare la sua parte, e mettere In campo i suoi strumenti. Da noi, l'afflusso dl crack ancora lontano dall'aver raggiunto le proporzioni che hanno portato la sventura nel cuore delle metropoli americane; ma non certo il caso di attendere, di far conto che avremo modo di reagire in futuro; non possiamo rischiare di ritrovarci a discutere I (naturalmente senza fine) se conviene chiudere l'uscio della stalla, quando i buoi sono scappati.
Questo i governanti e i reggitori delle nazioni debbono avere: la capacitß di prevedere, di prevenire, di intervenire al momento giusto. L'attendismo, il rinvio, l'ignavia non si confanno a chi investito della dignitß del potere perch investito anche della responsabilitß sociale; e non possiamo negare che di reggitori e governanti ¼capaci sentiamo proprio il bisogno. C' in gioco la sorte di una generazione di giovani.
I pi· a rischio sono i piccoli, gli infradiciottenni. Presso i tribunali per i minorenni si raccolgono le statistiche della devianza minorile; dividendo i reati per tipo, ci si accorge che in cima a tutte le cifre sta quella dei delitti collegati con lo spaccio della droga.
Non possiamo aspettare. Che cosa proteggerß i bambini, un domani, da qualche altra mistura fabbricata nel segreto dei laboratori chimici, che farß impallidire e soppiantare il crack; chissß, magari incapsulando in una pasticca la bomba che stacca la corrente fra il cervello e la vita e chiama estasi il delirio? Non possiamo lasciar correre; folle restare alla finestra a contare i mille funerali dei nostri figli.